Linea d'ombra - anno VI - n. 30 - settembre 1988

LACAVALLDAIZIOIUAZYM Fazil' Iskander Z io Kjazym aveva un ottimo cavallo da corsa. Si chiamava Bambola. Quasi ogni anno alle corse vinceva qualche premio. Era soprattutto forte sulle lunghe distanze e in un tipo di gara che credo sia noto solo da noi in Abchasia, il ceraz. In sostanza il ceraz consiste in questo: si fa prendere la rincorsa al cavallo e lo si fa scivolare su un campo bagnato. Nel far questo il cavallo non deve inciampare né interrompere la scivolata. Vince quello che lascia la traccia più lunga. Può darsi che questa gara tragga origine dalle condizioni delle strade di montagna, dove la capacità di un cavallo di scivolare senza cadere nei momenti difficili è particolarmente preziosa. Non enumererò le sue caratteristiche fisiche, tanto più che di queste cose non capisco niente. Mi sono ormai distaccato dal cavallo, senza peraltro giungere all'automobile. Comunque ricordo bene l'aspetto di Bambola. Era una femmina piuttosto piccola dal mantello sauro, con un lungo corpo e una lunga coda. Sulla fronte aveva una macchiolina bianca. Insomma, esteriormente si distingueva poco dai comuni cavalli abchasi, ma a quanto pare doveva comunque distinguersi, visto che vinceva i premi e che tutti la conoscevano. Di giorno pascolava nella conca di Sabid o nei dintorni. Verso sera tornava a casa. Si fermava immobile davanti al portone, drizzando di tanto in tanto le piccole orecchie aguzze. Lo zio le portava una manciata di sale e glielo offriva sulla mano, sussurrandole qualcosa. Bambola si protendeva cautamente fino al suo palmo, dilatava le froge e storceva terribilmente l'occhio violetto. con il bianco prominente, simile a un piccolo globo dai meridiani sanguigni. Al tempo della sarchiatura del granoturco, lo zio raccoglieva i fusti recisi e la sera la cavalla sgranocchiava le foglie fresche del granoturco giovane. Zia Manica, sua moglie, ogni tanto brontolava perché lo zio non faceva che occuparsi della sua cavalla per intere giornate. ·Ma non era proprio così. Lo zio era un bravo lavoratore. Io penso che zia Manica fosse un po' gelosa della cavalla, o forse le dispiaceva per le vacche e le capre. Del resto, va' un po' a sapere perché brontola una donna. Talvolta Bambola non tornava dalla conca di Sabid e lo zio, per quanto tardi venisse a saperlo, immediatamente si legava la briglia intorno ai fianchi e, accetta in spalla, usciva a cercarla. Capitava che tornasse a notte tarda, bagnato di rugiada fino alla cintola, o completamente fradicio, se pioveva. Si accoccolava davant:iial fuoco, si scaldava. La bella, grande testa scolpita nettamente, le dita aperte, immobili. Sedeva ormai calmo, la cosa più importante era fatta: Bambola era stata ritrovata. Nelle_giornate calde lo zio la portava a fare il bagno. Immerso nell'acqua gelida fino alla vita, la lavava da tutte le parti, le pettinava la criniera, strappava via lappole è pagliuzze. - Ti tormentano le mosche, - mormorava e grattava via dalla sua pancia manciate di mosche dure, che s'impuntavano protervamente. 46 Nell'acqua Bambola era più docile. Solo di tanto in tanto aveva un brivido, e tremava incessantemente. Stando sulla riva del ruscello, ammiravo lo zio e il suo cavallo. Ogni volta che lui si chinava per versargli addosso l'acqua, sul suo corpo magro e ·ossuto rotolavano i muscoli e risaltavano le costole. Talvolta alle gambe gli si appiccicavano delle sanguisughe. Uscendo dall'acqua, egli le staccava tranquillamente e si rivestiva. Di queste sanguisughe noi avevamo un terrore mortale, e per colpa loro non facevamo il bagno nel ruscello. Dopo il bagno lo zio talvolta mi issava sopra Bambola, prendeva in mano le redini e risalivamo verso casa. Il sentiero era molto ripido, e io avevo sempre paura di scivolare giù dalla groppa bagnata del cavallo, con tutte le forze stringevo le gambe contro il suo ventre e mi tenevo saldamente alla criniera. Mi sentivo bagnato e scomodo, e tuttavia contento, e mi aggrappavo al cavallo, timoroso e felice, e imbarazzato perché sentivo la sua ripugnanza per il cavaliere e mi rendevo vagamente conto che quella ripugnanza era giusta. Appena le redini si allentavano un poco, Bambola volgeva la testa per mordermi la gamba. Ma io stavo all'erta. Di solito in questo modo arrivavamo al portone, e io smontavo da cavallo, festosamente eccitato per la cavalcata e ancor più perché adesso, sano e salvo, stavo con i piedi per terra. Una volta arrivammo così fino al portone, quando a un tratto dall'altra parte del cortile apparve ùno dei nostri vicini, che chissà perché stava particolarmente antipatico ai cani. Essi si slanciarono verso di lui. - Va' via! Va' via! - urlò lo zio, ma era ormai troppo tardi. - Tieni! - Mi lanciò le redini. Mi sembra che la cavalla non aspettasse altro. Lo sentii prima ancora che voltasse la testa. Mi aggrappai alle redini con tutte le mie forze. Lei cominciò a voltare la testa, e io capii che trattenerla era altrettanto impossibile che fermare un albero che sta cadendo. Partì dapprima al trotto, e io, ballonzolando sulla sua groppa, cercavo tuttavia di trattenerla. Ma ecco che passò al galoppo, prendendo uniformemente e irreversibilmente velocità, proprio come prende velocità un albero che sta cadendo. Balenò qualcosa di verde, e soffiò un vento pazzesco, come se a quella velocità il clima fosse completamente diverso. Non so come sarebbe andata a finire, se non fosse stato per mio cugino. Abitava su un'altura, non lontano dallo zio, e udendo l'abbaiare dei cani uscì a vedere cos'era successo. Mi vide, corse fuori sul sentiero, si mise a urlare e ad agitare le braccia. A pochi metri da lui Bambola si fermò di botto e io, volando sopra la sua testa, caddi a terra. Balzai in piedi e mi stupii di essere ricapitato nel bel tempo. Un colpo inatteso interruppe il mio stupore. Qualcosa mi rovesciò e mi trascinò sul terreno. Ma a questo punto accorse mio cugino, mi strappò di mano le redini e cercò di calmare Bambola. Infatti per il terrore mi ero aggrappato così spasmodicamente alle redini, che non ero riuscito ad allargare le dita neppure dopo la caduta. · Da quel giorno lo zio non mi fece più montare Bambola,

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