Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

semplicemente e in modo quasi sperimentale. Al personaggio maschile, cortesemente al servizio dell'autore, si offrono due possibili destini, e uno di questi è segnato dall'importanza e dalla notorietà. È costretto a fare scelte positive: "Sceglierò la via della serenità. Sceglierò una situazione tranquilla e lavorerò con la gente". Questa scelta e questo semplice dialogo iniziale si sono poi fatti sempre più complessi nei miei due romanzi successivi. Era come se certe scelte semplici e belle suscitassero la collera dei demoni dell'inferno. E sembrava che questi mi gridassero: "No, no, no. Non è questo quello che vogliamo. Noi siamo qua per-arricchirci a spese della gente. Vogliamo che tu sia come noi, altrimenti rovinerai ogni cosa". I miei primi lavori sono stati scritti durante una fase di tale sofferenza interiore, intervallata da ricorrenti crolli nervosi, che guardandomi indietro sento che il sapere in essi contenuto serviva a definire il mio rapporto con l'Africa, e non solo in relazione ad una vita sola, ma anche ad altre vite di là da venire. Una volta definitone l'aspetto personale, il mio lavoro si è fatto più attento al sociale, all'esterno. La storia dell'Africa del sud esercita un grande fascino su di me, e non necessariamente la storia miserabile del Grande Trek, delle guerre per l'accaparramento della terra e del bestiame, la corsa all'oro o ai diamanti, quanto piuttosto i temi legati all'eterno fluire della storia dell'umanità. Gran parte della storia dell'umanità sembra assomigliarsi, invece che divergere - la capanna poveramente arredata, i ritmi della vita agricola e pastorale e le religioni basate sull'assassinio rituale. Mi ritengo fortunata ad aver vissuto per un lungo periodo nella zona rurale del Botswana dove la vita è fatta di un po' di tutto e dove la gente è stata governata per ottanta anni da un potere coloniale indifferente e quasi assente. Gli inglesi tendevano a lasciare quella società e quella cultura quasi intatte, e nella società permangono ancora tracce di molte tradizioni e usanze antìche. · È in queste sacche di pace che lentamente si può co~truire un profilo ininterrotto della storia dell'Africa. Io credo che molti scrittori, come reazione verso le umiliazioni subite nel periodo coloniale, vorrebbero costruire una immagine dell'Africa diversa da quella della modesta semplicità della capanna poveramente arredata, mentre parte del nostro lavoro sembra invece voler rivendicare quella semplicità che è stata calpestata e offesa. All'invasione europea dell'Africa sembrano adattarsi bene le parole della filosofa francese Simone Weil, che ha detto: "Nel corso dei tempi un gran numero di invasioni si sono succedute l'una all'altra. Ogni volta che l'invasore si è abbandonato allo spirito del luogo e si è abbeverato alla fonte della sua ispirazione, allora vi è stata civiltà. Ogni volta che questi ha preferito conservare la propria orgogliosa ignoranza, c'è stata barbarie, ed una oscurità peggiore della morte ha ricoperto quella terra per secoli... " (da "Drum", febbraio 1982) SAGGI/HEAD Serowe, villaggio africano L'estate a Serowe è un'esperien·za intensamente bella. A novembre, dicembre e gennaio piove all'improvviso e con violenza. Prima della pioggia fa talmente caldo che quasi non si riesce a respirare. Poi, un bel giorno, il cielo improvvisamente si svuota con un tremendo acquazzone. Allora la terra e il cielo tornano a pullulare di vita e ovunque regna un'aria di magia. Il cielo si riveste di una individualità maestosa e si trasforma in un immenso scenario per la recita della pioggia. Non una pioggia qualsiasi, ma una pioggia molto particolare. Per tutto dicembre e gennaio la pioggia si muove ondeggiando, di qua e di là, lungo la linea dell'orizzonte. L'aria la attraversa con forza e ci si sente trasportare da un fresco vento di pioggia. A volte tutta la pioggia dell'orizzonte attraversa velocemente il villaggio in ruscelli scintillanti. Allora i tetti di paglia delle capanne di fango brillano come oro tirato a lucido. La terra inaridita, brucata dalle capre fino agli uÌtimi brandelli, si riveste di un sottile e delicato tappeto · verde. Sotto gli alberi spunta all'improvviso un manto lucido e folto di erba lunga e verde. Ogni cosa torna a vivere in questa breve estate abbagliante. Si dimenticano i lunghi mesi di sole bruciante e 'implacabile e i cieli di un azzurro intenso. Il cielo ora è ombreggiato da vaste nuvole incombenti. Ci vuole molto tempo perché gli insetti riemergano dal letargo, ma a dicembre la terra torna a brulicare delle loro .presenze. Ed ecco sciami di mosche, zanzare, farfalle grandi come uccellini. Ovunque, nelle pozzanghere e tutto intorno al villaggio si moltiplicano grilli e rane; ovunque vi è un profumo spesso e intenso di terra che respira. Non so come, ma fu per caso che mi trasferii a vivere in questo piccolo villaggio, dove poi mi sono fermata. Gran parte della mia vita è stata un insieme di piccoli pezzi disseminati qua e là. In qualche modo tutti questi frantumi hanno cominciato qui a prender forma. Vi è un senso di intreccio, di interezza nella vita, qui. C'erano cose che amavo e che qui hanno cominciato a crescere su di me come pezzi di stoffa ... Non vi è nulla in questo villaggio su cui uno storico vorrebbe. prendersi la briga di scrivere. Si potrebbe giusto ricordare che il dottor Livingstone è passato da queste parti. Gli storici non descrivono fe persone e non dicono quanto la gente sappia essere strana e bella, semplicemente vivendo. Tanta parte della loro vita è legata al bisogno, e c'è tanta vita che nasce dal fango. Con il fango, le mani delle donne costruiscono e decorano capanne e verande. Poi gli acqµazzoni violenti di novembre e dicem)Jre cancellano tutti quegli splendidi disegni. Ma dopo qualche tempo quelle stesse mani pazienti, ruvide e callose, rimettono in piedi quelle costruzioni di fango tanto necessarie. In Africa non ci sono altro che persone, e infiniti cerchi di capanne di fango. La gente, qui, non pare soffrire di alcuna. forma di confusione riguardo a niente. I politici sono in grande agitazione perché, dicono, tutta l'Africa del sud è un enorme crogiolo. Ma le donne continuano a mettere al 49

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