Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

SAGGI/HEAD Durban dove un giudicemi lesse ad alta voce qualcosa in una sorta di borbottìo veloce che non sentii né compresi. L'uomo mi guardavacon fare accusatorio come fossi stata una specie di criminale, poi con tono ostile disse: "Tua madre era una bianca mi hai sentito?" La donna non s~mbrava affatto rendersi conto della spaventosa crudelt~ di quelle parole. Ma per anni e anni dopo quell'episodio, ho nutrito un odio terribile e cieco verso i missionari e verso il Cristianesimo che essi rappresentavano, e una volta lasciata la Missione non ho mai più messo piede in una chiesa cristiana. Ma c'era anche quel compiacersi della dorina, ogni volta che aveva qualche difficoltà con me, nel riaprire quel fascicolo e leggerne dei brani. Fu così che ricevetti una immagine c_onfusa delle mie origini,,e venni a conoscenza di una patetica lettera scritta da mia madre dal manicomio, la quale diceva che il suo più ardente desiderio era che io ricevessi una istruzione, e chiedeva che una parte del suo denàro venisse spesa per la mia educazione; seppi anche di un periodo di depressione e di instabilità emotiva nella sua vita, che l'aveva portata ad attirare su di sé quella tremenda disgrazia. Mia madre era stata sposata, e quando il matrimonio si era guastato, era ritornata dalla famiglia d'origine. Poi, con un gesto improvviso e abbastanza imprevedibile, decise di cercare un po' d'amore e di calore da un indigeno. Ma la famiglia di mià madre apparteneva alla più ricca classe sociale di allevatori di cavalli da corsa in Sudafrica. Erano di Johannesburg e questo resenecessario nascondere il loro scheletro nell'armadio lontano da casa. Mia madre non uscì più dal manicomio di Pietermaritzburg, dove morì nel 1943. 48 La scrittrice africana Bessie Head. Però, nonostante tutte queste vicende, temo che qualunque biografo troverebbe mortalmente noiosa la storia della mia vita, nella quale non ci sono scheletri nell'armadio né segreti misteriosi nascosti sotto il tappeto. Nessuno scandalo né fatto sensazionale ha mai toccato la mia esistenza, e quando penso a me stessa e al mio passato vedo una personalità semplice ed ordinaria, priva di eventi clamorosi o misteri. Io .ho bisogno di una situazione tranquilla e di un senso della vita tipico di chi si sente a malapena un'abitante di questa terra, intenta a scavarsi, e con cautela, un minuscolo sentiero attraverso l'esistenza. Tutto ciò che ho scritto si allinea con questo bisogno della mia personalità, con l'universo stesso visto attraverso gli occhi dei piccoli drammi della vita. All'inizio il mio lavoro era pieno di dati personali e di reazioni a sfide che complessivamente erano tutte interiori e private. Sento che le persone, se possono, hanno bisogno di mantenere un atteggiamento di vigilanza verso il destino, una specie di atteniione alla loro vicenda spirituale. La trama sulla quale ho lavorato è stata influenzata da una fede nella idea di rinascita e reincarnazione proprie della filosofia hindu. Una tale convinzione ci porta a credere che ciascun individuo, a prescindere dalla propria origine o dal proprio retroterra, rappresent.i la personificazione totale della storia umana, con un ampio patrimonio di conoscenza e di esperienza accumulato nel proprio subconscio. È stato sullo sfondo di questo retroterra, quello di un individuo che potrebbe aver vissuto un milione di altre vite in un milione di sit'uazioni diverse, che ho cominciato a considerare il mio rapporto con l'Africa. L'esperienza africana della schiavitù, del colonialismo e dello sfruttamento suscita in me sentimenti di intensa angoscia, e io ho temuto che quei mostri potessero semplicemente cambiare ruolo, che facce nere prendessero automaticamente il posto dei volti - bianchi - della crudeltà, çl_ell'odio e dell'avidità, e che la gente avrebbe continuato a sanguinare per sempre. Era come se in una modalità molto interiore e privata io percepissi la facilità con la quale un essere umano può divenire malvagio, e associassi mentalmente l'idea del male con l'acquisizione del potere. Questo terrore del potere e una valutazione dei suoi orrori più crudi crearono in me Un lungo periodo di sofferenza e quasi mi forzarono a tirar fuori degli strani romanzi che non avevo previsto di scrivere. E quasi come se i libri si scrivessero da soli, spinti a esistere dalla necessità di creare un rispetto per la vita umana in un ambiente e in circostanze storiche che ai miei oc.chi apparivano come un terribile inferno. Così, tutta la mia prima fase creativa ha dato voce al bisogno di definire certe scelte personali, con un'ansia che le scelte in questione fossero quelle giuste. I personaggi che creiamo parlano ansiosamente al posto dell'autore. Nel mio primo romanzo il dialogo comincia

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