Eugenio Barba in una foto di Giovanni Giovannetti. tici o la novità culturale sono ciò che rende aguzzo il pungiglione. Mà il suo prezioso veleno viene da altrove. Tecnica del regista come spettatore Continuo a far teatro perché posso rivolgermi a spettatori per i quali è essenziale confrontarsi con un'apparizione che lasci segretamente una traccia nella parte di loro che vive in esilio. Ma tutte queste restano solo parole se non si concretizzano in precise indicazioni di artigianato teatrale. Nel corso del lavoro per lo spettacolo, deve esserci un momento in cui il regista passa dall'altra parte e diventa il rappresentante degli spettatori: dève essere leale nei loro confronti come deve esserlo nei confronti degli attori. La lealtà verso gli attori consiste essenzialmente nel creare le condizioni affinché possano trovare un senso personale nello spettacolo, senza essere totalmente assoggettati alle esigenze degli spettatori. La lealtà verso lo spettatore consiste nel fare in modo che egli.non sia esautorato dallo spettacolo, non si senta trattato come un numero, come "una parte del pubblico", ma sperimenti lo spettacolo come se fosse fatto solo per lui per sussurrargli qualcosa personalmente e ampliargli il campo dell'evidenza. Per un regista, essere leale verso gli spettatori non vuol dire semplicemente interessarli, appassionarli, divertirli, commuoverli. Vuol dire padroneggiare le tecniche per far esplodere, a livello mentale, l'unità del pubblico. Così come essere leale verso gli attori non vuol dire cercare il loro successo, l'interesse della critica, il consenso dell'ambiente teatrale. Il regista non è un "protettore". Molti lo considerano un esperto coordinatore. Altri lo identificano come il vero autore dello spettacolo. Per me è piuttosto il conoscitore della realtà sub-atomica del teatro, colui che sperimenta i modi per infrangere i legami ovvi fra le azioni e il!oro senso, fra azione e reazione, fra causa e effetto, fra attore e spettatore. Associo il mio lavoro all'immagine· del cane affamato di Rabelais, che si ostina a mordere l'osso nella speranza di spezzarlo e scorprivi .una "sustantificque mouelle". Questo accanirsi implica fame, ostinazione e tecnica. Parliamo di tecnica. Si può dire: "il regista è il primo spettatore". O ancora: "il suo compito consiste nel mettere in scena l'attenzione dello spettatore attraverso le azioni dell'attore". Ma di quale spettatore stiamo parlando? La tecnica ha inizio solo quando il regista può lavorare scomponendo in alcuni atteggiamenti base i possibili comportamenti degli spettatori. Senza una preliminare scomposizione non c'è orientamento nel lavoro, non vi sono parti da far interagire, non è possibile procedere per prove-ed-errori: non c'è composizione. Questo è evidente quando si tratta di lavorare sui "materiali" dello spettacolo. Il processo che tende all'unità finale - in cui non dovrebbe più essere possibile distinguere fra livelli e frammenti separati - parte proprio da una scomposizione in frammenti (scene, sequenze, microsequenze) e da una distinzione di livelli (le azioni di ogni singolo attore, le relaSAGGI/BARBA zioni, le azioni fisiche e quelle verbali, il tempo e lo spazio dello spettacolo, il montaggio visivo e quello sonoro). Meno evidente è la necessità di un simile atteggiamento artigianale quando si tratta di lavorare sulla qualità della relazione con lo spettatore, garantendo per lui la pluralità delle voci con oui lo spettacolo può sussurrargli qualcosa. Quando il regista afferma che è "il primo spettatore" del suo spettacolo, non dovrebbe identificare se stesso, la sua privata identità, in quell'immagine ("il primo spettatore") che inve.ce dovrebbe essere uno strumento di lavoro. Se lo fa, il suo spettacolo rischia di essere arbitrario. Cosciente di questo rischio, il regista altre volte si lascia andare all'estremo opposto: si costruisce mentalmente uno spettatore-tipo, un'immagine generica basatà sul pubblico che preferisce o su quello che più teme. Questa immagine non gli fornisce un interlocutore concreto che può rispettare profondamente. La tecnica del regista in quanto spettatore è una tecnica di straniamento e immedesimazione. Straniamento non solo dal "pubblico", ma anche da se stesso. Immedesimazione in diverse e precise esperienze di spettatori che concernono altrettanti modi di essere-in-vita dello spettacolo. Questa tecnica ha il carattere di una tecnica personale. Nei suoi principi, però, può essere comunicata e condivisa. Credo che sia necessario assumere il modo di reagire di almeno tre spettatori, e saperne immaginare un quarto. Cer~• codi tenermi al centro fra la sponda personale e quella condivisibile della tecnica e chiamo i quattro "spettatori base": - il bambino che vede le azioni alla lettera; - Io spettatore che pensa di non capire ma che a sua in65
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