STORIE/MAKANIN - Come vanno le cose? Come sta suo marito? - Lavora ... Ho sposato un gran lavoratore ... - E lei? . - E io sto in cucina, come al solito. - Sai, veramente ... - si confuse alquanto Dasen'ka. - Ho avuto da fare... · - Male, mia cara ... O hai dimenticato che il cuore di un uomo e il suo stomaco sono in realtà imo stesso organo? - Non l'ho dimenticato... ' - Stai attenta, sennò magari spunta fuori qualchedun'altra a ricordarglielo. Dasen'ka per almeno mezzo minuto si agitò e guardò in direzione del marito: non avrà mica sentito? ... Ma Andrej non aveva sentito: era sotto choc, stava seduto come un idolo di legno in un museo. Il profumo della carne lo aveva fatto uscire di senno. Andrej non sentiva, non vedeva, non capiva. Dasen'ka si sbarazzò di Vika più in fretta che.poté. Mentre prendevano il tè, Vika tentò di avviare una conversazione. - Come mai non chiedi come vanno le cose da noi in ufficio? - So perfettamente come vanno le cose, - disse tranquilla Dasen'ka. Vika si strinse nelle spalle: - Beh, allora racconta le novità da parte tua. - NessJ.ma novità. - Ma ora sei vicina al direttore. - E che vuol dire? Un lavoro come un altro. Dopo aver bevuto il tè, Vika desiderava ascoltare un po' di musica. - Ma no, che dici ... - fece osservare gentilmente Dasen'ka, - Andrej sta lavorando ... .- Ma piano piano ... - No, no. Andrej lavorava davvero, anche se non è che ci riuscisse troppo bene: la razione tripla di carne con patate che Vika gli aveva clestinato per poco non lo aveva steso a letto. Sbadigliava. Si fregava gli occhi. Nella sua coscienza balevano immagini chiare e sgargianti: faceva sogni-cortometraggi, di due secondi, non di più. Sognava pavoni, foulards da donna, bazar orientali e una carta geografica della Crimea nuova di zecca. Dopo il tè, Vika se ne andò. Dasen'ka la accompagnò fino alla metropolitana, ma non-c'era calore nei loro discorsi. Vika si offese. Come succede, a Vika sembrò di essere stata ripagata con l'ingratitudine più nera. Non capiva di essere stata lei stessa a pronunciare le parole che avevano spaventato Dasen'ka. In un certo senso Andrej era una preda, e le prede non si spartiscono. Vika non andò più a trovare Dasen'ka; la sua indignazione durò più giorni e il chiasso che lei fece riempì tutto l'ufficio. - Dimenticare i vecchi amici non è forse·la cosa peggiore? - diceva Vika in collera. E diceva anche: - E pensare che sono stata io a insegnarle la strada per arrivare al cuore di Andrej. E anche: - Vorrei proprio sapere dove sarebbe adesso, se non le avessi insegnato io a fare i dolci ... In quegli stessi istanti Dasen'ka si prendeva cura di Andrej, gli preparava pranzetti, gli lavava, gli stirava. Sensibile com'era, cercava di riabilitarsi dopo i difficili giorni del raf-. freddore. Vika non si sognava neppure lontanamente fino a che punto e quanto in profondità Dasen'ka si fosse impadronita del concetto che le attenzioni e le premure infiacchiscono un uomo, lo addomesticano e lo rendono indifeso al punto da farlo maneggevole come la pastafrolla. Nell'anticamera del direttore i visitatori, resi nervosi dall'attesa, a volte litigavano: a ognuno di loro il proprio problema sembrava il più importante e il più urgente. E ognuno · anelava allo studio del direttore. - Compagni, ve ne prego ... Per carità, più piano ... Gli occhi di Dasen'ka avevano un sorprendente influsso. E la sua dolce voce. E i suoi miti consigli. E il bicchiere d'acqua offerto al momento giusto ... E quando il visitatore se ne andava, gli tornava alla mente di tanto in tanto: ma che segretaria che ha il direttore! Un vero tesoro. Un cuore d'oro. Nacque così una certa fama, quel tipo di fama che può essere più piacevole della fama veta. Si diceva che Dasen'ka avesse fatto riappacificare due dottori delle scienze che erano nemici dai tempi delle giovinezza. A cinqu~nt'anni, a un banchetto, si erano afferrati a vicenda per il b'.t{vero,si erano rumorosamente ingiuriati, si erano buttati in faccia l'un l'altro un fondo di cognac rimasto nei bicchieri. E ora, a sessantatré anni, si erano abbracciati e baciati proprio sotto gli occhi di Dasen'ka. Mai a nessuno Dasen'ka aveva dato un cattivo consiglio: era un dono innato. Qualche volta anche il direttore le telefonava a casa la sera: - Dasen'ka, mi piacerebbe fai!è,,conlei una chiacchieratina di cinque minuti, è possibile?,,.· - Ma certo, - rispondeva Dasen'ka, più dolce del miele, ma con dignità, era una sua caratteristica. - Come vanno le cose? Come sta suo· rriarito? - Lavora ... Ho sposato proprio un gran lavoratore ... - E lei? - E io sto in cucina, come al solito. E il direttore raccontava. Qualche giorno prima, come per caso, era capitato Kustikov,"quello del dicastero. Dobbiamo tirare fuori le nostre esigenze? E comunque, cosa possiamo promettergli in cambio noi, come istituto? - Non ne capisco molto di queste cose, io, Petr Trifonovic - diceva Dasen'ka, - ma ho l'impressione che non ci convenga fare noi il primo passo. - Sì? E perché? ... - Kustikov è una persona impetuosa, di umore variabile. Lui per primo tirerà fuori tutto. E allora potremo porci il problema di che cosa promettergli. Il direttore tutto questo lo sapeva già, anche da solo. E aveva già riflettuto e deciso proprio in questo modo. Si consultava ancora una volta con Dasen'ka per convincersi di essere davvero nel giusto. "La bambina ha un cervello di 41
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