Linea d'ombra - anno VI - n. 30 - settembre 1988

DISCUSSIONE/WILSON Cos'è questa nuova forma di performance art, sorta spontaneamente nelle città in questo scorcio del ventesimo secolo? C'è qualcosa di decisamente spiacevole anche se terribilmente. magico in queste bambole viventi. Di perturbante. mentre si dirigono verso la scala mobile. Dalla piattaforma opposta i passeggeri che aspettano il treno stanno a guardare affascinati. Alcuni restano lì anche quando il treno arriva rombando sui binari, quasi stregati dall'effetto che l'epilettico Action Man, agitandosi convulsamente, ha sulle donne 'e sugli uomini che, inconsapevoli, svoltano l'angolo e quasi ' gli sbattono contro. · Come nelle altre occasioni si prova un senso di shock, di . leggero orrore - e tuttavia si desidera che il gioco· continui . sempre. Allo stesso tempo, mentre guardiamo, si fa strada · una certa noia perché si sa che non accadrà nulla, che non c'è conclusione, soltanto la maniacale, rituale ripetizione degli stessi gesti, una sorta di artistica coazione a ripetere. • Cosa è questa nuova forma di performance art, sorta spontaneamente nelle città, in questo scorcio del ventesimo secolo? Ha tutto il fascino postmoderno per le superfici, il gioco, il kitsch. L'essere umano vivo si aliena da se stesso per ricrearsi come cosa, come bambola. Ma è soltanto alienazione quella per la quale gli individui fanno di se stessi degli oggetti che sono opere di pop art? Sembra che siano lì a commentare la mercificazione e la disumanizzazione del- ! 'individuo, e tuttavia, contemporaneamente, a glorificarla. Nonostante la loro frivolezza, la loro superficialità e persino il loro essere alla moda c'è dell'altro in questi spettacoli che ci cattura. L'arte - l'imitazione perfetta di un oggetto meccanizzato che esige il controllo assolutamente perfetto del proprio - corpo - è di per sé degna di ammirazione; ma è nelle reazioni del pubblico che dobbiamo ricercare gli ulteriori significati di questi happenings di strada. Manca il piacere genuino con cui accogliamo la bravura dei giocolieri, dei musicisti o degli acrobati; né si avverte il rispetto un po' disincantato con cui guardiamo il trompe-l'oeil del prestigiatore o del mangiatore di fuoco, quando pur sapendo che si prepara un inganno, apprezziamo l'abilità con cui ci viene teso. C'è qualcosa di decisamente spiacevole anche se terribilmente magico in queste bambole viventi. Di perturbante. L'idea impossibile di esseri umani trasformati in bambole è un tema della letteratura dell'orrore (Freud, per esempio usa un racconto di Hoffmann, L'uomo di sabbia, per esplorare il significato della bambola morta-apparente). Esiste anche il tema delle bambole che diventano vive per uccidere gli uomini, o dei vivi trasformati in bambole, vittime di:una sorta di pietrificazione o di morte apparente. È così comprensibile il nostro sollievo quando la finzione si spezza e la bambola si rivela una persona viva. Quello che è meno facile da comprendere è la delusione di fronte a questo scioglimento - ci rendiamo conto che volevamo che l'illusione continuasse, che volevamo che la persona fosse davvero una bambola - volevamo qualcosa di magico, non di "reale". Ciò non accade, secondo me, perché vogliamo che la persona viva sia morta, ma, al contrario, perché desideriamo che la bambola diventi viva. È questa la parte magica. Come Freud ha sottolineato, si tratta di una fantasia infantile piuttosto comune. A un certo livello, dunque, il nostro coinvolgimento in 72 questi spettacoli manifesta semplicemente il desiderio che il principio del piacere trionfi sulla realtà. Tuttavia l'intero evento rimane inquietante, perché dietro la rassicurazione che tutto è a posto - che la bambola è viva - c'è il suo opposto: una bambola in effetti non è viva. Intessuta in tutti i racconti di bambole viventi e di esseri umani trasformati in statue c'è la paura della morte. Nella sua discussione del perturbante, Freud associa alcuni di questi temi alla coazione a ripetere - la persistente attualizzazione nel presente di conflitti irrisolti del passato. Anche questo, credo, ci aiuta a comprendere l'intreccio delle sensazioni che ci pervadono durante gli spettacoli di strada che ho descritto. Il fascino dei movimenti ripetuti, della natura ciclica dell'atto-'- la pausa, poi la serie dei movimenti e quindi la nuova cesura - riflette sia la soddisfazione che l'insoddisfazione della coazione a ripetere: che è il tentativo sempre frustrato, di risolvere i conflitti del passato. Ma i conflitti semplicemente si ripetono in una forma nuova o, meglio, camuffata, perché il represso può solo ritornare, non essere trasceso. Così alla fine la folla si allontana, sazia ma non soddisfatta, frustrata, ingannata, eppure ancora alla ricerca negli interstizi della città - lungo strade medievali o i corridoi sotterranei di quel labirinto moderno che è la metropolitana; nei grandi spazi pubblici, nei giardini e nelle piazze - della figura magica, della favola divenuta realtà: dopo tutto, chi ci rassicura che noi siamo vivi e che non potremmo anche noi trasformarci in bambole viventi? Perché si tratta essenzialmente di un fenomeno urbano? Questi spettacoli possono suscitare il loro effetto soltanto tra l'anonimità della folla. L'esibizione è istantanea; la bambola vivente appare come per magia e alla fine svanisce con altrettanta rapidità. L'effetto perturbante sarebbe rovinato se noi avessimo una idea dell'identità di questo essere. Allora sarebbe soltanto uno scherzo ben riuscito, una mascherata, una recita da dilettanti. È un fenomeno essenzialmente urbano perché replica l'esperienza della folla. Quell'essere, la bambola vivente, non essendo né vivo né morto, ha scacciato ogni paura. Immune dai pericoli della città rappresenta tuttavia il senso più profondo della straordinaria vita di città, una sensazione di semieuforia, di una dissociazione quasi simile al sogno. La bambola vivente è L'uomo tra la folla di Edgar Allan Poe, un pellegrino errante, che cerca di esorcizzare una colpa, che cerca di fuggire e che tuttavia ritrova se stesso soltanto tra la folla. Le bambole viventi ripetono indefinitamente i nostri conflitti, la nostra colpa, i nostri ritualizzati ricordi infantili di un piacere che tentiamo di ricatturare, anche se, come Freud suggerisce (in Al di là del principio del piacere), esso è il piacere della cessazione del dolore. Le bambole viventi sono insieme un nostro incubo e un nostro piacere - un sogrio dell'uomo urbano. (traduzione di Marina Lops) Copyright Elizabeth Wilson 1985.

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