NARRARE LA SCIENZA/SHOW fisici sono diventati soldati senza uniforme. E tali, nelle società piu avanzate, rimangono ancora oggi. È molto difficile immaginare cos'altro avrebbero potuto fare. Tutto questo iniziò durante la guerra di Hitler. Molti scienziati pensarono infatti che la ferocia del nazismo fosse assolutamente insopportabile da parte di qualsiasi società umana. Anch'io la penso così, senza limitazioni. Stando in questo modo le cose, il nazismo doveva essere combattuto, e finché i nazisti potevano procurarsi le bombe a fissione - cosa che noi fino al 1944 ritenevamo possibile e che costituiva un iricubo costante per chi ne fosse lontanamente a conoscenza - beh, dovevamo procurarcele anche noi. A meno che uno non fosse un pacifista a oltranza, non c'era nient'altro da fare. E il pacifismo a oltranza è una posizione che Ja maggior parte di noi non riesce a sostenere. Per questo io rispetto, e in larga misura condivido, le scelte morali di quegli scienziati che si dedicarono alla costruzione della bomba. Ma il problema, salendo su qualsiasi tipo di scala mobile, è di sapere se si sarà sempre in grado di scenderne. Nel momento in cui degli scienziati diventano soldati, essi rinunciano a qualcosa, qualcosa di così impercettibile che neanche se ne accorgono, dell'intera vita scientifica. Non intellettualmente. Non vedo prove evidenti che dimostrino come il lavoro scientifico su armi di massima distruzione sia stato intellettualmente diverso da altri lavori scientifici. Ma c'è una differenza morale. Può essere - e molti scienziati che sono uomini migliori di me spesso fanno questa scelta, che io ho peraltro cercato di rendere fedelmente in uno dei miei libri - che questo sia un prezzo morale che in certe circostanze debba essere pagato. Tuttavia non sarebbe giusto pretendere che non ci fosse un prezzo morale. I soldati devono ubbidire. Questo è il prini:;.ipiodella loro morale. Non è il principio della morale scienti'ffcà:. Gli scienziati devono sollevare obiezioni e se necessario ribellarsi. Non voglio essere frainteso. Non sono un anarchico. Non 62 sto suggerendo che la fedeltà non è un'ottima virtù. Non sto dicendo che qualsiasi ribellione è giusta. Voglio solo dire che la fedeltà può facilmente diventare conformismo, e che il conformismo può spesso essere una scusa per i timidi e gli egoisti. Lo stesso vale per l'obbedienza, portata all'eccesso. Pensando alla lunga e scabrosa storia dell'uomo, si scoprirà che sono stati commessi molti più crimini efferati in nome dell'obbedienza di quanti ne siano mai stati commessi in nome della rivolta. Se non lo credete, leggete la Storia del Terzo Reich di William Shirer. Gli ufficiali tedeschi erano addestrati secondo il più rigido codice dell'obbedienzà. Per loro non era concepibile l'esistenza di uomini più degni di lode e più timorati di Dio di loro stessi. Eppure in nome dell'obbedienza essi assistettero e collaborarono alle più atroci operazioni di massa della storia mondiale. Gli scienziati non devono prendere questa strada. Tuttavia il dovere di sollevare obiezioni non è un gran sostegno quando si vive in mezzo a una società organizzata. Vi parlerò in tutta sincerità. Sono stato un ufficiale per vent'anni. Cominciai la vita da ufficiale all'inizio della guerra, per le · stesse ragioni che spinsero i miei amici scienziati a lavorare sulle armi. Ho fatto questa vita fino a un anno fa, per la stessa ragioné per cui i miei amici scienziati sono stati dei militari in borghese. La vita di un ufficiale in Inghilterra non è così disciplinata come quella dei soldati semplici, ma quasi. Penso di conoscere le virtù, veramente notevoli, degli uomini che conducono questa vita di disciplina. So anche qual era per me la trappola morale. Anch'io ero salito su una scala mobile. Potrei esprimere il concetto con una frase: Mi stavo nascondendo dietro l'istituzione, stavo perdendo la forza per dire "No". Soltanto un uomo molto coraggioso, quando fa parte di una società organizzata, riesce a conservare la forza per dire "No". Lo dico non essendo un uomo molto coraggioso o uno che ama stare da solo, lontano dai propri colleghi. Non possiamo aspettarci che siano molti gli scienziati che lo fanno. E allora, non ci sono delle basi più solide sulle quali potersi appoggiare? Secondo me ce n'è una. Credo che nell'attività scientifica ci sia una molla morale almeno altrettanto forte della ricerca della verità. Il nome di questa molla è il "Sapere". Uno scienziato "sa" determinate cose in maniera molto più immediata e sicura di chi non ha dimestichezza con la scienza. A meno di essere anormalmente deboli o anormalmente perversi, questo sapere determina anche le nostre azioni. Molti di noi sono timidi, ma in una certa misura il sapere ci dà coraggio. Forse può darci il coraggio necessario per il lavoro che stiamo facendo. Vorrei fare l'esempio più ovvio. Tutti gli scienziati sanno che è sorprendentemente facile ottenere il plutonio. Lo sappiamo non come notizia giornalistica di seconda mano, ma come risultato dei nostri stessi esperimenti. Possiamo calcolare di quanti scienziati e ingegneri ha bisogno una nazio- ~ ne per fornirsi di bombe a fissione e fusione. "Sappiamo" che per almeno una dozzina di stati basterebbero cinque anni, forse meno. Anche i meglio informati di noi approssima-
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