IL CONTUTO da Colloquio corale Aldo Capitini • • • Forse ha ragione chi piange, la realtà non ascolta, è crudele. Non per me, accetterei anche i colpi, ma per gli esseri che sono qua e là. Se non basta il mio tu a salvarli, ogni sguardo è un ' addio. E dovrei custodirne il ricordo, esseri viventi ridotti a un'idea? Eguali alle tante idee che, dentro la mente, vengono e vanno? Non posso lasciare a Dio solo, la vicinanza per gli esseri che incontro. Gustar lui la gioia di mirare un essere vivente, . che palpita, dice: son qui. Ed io soltanto idee, o un tendersi del cuore, un lampo e non più? Come se il tempo e lo spazio, che sempre permangono, fossero più dei morti. Questa, e soltanto questa, la realtà, il mondo, la vita? Battere questa realtà, come un temporale che irrompe. Scende dal suo stare a sé, e non sostante nel chiacchierio. Scolora la quotidiana luce dell'amministrare la vita. · Vede le fiere umiliate, correre alle tane per salvarsi. Si dirige con lucido gesto, ad aprire il sepolcro della notte. Non dà ragione di sé, per non esser convinto da ciò che è meno. Assomiglia al muoversi sicuro di un padre, nelle sue ragioni maturate. Dentro il tumulto un ordine regge, e guida i flutti delle minacce. Ormai la sua bontà è di essere severo, . e di rifiutare il linguaggio. Non voglio far pace con la scaltrezza, con la tattica e il compromesso. Venga pure il pericolo di questo mio esser nel mondo,· ' cosa ambigua. E questo avere un corpo, e necessarie abit_udini da conservare. Più vero è il temporale, la ·sua armonia dall'alto e i_lsuo darsi. No, non si creda, non ho' fatto la pace coi mondo. Esca prima il mondo dal suo non rispondere mai. Egli lavora prono, soltanto per la propria esistenza. E se gli resta del tempo, sta lì sordo in letargo. Ma il mondo non ha in sé il cuore appassionato degli anni. Si salva non sentendo, e che cosa egli ha di comune con me? Si prenda chi vuol farsi in lui una cuna tranquilla. Io sto in qua e ascolto chi soffre, sorrido a chi passa modesto. Che il mondo impari ad unirsi con l'intimo degli esseri umani. Se egli non conosce il pentimento, da dove è venuto? Si è fatto adornamenti, raccogliendo orgogli buttati via dalle persone. È superbo di essere un regno, come fosse cosa importante. Vorrei talvolta parlargli, che mi intendesse e dicesse le sue ragioni. Lo aiuterei anche, perché capisse che esiste un intimo umano. Gli spiegherei il piglio dell'iniziativa, del dire parole. Ma egli sta come groppa d'un mostro, e se si sveglia non ha che ira. Come se io m'invilissi, e fuggissi davanti alle sue furie. O fossi pronto a dargli ragione, perché è immenso e potente. Ed io non faccio pace con lui, e lo scruto da fermo e costante. No, non può essere che tu sia come le albe e i tramonti. Tornando ancora _molte volte, e poi forse non essere più. Il vestito acquista grazia da te, e se è goffo, pure sorride. Al tuo volto, ai tuoi atti, al muovere delle tue braccia. Eppure io lascerei che anche queste cose muta-ssero. E sento che tuttavia tu sei un qualche cosa che ascolta e che dice. No, tu non puoi come una pietra consumarti alle acque. Dissolverti tu? per dove andare? e che è il nulla? Come può alcuna cosa pretendere di occupare il tuo posto? E dire: io sono al posto di quella persona, del suo intimo aperto? Se anche il cielo curvasse le sue forze, non può sostituirti Il cerchio onnipotente, la luce, il tutto, in confronto al tuo esserci? Al fatto che è possibile aprirsi in un colloquio con te? • • • Oh datemi consolazioni reali, non inventate. Non vedo di più solido oltre di me. E perché mi sento una povera cosa, ecco che vengo tra voi se sorgerà una liberazione. Troppo so distinguere ciò che è dell'immagine, e ciò che è reale. Reale è un essere che nasce, reale è il dolore e il piacere, reale è la morte. E distinguo tra l'anìma che si tende, e ciò che non raggiunge. Io sono un uomo dei giorni di lavoro, forse non dovrei venire tra voi nella festa. Ecco, la mattina di ogni giorno, faccio un giro nella città ancora deserta, e quello è il mio momento migliore. E non voglio essere causa di dolore a nessuno Ma quale unità io potrò trovare con tutti? e a che .varrà? Date parole che siano reali come cose, e più delle cose. Una realtà che unisca e liberi, da tutto ciò che è dolore. Perché non congedare anch'io, i limiti quotidiani tra me e me? Se finora ho avuto più chiarezza che speranza, . tutto è possibile. Se avvenisse anche altro, chi non si aprirebbe? (1956) 19
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==