Olga Masters (Melbourne Age/Arch. Feltrinelli) mercato del libro a creare ambiguità e confusioni nei confronti di questi scrittori, ma, spesso, gli scrittori medesimi, che, dando prova di una mentalità davvero provinciale, preferiscono esser conosciuti per la qualità "internazionale" della loro produzione che non per la specificità nazionale di alcuni temi deila medesima. In un articolo recentemente apparso su "Le Monde", il romanziere ed economista canadese John Ralston Saul, parlando della let0 teratura dei proprio paese con intenti dichiaratamente e polemicamente "informativi"; ricorda come proprio Robertson Davies, uno degli autori canadesi più importanti, abbia affermato che l'origine provinciale può addirittura costituire .per uno scrittore un grande vantaggio: gli permette di scrivere del rnondo intero senza i limiti stranamente provinciali di chi crede di essere al centro del medesimo. Un'osservazione, questa, che si può vedere ampiamente confermata proprio in questo periodo, se si segue con occhio attento la pubblicazione, in Italia e all'estero, di una serie di autori di origine coloniale. Mondadori, per esempio, ha proposto di recente, a un mese .di distanza l'uno dall'altro, due romanzi di V.S. Naipaul, Una casa per il signor Biswas e L'enigma dell'arrivo. Proprio in questo romanzo, il più recente dell'autore, Naipaul (che è di origine indiana, trapiantato nei Caraibi, nell'isola di Trinidad) affronta il complesso discorso della propria ascendenza e nazionalità, e dell'influsso che essa ha avuto sulla sua maturazione di scrittore, oltre che di uomo, giungendo più o meno alle stesse conclusioni di Robertson Davies: è proprio l'origine "doppiamente" coloniale dell'autore/protagonista a permettergli di analizzare la situazione del!' Inghilterra post- .coloniale e post-bellica in un'ottica particolare, meno sofisticata ma priva di pregiudizi, o meglio, offuscata da pregiudizi diversi da quelli radicati nell'inconscio di chi, nato al centro dell'impero, non può che continuare a considerarlo tale anche quando la sua decadenza diventa evidente. Discorso che si può facilmente allargare dall'Inghilterra all'intero mondo occidentale, e che costituisce la materia centrale del romanzo. Parallelamente a questo tema, Naipaul ne sviluppa un altro, non méno interessante, quello del distacco dalla terra e dalla cultura d'origine, del viaggio, e sostiene che proprio attraverso le partenze, i ritorni, le altalene di spostamenti, la coscienza dell'autore/proDISCUSSIONE/CARAMELLA tagonista acquista profondità e maturità. Naipaul, d'altra parte, come Salman Rushdie, non può certo essere considerato semplicemente uno scrittore "coloniale". Si tratta di un grande autore, più volte candidato al Nobel, come peraltro Nadine Gordimer, o Margar~t Laurence, canadese, per non citare nomi di un'altra generazione, come la neozelandese Katherine Mànsfield, che fanno ormai parte della storia della letteratura. Letteratura inglese, comunque, e solo di riflesso letteratura dei rispettivi paesi d'origine. Sarebbe invece interessante condurre uno studio trasversale di questi scrittori per vedere in quale misura e modo la loro espressione artistica sia stata influenzata dalle origini coloniali. Esiste poi tutta una serie di autori che non sono ancora noti al pubblico internazionale, perché pubblicati da piccole case editrici locali invece che dai colossi dell'editoria inglese e americana, e non ancora tradotti nei paesi di lingua diversa. E direi che le ragioni della loro limitata diffusione non sono da ricercare nello scarso o inferiore valore della loro scrittura, ma nella particolarità, nella "ristrettezza" dei temi che trattano. Temi che hanno a che fare per l'appunto con la loro terra d'origine, visti in un'ottica limitata che a torto viene considerata ristretta,. per l'appunto, provinciale. È il caso, per cominciare con un esempio clamoroso, di Alice Munro, autrice di romanzi e raccolte di racconti di non facile comprensione, quasi sempre ambientati in Canada, e imperniati su situazioni, sociali e individuali, che chissà come eludono il lettore, riescono solo faticosamente a conservarne l'attenzione. La sensazione che si prova leggendoli è di disagio, qua~ di fastidio, per l'apparente incongruità di una serie di particolari, o riflessioni, che non possiedono alcuna qualità di esotismo e presentano comunque una caratteristica di alieno, di ignoto, che occorre superare per goderne appieno. Ma, come suggerisce ancora una volta John Ralston Saul, il lettore, il critico straniero, partono con il piede sbagliato, quando cercano di capire o interpretare la letteratura canadese. Gli inglesi cercano degli ex-coloni, gli americani tina sottoclasse di americani, e i francesi dei lontani cugini, o degli americani che parlano francese. Insistono, per esempio, nell'interpretare l'elemento della natura nella narrativa canadese secondo il contesto cui sono abituati, nel quale la natura fa abitualmente. da sfondo. "La natura non costituisce uno sfondo, nel romanzo canadese", dice Saul. "È uno dei personaggi principali. .. In questo senso, se proprio si vuol paragonare la letteratura canadese a quella di un altro paese si scelga quella russa, nella quale, anche quando il protagonista se ne sta a letto, ad arrovellarsi con una serie di dubbi filosofici su se stesso, la sua condizione geografica resta c'entrale a ogni pensiero" . Una perplessità di segno opposto suscita invece la prima lettura di un'altra scrittrice canadese sconosciuta in Italia e poco nota, fino a qualche tempo fa, perfino nel paese d'origine. Anche i racconti di Mavis Gallant raggiungono il lettore con un certo sforzo, da una certa distanza, e lo lasciano perplesso fino a quando non lo costringono, con la precisione, la sofisticazione della scrittura, ad adottare il punto di vista dell'autrice su personaggi e situazioni. Personaggi e situazioni che nelle ultime raccolte di racconti della Gallant, Overhead in a Balloon e From the Fifteenth District, almeno, .non hanno niente a che vedere con il Canada. Si tratta çli ritratti di esponenti della borghesia parigina (funzion.ari di ministero, galleristi, industriali) nel,primo caso, tratteggiati con estrema sottigliezza, umorismo, .cattiveria, e sorprendente concisione; dei giovani protagonisti della stagione del '68 nel secondo, visti in un'ottica a metà tra l'irritato (per il narcisi- _smo che rivelano in ogni loro gesto) e l'ammirato (per il coraggio che indubbiamente dimostrano). L'ottica, comunque, che il lettore non riesce ad acquistare se non con un certo sforzo, quando si accosta alla prosa della Gallant, è quella della spetrntrice di origine e cultura 75
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