SAGGI/PONI ARA di creare un mondo che sia gradito a coloro che vivranno in esso, non quello di creare un mondo come piace a noi. Ma, continua l'argomento, nulla sappiamo circa quali saranno gli interessi, le preferenze, i valori, la concezione del proprio bene che avranno coloro che abiteranno il nostro pianeta tra cinquecento o cinquemila anni; e anche se sapessimo quale è il loro bene, nulla sappiamo circa i modi in cui le nostre azioni incideranno su di esso. Si potrà magari anche far valere, rifiutando la prima premessa dell'argomento precedente (nonché l'argomento della precedenza etica del presente sul futuro) e abbracciando la posizione utilitarista, che si deve sempre agire in modo tale da massimizzare il bene, o la felicità, o l'utilità (totale o media), tenendo conto di tutti gli interessi di coloro su cui le nostre azioni incidono, indipendentemente dalla generazione cui appartengono. Tuttavia, se non conosciamo quale sarà il bene degli individui futuri su cui le nostre azioni possorio incidere, né se, conoscendolo, nulla sappiamo circa i modi in cui il nostro agire effettivamente inciderà su di esso, l'obbligo, derivato dalla posizione utilitarista, di tener presente nel nostro agire le conseguenze per i posterì, rimane un obbligo puramente teorico e da esso non è possibile dedurre alcun precetto pratico per quanto riguarda le nostre scelte presenti. Vale a dire, pur potendosi anche dare, teoricamente, una responsabilità morale nei confronti delle generazioni future, è però impossibile dare ad essa un qualsiasi contenuto concreto: in realtà è come se questa re- .sponsabilità non ci fosse affatto. 4. Una possibile linea di attacco Come ho accennato all'inizio di questo scritto, lo scopo che mi sono proposto è quello, assai limitato, di presentare brevemente dieci argomenti con cui chi voglia sostenere la tesi della nostre responsabilità nei confronti dei posteri deve fare i conti. Giunti a questo punto rimane da discuterne la · validità; ma, coine ho già detto, non mi addentro qui in tale discussione. Vorrei tuttavia accennare, prima -di chiudere e in tutta brevità, ad una possibile linea di attacco. Essa consiste nel far valere che il giudizio, per cui gli interessi o il bene di ogrii generazione è ugualmente rilevante, è tra quelli di cui si è più certi e che pertanto ogni teoria etica che implichi giudizi incompatibili con esso è, pro tanto, inaccettabile. Visti in quest'ottica, gli argomenti dal terzo al nono, mostrerebbero non tanto che non vi è alcuna responsabilità morale nei confronti dei posteri, quanto piuttosto che le varie teorie eti- . che che soggiaciono ad essi non sono plausibili. Si salva, almeno teoricamente, l'utilitarismo e, naturalmente, ogni teoria etica pluralistica che fra i suoi principi fondamentali annoveri il principio utilitarista. Per proseguire su questa strada bisogna però - mettendo tra parentesi i primi due argomenti - confutare il terzo e difendere il principio ivi accennato della irrilevanza etica del tempo. E bisogna altresì confutare il decimo argomento mostrando che qualcosa circa quale sia il bene o gli interessi dei posteri si può sapere. Credo che questo non sia un compito impossibile. Per quanto riguarda la seconda parte d~I decimo argomento, ossia la tesi della no36 stra presunta totale ignoranza circa i modi in cui il nostro agire può incidere sul bene o sugli interessi della posterità remota, si può rispondere che possiamo almeno conoscere gli effetti probabili per un numero abbastanza grande di generazioni future. Ma se ancne ciò fosse falso, non ne segue tuttavia che nulla si possa dire di concreto su come agire (per esempio su quali scelte energetiche fare) in vista delle possibili conseguenze delle nostre azioni sui posteri: la teoria della decisione ci fornisce infatti principi di scelta anche per situàzioni di tal fatta. Note I) Cfr. P. Cloud, "Minerai Resources in Fact and Fancy", in Environment: Resources, Pollution, and Society, ed. by W.W. Murdoch, Sinlauer Associates, Stanford, Connecticut, 1971; T.S. Lovering, "Minerai Resources from the Land", in Resources and Man, ed by the Committee on Resources and Man of the National Academy of Sciences, W.H. Freeman, San Francisco, !'969. 2) D. Meadows a altri, The Limits of Growth, Signet/The New American Library, New York 1972. 3) Cfr. à proposito J. Glover, What Sort of People Should There Be?, Penguin Books, 1984. 4) Cfr. A. Roberts, "The Politics of Nuclear Power", Arena, 41,1976, pp. 22-47; R. Nader and J. Abbots, The Menace of Atomic Energy, Outback Press, Melbourne, I977. 5) F. Bacone, Il progresso del sapere, Libro Il, XXI, Il. 6) I. Kant, Idea per una storia unive_rsaleda u~ punto di vista cosmopolitico, ottava proposizione. 7) I. Kant, li conflitto delle facoltà, sez, IO. · 8) Si tratta della posizione difesa da J. Trebilcot in "Aprudentialism", American Philosophical Quarterly, Il, I974, pp. 203- IO. 9) H. Sidgwick, The Methods of Ethics, 1907 (Dover Publications, New York, p.381) -IO) Cfr. H. Sidgwick. op.cit., p. 414 . 11) Una posizione del genere è sostenuta per esempio da K. Segelber, "A Neglected Family of Aggregation Problems in Ethics", Nous, IO, 1976, pp.221-44, spec. p. 225. Si veda anche D.C. Mueller, '' Intergenerational J ustice and the Socia! Discount Rate'', Theory and Decision, 5, 1974, pp. 263-73. 12) Cfr. G.J. Warnock, The Object of Morality, Methuen, London, 1971 e J. L. Mackie, Ethics. lnventing Righi and Wrong, Penguin Books, 1975, cap. 5. 13) In realtà Rawls, co.me noto, richiede anche che i principi scelti nella situazione originaria siano compatibili con i giudizi etici di cui intuitivamente siamo più sicuri. Ciò crea nella teoria di Rawls dei problemi nel merito dei quali qui non entro. 14) J. Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano, 1981. 15) Ibidem. 16) Cfr. D. Parfit, Reasons and Persons, Clarendon Press, Oxford, 1984, p. 392; l'intera quarta parte del lavoro di Parfit (pp.351-441) tratta il problema delle generazioni future e costituisce, a tutt'oggi, la più dettagliata discussione· di esso. 17) Cit. 18) Ivi. 19) Un argomento del genere è sviluppato, tra altri, da T. Schwartz nel saggio 'Obligations to Posterity", stampato iri R.I. Sikora e B. Barry (a cura di) Obligations to Future çenerations, Tempie University Press, Philadelphia, I978, pp. 3-13.
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