Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

Due ritratti africani: a sinistra una foto di Paul Almasy, a destra una foto di Des Bartlett. Nella pagina seguente: foto di Sven-Gosta Johansson. Che ne è dell'innocenza e del sorriso che risolvono tante disgrazie umane? Mi ha sorpreso constatare fino a che punto la scrittura creativa venga spesso inconsciamente consi_derata attività nazionalistica, e forse questa espressione di un sentimento nazionale è piuttosto la comunicazione sotterranea che uno scrittore mantiene con la propria società. Molte volte sono stata definita "la scrittrice del Botswana", mentre in realtà la personalità del Botswana non è violenta quanto lo sono io. Io non sono venuta al mondo con gli occhi dolci e indagatori di una mucca, ma tra gente di pelle nera la quale, non appena qualcosa andava storto diceva sempre "ma perché non moriamo tutti?", mentre il messaggio implicito e sotterraneò era "dal momento che i bianchi ci odiano tanto". Le strutture mentali cambiano rapidamente da una generazione all'altra. Noi abbiamo modificato la lingua dei nostri genitori perché quando il bianco in Sudafrica cominciò a disseminare in giro cartelli sui quali c'era scritto "Riservato ai Bianchi", comi_nciòanche a fare a meno delle normali espressioni di cortesia come "per favore" ,,"grazie" e "scusi", mentre i neri mantennero le proprie, dal momento che non avevano panchine da difendere. È impossibile tradurre in linguaggio umano una scena come quella che segue. Una volta, alla stazione ferroviaria di Città del Capo sedetti su una panchina sulla quale il cartello che diceva "Riservato ai Bianchi" era semicancellato. Pochi attimi più tardi si avvicinò un bianco che mi gridò: "Vattene!" A quell'uomo non era mai venuto in mente che così facendo otteneva esattamente il contrario dei suoi_sogni di superiorità; che era diventato l'emblema vivente del disprezzo e che gli esseri umani, quando sono veramente tali non osano comportarsi in quel modo. · È preferibile avere quel tipo di insicurezza sulla vita e sulla morte che accomuna tutti gli esseri umani: sono così poche le cose di cui sono certa. È spregevole avere questo stesso senso di insicurezza - specialmente a proposito di una pelle bianca - da doversi difendere con ÌI potere e con le mani. Questo sembra tener lontana da loro ogni paura di essere ripagati per le loro azioni, mentre crea nell'oggetto della loro selvaggia, assurda e insensata crudeltà, un profondo senso di shock. Ogni giorno si ha notizia di incredibili massacri che avvengono in Irlanda. Una volta incontrai un viaggiatore proveniente dall'Inghilterra. Gli domandai: "Perché in Irlanda la gente viene uccisa in quel modo?" "I cattolici combattono per i loro diritti" mi rispose; "sono sempre stati discriminati, non gli è mai stato permesso di possedere una casa né altro. È proprio come in Sudafrica. Qui si chiama razzismo. In Irlanda la chiamano religione." Ogni individuo oppress·o po~ta racchiusa in sé questa violenza repressa, quasi attendesse in silenzio il momento di ribaltare i torti che lo affliggono. Io non l'ho mai dimenticata, anche se ai fini della rnia attività ho preso in prestito i panni di un paese come il Botswana. Il Sudafrica ha reso i bianchi prosperi e ricchi, ma il loro SAGGI/HEAD modo di possedere il Paese è brutto e repellente. Parlano continuamente del Sudafrica con il linguaggio dei turisti: "Questo Paese grande ed assolato", dicono. Le porcherie spregevoli, eclatanti e meschine commesse da un popolo che vive esclusivamente secondo i propri fini, dominano ovunque, infiltrandosi in ogni dove. E se si è immersi in tutto questo, per il solo fatto di essere nati qui, come si fa ad entrare in comunicazione con tanto ·orrore? Questa è la ragione per la quale il Sudafrica manca di un grande scrittore: nessuno può far nascere armonia da una disarmonia di così bassa lega. È impossibile immaginare in che modo un giorno la rivoluzione esploderà in Sudafrica. Ma in un mondo nel quale tutta la gente comune insiste nel perseguire i propri diritti, è inevitabile che accada. C'è da sperare che nascano dei grandi leaders che ricordino tutta la sofferenza generata dall'odio razziale e a partire da questa creino una lingua comune, quella dell'amore per tutti gli esseri umani. Ed è possibile anche che il Sudafrica possa un giorno divenire la patria· del narratore e del sognatore, gente che non ha mai fatto del male agli altri, ma ha introdotto nelle loro vite nuovi sogni che hanno riempito l'animo di stupore. (da "The Listener", 30 novembre 1972) Voglio raccontarvi una storia ... Non so dire perché succede, ma ogni volta che ti presentano qualcuno, la prima cosa che ti domanda è: "Che lavoro fai?". Forse non te lo chiede proprio così direttamente; magari ci gira un po' intorno, ma alla fine arriva al punto che lo interessa e ti estorce la risposta ... In passato, quando qualcuno mi chiedeva "Che lavoro fai?", io rispondevo: "Beh, sono una scrittrice", il che er.a una specie di bugia, perché non ho scritto quasi niente, anche se ho cercato di farlo, ma so che non sarei in grado di guadagnarmi da vivere scrivendo. Chi lavora si guadagna da vivere. Io non sarò mai davvero una scrittrice fino a quando non riuscirò a guadagnare qualcosa con la mia attività. Poi, quando l'interlocutore proseguiva dicendo: "Oh, interessante, e che cosa hai scritto?", io rispondevo: "Beh ... ho due manoscritti non pubblicati. Uno è andato smarrito nella posta. L'altro è finito tra i mucchi di carte e di ciarpame che ricoprono il tavolo di un editore". Naturalmente nessuno mi credeva, eppure, per quanto buffo potesse sembrare, - dicevo la verità. Non avevo il coraggio di difendermi, perché non mi sarebbe piaciuto che leggessero quello che avevo scritto. Era un miscuglio di idee informi e per di più monotone al massimo grado. C'erano sempre un meticcio qua, un africano là, e un bianco da qualche parte dietro l'angolo.- Sempre lo stesso vecchio modello. Cercavo di esprimermi in modo poetico, ma neanche questo funzionava. Io stessa mi annoiano a morte e immaginavo che avrei annoiato anche gli altri, così mi-affrettavo a tenere la bocca chiusa su quanto avevo scritto. Però, se mai un giorno dovessi scrivere, mi piacerebbe dire ~he le persone sono persone, e non dei maledetti Bianchi o Neri. Forse, se fossi abbastanza brava come 51

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