Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

IL CONTESTO ci hai deluso". I titoli sono sempre- a caratteri di scatola. Mi par di volare. L'approdo alla "Gazzetta" è liberatorio. È quel che cerco senza mistificazioni, riverniciature, ipocrisie. Diamo al calcio quel che è del calcio, quel che trovo · ancora ad esempio sul "Corsera", che è un "Gazzetta" in sedicesimo, senza strilli, tutta serietà e informazione, senza divagazioni", s.enza fantasie, ma precisa. L'"Unità" è in mezzo al guado. Il "Manifesto" ha i complessi di colpa. Fa una pagina su Italia-Urss, ma ci deve piazzare la chicca, un bel pezzo di George Orwell, naturalmente inedito, che vede nella partita la ragione di tensioni nazionalistiche. Non so se sia un tentativo di spiegare il fenomeno degli hooligans, che sono invece soltanto i figli legittimi della signora Thatcher. Sfoglio appena la "Stampa", che assomiglia al "Corriere" e tenta ogni tanto, arrossendo, qualche guizzo d'autonomia rispetto alla Juventus dell'Avvocato, che continua malgrado l'età a gridare dalla tribuna del Comunale "Juve, Juve". · Arrivo, nell'ultimo giro, alla "Repubblica", che rappresentà la lettura dei momenti alti ..Perché, anche questo si sa, quélli di "Repubblica" hanno scoperto, oltre a Scalfari, il modo "intelligente" di parlare di port. Hanno assoldato Brera, Mura e tante ragazze (stabilito che il giornalismo sportivo è prettamente maschile si dovrà pure combinare qualche cosa di diverso) e via inventando.· Titoli criptici allusivi: "Angeli neri", "L'acquisto imperfetto". Immagini: primi piani sofferenti. Personaggi: preferibilmente in crisi. Dibattiti: purché scoprano i retroscena. Notizie: soprattutto dal retrobottega. Cronache: eliminate, troppo- banali. Scrittura: originale (esempio: "Volare è stato per ventidue CONFRONTI .Agonie sperimentali. Bruno Pischedda anni il mestiere di Zoff", "Hanno conquistato la Riviera schiacciando in spiaggia"). Cultura: laico-sociologica - con la puzza sotto al naso (cioè, sul serio, settaria tipo clan). Inchieste: ne sappiamo una piu del diavolo. Tono generale: siamo sempre a tavola con l'Avvocato, viaggiamo con Lauda, veleggiamo con Falck, ci inabissiamo con Majorca, non facciamo a cazzotti con Leonard, non pedaliamo. con Delgado (troppo volgare), giochiamo a tennis con Wilander, passeggiamo tra le vie di Chamonix con Escoffier (alpinista, bloccato a letto da un incidente d'auto). Grandi firme: Brera, Clerici, Mario Fossati. Anche loro si salvano come possono. Il buon giornalismo sportivo, costruito sulla professionalità e sulla qualità del racconto, ha una età media che oscilla tra i cinquanta e i sessanta e piu. Aggiungiamo Giuseppe Signori ("Unità") che è il migliore nel pugilato (anche se ritengo bravo come telecronista Rino Tommasi, che fa il paio alla Fininve..stcon Dan Peterson altro vivacissimo e tecnicissimo). Dovrei ricordare (mai · poi mi si accusèrà di campanilismo) Brunetto Panzera, morto un anno fa, e Gino Sala, scritture pulite e semplici, equilibrio tra i dati tecnici e quelli umani. Mi scoccia Gianni Brera con i suoi artifici letterari, ma bisogna dargli atto di un linguaggio pieno di immaginazione, di invenzione e di competenza. La competenza è quel che ha unito e unìsce questi signori, quasi tutti pensionati, che sanno interpretare e raccontare quel che ci tocca di vedere (o non vedere), senza mitizzare quando non è il caso (ma i miti di Coppi o di Ferrari o di Pelè sono sacrosanti), restituendoci lo sport per quello che è: spettacolo, tecnica, coraggio, fatica e tante belle qualità. Che sia diventato un colossale affare non più scandalizza nessuno. De Coubertin è morto, al socialismo abbiamo rinunciato, e io continuo a correre in mezzo all'immondizia. Non è la perdizione salvifica, che spinge a ben operare nel mondo, estranei alle infamanti lusinghe della civiltà metropolitana, quella di cui parla Testori nella sua ultima opera (In e_xitu, Garzanti, pp. 125, L. 18.000). La peculiare fede cattolica che distingue grintosamente, e da più anni ormai, l'autore novatese, sembra anz.iessersi qui aggrumata in un messaggio di assoluta e immodificabile negatività. È piuttosto la perdizione di chi ha attraversato tutte le abiezioni di cui la vita stessa si sostanzia, e conduce come unico viatico all'appuntamento supremo il proprio vergognoso martirio e il proprio io, puro di ogni parvenza di sòggettività cosciente. È insomma l'estremo, visceralissimo vitalismo, riproposto in chiave di scandalosa e paradossale parabola cristiana. Giovanni Testori in una foto di Giovanni Giovannetti. La via crucis che il tossicomane Gino Ribaldi, figlio di operai comaschi, vive sotto il peso della propria carne venduta, mentre per tre volte crolla sulla scalinata della Stazione Centrale di Milano, viene offerta da Testori come unico approdo. La morte che è assun24 zione salvifica e visionaria nel corpo del Cristo, l'exitus che l'attende, sta nella tazza del cesso verso cui sprofonda il capo dopo l'ultima overdose. · A raccoglierne pietosamente il frantumato e arduo balbettio preagonico è naturalmente il narratore stesso, lo "scrivano", l"'exemplante", il "chirurgo" addirittura. Ma non c'è abbandono nel pur intenso rapporto tra i due; non di un'ultima confessione si tratta. E tuttavia non si può dire nemmeno vi sia vero distacco. Tra il coltissimo intellettuale e il povero agonizzante appena adolescente si instaura pec tutto il testo una sorta di confronto polemico. Senonché non ne risulta un'apprez~ zabile distanza, né ideologica né linguistica, e gli obiettivi da colpire sembrano proprio i medesimi. ,L'istituzione letteraria, innanzitutto, emblematicamente incarnata dal Manzoni, oggetto di trasparenti sarcasmi per la sua modernità cristiana e modernità romanzesca insieme. Quindi la comunicazione mediale,.da

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