Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

Sopra: Orwell in una fata di Felix H. Man (1949, Natianal Portrait Gallery, Londra) e, a sinistra, in un disegno di David Levine (da Identikit, Einaudi 1969). nia (quanto a Eurasia e Estasia, gli altri due superstati immaginati da Orwell, la cosa è meno sicura). La voce del dominio non è lo slogan politico ma la pubblicità commerciale. Nel suo 1984 la sessualità, ingenuamente investita di potenzialità eversive, è tenuta sotto spietato controllo e repressa allo scopo di deviare l'energia sessuale e trasformarla in fanatismo politico. L'innocuità, per il potere, del sesso liberalizzato e mercificato, è•sotto gli occhi di tutti. Anzi, il sistema ha trasformato anche il sesso, come il tempo libero, in fonte di guadagno e strumento di consenso. · Ho citato Deutscher con una certa larghezza perché, nonostante il giudizio pesantemente riduttivo su 1984, rappresenta ancora una posizione equilibrata, ugualmente lontana dalle interessate apologie della destra come dai vituperi della sinistra. Un altro marxista che si sforzò di comprendere Orwell senza cadere in schematismi grossolani, è Raymond Williams. Più congruo, rispetto a Deutscher, il suo giudizio sull'opera (a differenza di Deutscher, Williams si muove nel campo suo proprio, la critica letteraria). Analogo.l'atteggiamento verso la persona di Orwell, improntato in entrambi a rispetto e simpatia. "Come uomo, egli fu coraggioso, generoso, sincero e buono" scrive Williams. Questo genere di omaggio, che suona oggi sospetto, riIL CONTESTO spondeva in parte a una precisa necessità. In quegli anni, chiunque rivolgesse critiche all'Urss incorreva automaticamente, da parte della sinistra ufficiale, nella taccia di "iena", "lacchè", "provocatore", "spia", "venduto" ... Ma se è da apprezzare l'intento di un Williams e un Deutscher di reagire a un tipo di offensiva che mirava a screditare la persona, la loro insistenza sull'onestà di Orwell- ha anche il senso di una scappatoia per risparmiarsi l'imbarazzo di un esame più attento e veramente spregiudicato. È interessante vedere come anche Williams, nell'avanzare un certo genere di critica, riveli la stessa caratteristica miopia già notata in Deutscher. Nel capitolo a lui dedicato in Culture and Society 1780-1950 (traduzione italiana, Einaudi, 1968, col titolo Cultura e rivoluzione industriale), Williams mette insieme un piccolo florilegio di sintetiche opinioni di Orwell che, pur contenendo "un elemento di verità" sarebbero piuttosto "generalizzazioni capziose" tipiche di un metodo (derivato da Shaw e ChestertorÌ) che "consiste nell'affermare, e poi nel discutere all'interno dell'affermazione''. Degli esempi allineati da Williams, riprendiamone due. "In ognuna delle varianti del socialismo che ebbero successo a partire, all'incirca, dal 1900, lo scopo dichiarato di stabilire l'eguaglianza e la libertà fu sempre più apertamente messo da parte''. · , "Tutti i partiti di sinistra aei paesi altamente industrializzati sono in fondo un'impostura, perché considerano loro compito combattere contro qualcosa che essi non desiderano veramente distruggere". Williams avrà avuto di certo i suoi buoni motivi per diffidare del metodo orwelliano e non dubito che ce ne possano essere di migliori. Ma infine, si vorrebbe sapere in che misura Williams rifiuta il contenuto di quelle due frasi che considera paradossi, provocazioni polemiche, boutades (e che non a caso presenta mescolate con altre opinioni di Orwell che rientrano effettivamente nella categoria dei paradossi e delle idiosincrasie), e in che consiste quell"'elemento di verità" che, bontà sua, gli riconosce. Un-dieci per cento? Un venti per cento? Per quanto sforzi di lettura si facciano, riesce impossibile trovare in_·quelledue frasi alcunché di forzato, artificioso, stravagante. Esse appaiono piuttosto delle constatazioni vere nella sostanza e alla lettera, allo stesso modo che era esatto quel giudizio su Yalta che Deutscher citava come un sintomo paranoico. Al cento per cento. Che cosa potremmo opporre alla frase di Orwell (per l'esattezza, si tratta di una previsione contenuta in 1984) sul socialismo "reale"? Forse le versioni coreana, cubana, siriana, vietnamita, cambogiana, etiopica, afgana eccetera che egli non fece in tempo a conoscere? L'affermazione che le sinistre occidentali non vogliano veramente il socialismo trova oggi tutti d'accordo (o c'è ancora qualcuno che pensa che Mitterand ... ? o Soa- · res? o Gonzales? o Palme? o Craxi? o magari Berlinguer. .. ?) e Orwell parlava con piena cognizione di causa, anche se migliaia di intellettuali non erano disposti a sentirselo dire, neanche gli ottimi Williams e Deutscher. E si badi che questo tipo di giudizio non veniva da un reazionario o da un conservatore, ma da un socialista, da uno che considerava la classe proprietaria "utile suppergiù come il verme solitario", da uno che, pur senza tessere, continuò a credere fino in fondo alla necessità di una svolta in senso socialista e non perse mai la fiducia nella possibilità di realizzarla. · Ma il vero par 4dosso nel destino dì Orwell è rappresentato dalla "buona fede" di cui viene continuamente gratificato, non solo da un Deutscher o da un Williams, ma da quasi 9

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