Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

POESIA/Y ACINE La città sembrava vuota. Uno sconosciuto diede infine un segno di vita, anche lui disertore. Tutti disertori, sia che la curiosità ci abbia sbattuti a poppare al seno delle megere, sia che una diversa imprudenza ci conduca all'ergastolo. E per non riconoscerci nell'ora del sacrificio, nostra madre ci ha coraggiosamente mutilati. Nuvole Mal sgozzati, tutti! E questi inverni nel fondo delle grotte Rannicchiati, questi sogni laboriosi Delle nostre estati che non sono mai state, questi deserti a · raffiche. Supponiamo una lucertola faccia a faccia con la sua coda, nei tormenti della scissione; bandita dal suo territorio, vuole rientrare in se stessa, con o senza la coda; quando sarà cosa fatta, il suo umore vagabondo la ricondurrà fra di voi, draghi e camaleonti le cui pelli giacciono sul suo cammino, come se non ne avesse abbastanza di raccogliersi sui brandelli della vostra infanzia. È così che si sgomenta e rinuncia al sole, la lucentola un tempo così grave e pensosa. È così che assiste al vostro crepuscolo e vi fa rabbrividire quando s'insinua fra le vostre lenzuola. Non vuole morire senza riscaldare altri cadaveri. Manie di disertore, diciamo! Torna da troppo lontano perché qualcuno abbia potuto seguirlo. E non è un missionario. Tutte le superstizioni gli piovono sopra. Non è · ancora alla sua ultima metamorfosi, e ha la vita dura. Erra ancora in libertà, nella notte nera, nei tormenti della scissione. Erra ancora in libertà come un antenato. Come un· vecchio ideale. Ed è così che giudica, il disertore, ed è così che governa. Chi può cantare le nostre allegrie? Il pazzo pieno d'ira Caduto dal suo vagone Mentre rifinisce le sue catene Per questa apparizione , In cima al corridoio Metto la mano sul fuo_co se m'infiammo! Chi può cantare le nostre allegrie? Lo scolaro con le mani nere Per una dolce intrusa Appena vista, Bruciato vivo era sparito In piena ora di geografia Di qui la sorpresa al porto Nel vuoto stellato 44 E piangendo la musica dei bordelli d'Algeria Quando arrivò sua madre Trovò solo le calze Chi farà una giusta allusione all'infanzia? Sarei stato narratore in una bettola Senza la mia superba modestia di sempre E il tiepido orgoglio della cittadina? Qualsiasi donna avrebbe questo orribile ascendente? Venerando le giovenche E il mio corno rotto sulla porta di un bar Apprezzo un veleno così forte da far addormentare l'orologio E svenire le mosche ' E tu, tu ti rivesti per un altro mattatoio Polveri di giugno Il sangue Rimette radici Sì Avevamo dimenticato tutto Ma la nostra terra Caduta nell'infanzia Il suo antico ardore si· riaccende E anche fucilati Gli uomini si strappano la terra E anche fucilati Tirano su sé la terra Come una coperta E ben presto i vivi non avranno più dove dormire E sotto la coperta Dai grandi buchi stellati Ci sono tanti morti Che trattengono gli alberi alla radice Il cuore fra i denti Ci sono tanti morti Che sputano la terra dal petto Per così poca polvere Che ci sale alla gola Con questo vento di fuoco Come una rossa palla di piombo Cieca Senza ritorno Quale antenato abbattuto ti dimenticò nel suo cranio Fiore di polvere schiuso alle labbra del Rhummel Latte di pesce di bambino svezzato Chi fece spuntare daccapo i nostri denti?

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