Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

VOGLIO RACCONTARVIUNA STORIA••• Bessie Head Scrittrice prolifica, capace di spaziare attraverso generi letterari diversi - dal saggio, al racconto, al romanzo storico - BessieHead ha rappresentato la voce più alta è sensibile della contemporanea letteratura sudafricana in lingua inglese. Coloro che hanno avuto occasione di conoscerlane parlano con ammirazione profonda unita a un malcelato disagio, catturati - nel ricordo - dagli aspetti estremi di una personalità che sembrava non concedere tregua né a se stessa né agli altri. Di lei ricordano lo sguardo penetrante e vivace, la passione per la scrittura, ma anche le collere improvvise e violente, la forza con cui si scagliava contro chiunque, persona o situazione,· minimamente sospettasse di compromissione con il potere, da qualunque parte venisse. Per lei tutto, infatti, era una questione di potere, come recita il titolo del suo romanzo più famoso, non ancora tradotto in italiano (A question of power, Heinemann, Londra /974). Ma quanti la leggono, incontrano nelle sue pagine i molti volti di un Sudafrica ferito, le voci di una cultura calpestata che la Head ha saputo raccogliere e raccontare attraverso le vicende dei suoi protagonisti. Di questa violenza, che da circadue secoli quotidianamente scandisce fin nelle pieghe più riposte e segrete la vita di tutto un popolo, Bessie Head pòrtava le tracce su di sé, nella propria vicenda personale. Coloured, cioè meticcia, la Head era nata dall'amore tra una donna bianca di famiglia agiata e un nero, un amore tanto violentemente osteggiato dai familiari della donna che per nascondere il loro "scheletro ne/l'armadio" preferiscono'far dichiarare pazza là propria figlia e rinchiuder/a in manicomio. In quel manicomio, il 6 luglio del 1937-nacque la piccola Bessie, cui fu dato lo stesso nome di sua madre, "l'unico onore", come ebbe a scrivere più tardi, "che mai mi abbiano reso i funzionari sudafricani ... darmi il nome di questa donna sconosciuta, amabile, imprevedibile". Questa prima dolorosa esperienza è destinata a segnare per la Head - come è co_mprensibile - gli anni a venire. Prima il passaggio da una famiglia adottiva all'altra; poi un collegio di missionari dove conseguirà il diploma di maestra, un matrimonio ìnfelice, le prime esperienze politiche. Quando la situazione in Sudafrica si farà più tesa, fino a sfociare nel massacro di Sharpeville (1960), la Head acceiterà un incarico di insegnante nel vicino Botswana. Ma passare quel confine significherà automaticamente, per lei come per molti altri nelle sue condizioni, vedersi privare dal governo sudafricano dellapossibilità di rientrare nel proprio Paese: diventerà una esule politica. A Serowe, villaggio del Botswana che ribattezza village of the rain-wind, del vento di pioggia, luogo del quale non conosce la lingua ma in cui individua una Storia ricca e importante che rischia di scomparire perché interamente orale, la Head sentirà ricomporsi in lei quell'insieme di "frammenti disseminati qua e là", che fino a quel momento avevano costituito il suo mondo interiore. Di questo villaggio raccoglierà la storia, dalla voce di coloro che ne/uro- . no testimoni (Serowe, Heinemann 1981).Di questa stessa Storiafarà più tardi materia narrativa in una raccolta di racconti (La donna dei tesori, Edizioni Lavoro, Roma 1987), variegato mosaico divoci, soprattutto femminili, altrettante facce di una doppia coloniz1 zazione - razziale e sessuale - che, come molte sudafricane come ' lei, la Head aveva patito sulla propria pelle. Al grande amore per la Storia, che costantemente la induce a raccogliere sulla pagina vicende altrimenti destinate a scomparire, e per le storie, intese come risvolto umano di quelle medesime vicende, Bessie Hèad unisce un costante interrogarsi sul senso profondo di una scrittura che nasce, metaforicamente, da unà "condizione di siccità", politica e culturale. Di conseguenza la nostalgia per un mondo in cui l'orrore possa lasciare il posto all'uma- ' no, un mondo che sappia trovare in sé laforza di tornare ad essere, come in passato, la patria " ...del narratore e del sognatore, gente che.non ha mai fatto male agli altri, ma ha introdotto nelle loro vite nuovi sogni che hanno _riempito l'animo di stupore". . Maria Antonietta Sa_racino Bessie Head Credo siano in molti quelli come.me, in Sudafrica, la cui nascita o le cui origini sono segnate dalla sventura; quel genere di persone che rappresentano lo scheletro nell'armadio o il segreto buio e spaventoso che come certa spazzatura si preferisce nascondere sotto il tappeto. Sembra che le circostanze stesse della mia venuta al mon-. do abbiano reso necessario cancellare ogni traccia di una storia familiare. Non c'è un solo parente di cui abbia notizia, né un albero genealogico lungo e antico cui mi possa riferire, nessun legame con una qualche ereditarietà, né la consapevolezza di aver ereditato un carattere; una certa instabilità emotiva o la forma di un'unghia da una nonna o da una bisnonna. Da sempre non ci sono stata che io, senza alcuna possibilità di riferimento ad altri all'infuori di me stessa. Sono nata il 6 luglio del 1937 nell'ospedale psichiatrico di Pietermaritzburg. La ragione di una nascita in un luogo così particolare sta nel fatto che mia madre era una bianca e mio padre un nero. Non mi è mai stato detto niente di mio padre ad eccezione del fatto che lavorava nelle stalle di casa e si occupava dei cavalli da corsa. Molto di più mi fu invece rìvelato circa mia madre, quando ebbi 13 anni. Al momento della nascita ero stata affidata a una madre adottiva, una meticcia .alla quale mi ero profondamente affézionata e che credevo fosse mia madre. La donna riceveva invece tre sterline al mese - una specie di elemosina - per prendersi cura di me. Sulla mia vita veniva esercitato un controllo furtivo, segreto, del quale.tuttavia non mi ero mai resa conto. Una volta al mese compariva un'assistente sociale ·con 'un taccuino sul quale annotava fatti e avvenimenti della mia esistenza quotidiana. · Quando avevo 13 anni la mia madre adottiva precipitò in uno stato di grande povertà e così fu deciso di trasferirmi a Durban, in un orfanotrofio retto da missionari. I problemi sorsero quando arrivarono le vacanze scolastiche. Fui chiamata nell'ufficio della preside, una missionaria inglese, la quale mi annunciò con fare brusco: "Tu• non ritornerai da . quella donna. Non è tua madre". Fu un'insegnante a trovarmi, impietrita e sul punto di svenire, sotto un cespuglio nel giardino della scuola. Quando mi domandò che cosa fosse successo le risposi che stavo per morire, perché nessuno mi voleva lasciar tornare a casa da mia madre. Allora la preside mi impacchettò e mi ficcò in macchina e per qualche strana ragione mi portò di filato al tribunale di 47

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