Linea d'ombra - anno VI - n. 30 - settembre 1988

STORIE/MAKANIN prim'ordine': pensava il direttore, e lo pensava ogni volta che riappendeva il ricevitore. Telefonavano a Dasen'ka anche altre persone. Dal momento che anche altre persone sono fatte in modo da avere bisogno di parole gentili e di tranquilli consigli. E anche il mite sorriso faceva la· sua parte: giovani donne che !'tanno influenza ce ne sono tante ovunque, ma sono tutte spigolose, nervose, tese. Mentre Dasen'ka no. Per quanto riguarda i fiori, l'otto marzo gliene portavano montagne intere. L'appartamento ne era completamente invaso, c'erano mimose, c'erano rose. Dasen'ka e Andrej festeggiavano da soli, loro due, senza nessun altro. Ne veniva fuori una serata familiare bellissima, bevevano vino, e poi Andrej suonava un po' di chitarra. Suonavano alla porta. - Altri fiori per te, - scoppiava a ridere Andrej. Dasen'ka apriva. Il nuovo arrivato era, di solito, una persona rispettabile e molto imbarazzata, si schiariva la gola e diceva quello che si dice in questi casi. Stringeva la mano. Andrej metteva da parte la chitarra e proponeva al tizio di bere "il bicchiere della staffa"; dopo il vino e un paio di parole gentili, il tizio se ne andava assolutamente raggiante. Andrej rideva: - Ah, Dasulja, sei il massimo della perfezione. Ancora un po' e diventi la giovane donna più influente di Mosca! Con le scatole di cioccolatini Dasen'ka e Andrej facevano una piramide che gli arrivava fino alla cintola. Scherzavano, ridevano, una serata magnifica. E tutti e due . pensavano, Andrej e Dasen'ka, che forse era quella la felicità: l'amore, la bella serata, l'appartamento zeppo di fiori. E anche un'altra cosa inteneriva Dasen'ka: ad Andrej non erano rimasti né amici né amiche. C'era soltanto lei. Lei sola. E in tutti i casi Andrej era molto migliorato come marito. Era tanto tempo che non si allontanava da casa nemmeno di un passo, era tanto tempo che non metteva il naso nel bilancio familiare e ormai non protestava neanche se qualcuno cominciava a corteggiare Dasen'ka: tutto andava "al meglio". Tranne una cosa. Chiacchierava troppo. E il parlare fa sprecare un mucchio di forze. - Te ne prego, Andrjusa, sta' un po' zitto .... - sospirava Dasen'ka. Non appena lei entrava in casa, lui apriva la bocca. Ecominciava a spiegare, a raccontaFe, anche se avrebbe potuto benissimo stare zitto. li risultato era che l'appartamento si riempiva di chiasso. Dasen'ka non ne poteva più. - Dasulja, io mi sforzo di stare zitto, ma non ci riesco, - si giustificava Andrej. - Ma tu provaci. - Ci provo, ma non ci riesco proprio. - Tu tieni presente che meno ti sento e più ti amo. - Ma io ho voglia di chiacchierare. Litigarono violentemente, Andrej alzò perfino le mani. Fu necessario adottare delle misure molto serie, a Dasen'ka 42 si spezzava il cuore, ma cosa farci, non c'era altro da fare. Dasen'ka si prese le ferie e se ne andò al sud. E lui rimase giorni interi in casa per imparare a tacere. È chiaro che uno più tace, più articoli riesce a scrivere. Prima della partenza fecero pace, al binario Dasen'ka pianse un po'. - Dasen'ka, - Andrej telefonava al sud, - cara, ho imparato a fare la kasa. - Bravo! - Certo, non viene proprio come quando la fai tu, ma è buona. - Andrjusenka! Sapessi come è beUo, qui! Questo non è mare, è un paradiso! Sai che non l'avevo mai visto prima il mare ... - Rimettiti in forze, cara. - E il lavoro come va? - Sgobbo. Sono sotto pressione come una vecchia locomotiva. - La mia cara, vecchia locomotiva. - E tu il mio passerotto. Alla fine della conversazione chiese delucidazioni: come si fa veramente la kasa? Lui non era affatto in grado di prepararsela, aveva mentito perché Dasén'ka stesse tranquilla e si abbronzasse al mare senza pensieri. Si nutriva di pane e di tè. E quando stava per scadere l'ultimo minuto della telefonata, Andrej fece il passo per una completa riappacificazione: - Dasen'ka ... Io ... Io mi esercito a tacere. - Esercitati, caro. Sei così bravo, tu. Dasen'ka era già molto abbronzata. Al mattino guardava i delfini che giocavano in mare proprio come esseri umani. E la sera si univa a un gruppetto di persone niente male che si era andato formando, un gruppetto di giovani di ambo i sessi. Ne faceva parte, per esempio, Elena Skvorcova, che cambiava vestito tutti i giorni, una patita della moda, non l'avevano vista due volte di seguito con lo stesso vestito, come non l'avevano vista due volte di seguito con lo stesso costume. Faceva parte del gruppo anche un giovane cineasta di nome Kesa, batteva un crowl stupendo. Anche per tutto il resto era una persona degna di nota, e faceva capire a Dasen'ka che non gli era affatto indifferente, lo faceva capire a molte giovani donne. Qualche volta Dasen'ka telefonava al suo capo e chiedeva: come va? è tutto a posto all'istituto? Il direttore rispondeva: - Va tutto bene. Ma lei ci manca, Dasen'ka. Ci manca. Ed era la verità. Da quando. lei non c'era, l'anticamera era diventata deserta, vuota. "Quando torna Dasen'ka mi faccio una chiacchierata con lei, lei mi dà un consiglio, e poi prendo una decisione" pensava il visitatore e, dopo essersi fermato nell'anticamera un minuto o due, se ne andava. La vita all'istituto continuava, com'è natlJrale, ma senza dubbio i giorni e le ore di questa vita avevano cambiato colore, erano più grigi. Erano più scialbi, più banali. Perché

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