STORIE/MAKANIN occhi grigi spalancati. E il suo passo era diverso, e il portamento della testa,.e il sorriso, e il modo di parlare: metamorfosi ben nota, che si manifesta nelle persone quando cominciano a respirare. Adesso Andrej non si vergognava di lei. Non aveva nulla in contrario a frequentare gente insieme a lei, andare a trovare chiunque e, all'occasione, darsi persino delle arie. - La mia è proprio una bella mogliettina, non è vero? In quei casi Dasen'l<a diventava di fiamma. E taceva, con gli occhi bassi. · ~ - E che padrona di casa che è! - si entusiasmava Andrej, - la· mia è una padrona di casa di prima categoria! E Dasen'ka si confondeva ancora di più. Dasen'ka andava a trovare sua madre, che la compativa più di tutti; la madre era invecchiata, viveva da sola, avvizziva sempre di più, era molto soddisfatta dei figli. Tranne Dasen'ka, erano tutti laureati. E la madre diceva. Compiangendola: - Sei la mia buona a nulla. Sua madre era convinta che Dasen'ka non avesse avuto fortuna. E sospirava. Qualche tempo dopo Dasen'ka aveva lasciato il suo posto di correttrice di bozze, la fortuna le aveva sorriso, dopo un colloquio casuale il direttore dell'istituto aveva proposto a Dasen'ka di diventare la sua segretaria, un bel gesto. Il direttore era in generale una persona con una particolare visione del mondo, e non era certo un timido. Amava ad esempio abbellire le pareti del suo ufficio con quadri preziosi. E ammirava molto le statuette in bronzo brunito, una fra tutte era la sua preferita, rappresentava un aratore con il suo aratro. Desiderava inoltre che nella sua anticamera ci fosse una giovane donna graziosa. Lo stipendio di Dasen'ka aumentò di una volta e mezzo, e il direttore era vecchio e buono, che altro si potrebbe desiderare? Insuccessi, stramberie, errori, se pure c'erano stati, erano cose lontane nel tempo per il direttore, fu la prima cosa che Dasen'ka apprese. E fu solo in seguito che diede il suo consenso. - Ho una certa paura, - diceva alle sue conoscenti. - E perché? - Beh, una segretaria è pur sempre una segretaria. - Sciocchezze, ragazza mia! Vedrai, tutto andrà per il meglio! · - Ma il lavoro non sarà troppo difficile? - Non ti preoccupare. Lui ha tutti i consiglieri che vuole, non ti preoccupare, piccola. Dasen'ka lo sapeva anche lei, che non avrebbe avuto difficoltà. Domandava così. Solo per modestia. Andrej rimaneva in casa. Il tema e le conclusioni a cui lavorava erano così importanti che il suo capo e ogni sorta di personaggi influenti lo avevano dispensato senza discutere dal recarsi ogni giorno in ufficio. "Sgobba a casa. Nelle migliori condizioni possibili" gli aveva detto il capo.·Andrej diventava sempre più un teorico. E si supponeva non doves40 se buttare via il suo tempo facendo.avanti e indietro. E persino lo stipendio glielo facevano recapitare a casa da un vecchio inserviente. Dasen'ka invece quei giorni era raffreddata, e non aveva osato mettersi in malattia perché il marito godesse delle migliori condizioni possibili, e per questo motivo sulla sua scrivania segretariale ogni tanto erompeva il telefono. - Pronto. - Dasulja, sono io. Andrej. Di' un po', il semolino è una cosa bianca e granulosa? - Sì. Fai attenzione a non confonderlo con la farina, però. - Mi pare che in mezzo litro di latte tu mettevi due cucchiai e mezzo di semolino. - Sì. - Ne sei sicura, Dasulja? - Dio mio, certo che ne sono sicura. A quel tempo Andrej era precipitato in una ben nota crisi di incapacità: troppo abituato a una moglie, non era più in grado di fare nulla, non ricordava più nulla. Ora gli metteva paura anche la minima incombenza, e questo quando i trent'anni erano dietro l'angolo ed era di sette anni più vecchio della moglie. Telefonò nuovamente. Nella sua voce c'era la gioia di un pioniere: - Dasulja! Tesoro! Ho appena versato il semolino! - Sono contenta, caro. - L'ho versato. E sto già rimestandolo. Lo rimesto con il cucchiaio grande, lo senti, Dasulja? E Andrej tenne per qualche tempo la cornetta del telefono nelle immediate vicinanze della pentola. Perché la moglie sentisse. E dicesse se gorgogliava nel modo giusto. Dasen'ka era tutta intenta, stava scrivendo gli appuntamenti dei visitatori. Faceva attenzione che combinassero i giorni e le ore. Conversava. Di tanto in tanto entrava dal capo a riferire: chi c'era, con quali problemi, era disposto o no ad aspettare, fosse pure dieci minuti. - Dasen'ka! _: era di nuovo Andrej. - Dasen'ka! .- gridava addirittura nella cornetta, - il semolino non si addensa! Sembra pronto, ma non si è addensato, per niente! - Mangiatelo brodoso, tesoro, - diceva con dolcezza Dasen'ka. Lei non perdeva mai il controllo. Ritornata di corsa a casa, Dasen'ka lo baciava con trasporto: lo ·sparuto Andrej era seduto al tavolo e scriveva, disegnava, fumava, e attorno a lui in ispirato disordine, sul tavolo, sull'ottomana, sul parquet erano sparse le sue carte. Il quadro era quello solito e familiare, lo stesso del giorno prima e di quello prima ancora, ma non proprio del tutto. Perché dalla cucina arrivava profumo di carne ~rrosto. - Salve!. .. Venne fuori che era passata a trovarli Vika. E si era messa a fare la padrona di casa. - E allora, lo vuoi proprio far morire di fame, tuo marito? - domandò Vika.
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