STORIE/MAKANIN • ormai abituato alle premure. E come cominciarono in fretta a dargli fastidio gli ·oggetti sparpagliati in tutti gli angoli della casa. Si era abituato alla pulizia, si era abituato a una mo- , glie, ma la moglie ora non c'era, intorno non c'era che disordine crescente, dal momento che Dasen'ka era inchiodata a letto ormai da tre giorni. Andrej era nervoso. - Non posso lavorare, - si lamentava. La sera, dopo . il lavoro, era solito continuare a lavorare in casa due, tre orette. Cominciò ad andarsene in biblioteca. Torna dal lavoro, cena in fretta ed esce di nuovo. - Non ti arrabbiare con me. Non ti arrabbiare, - si giustificava lui lamentoso e smarrito. - Va bene. - Cerca di capire: ho bisogno di lavorare. Andrej usciva. Dasen'ka si faceva forza per alzarsi dal letto. La testa le ronzava, le tempie le battevano e lei si muoveva con precauzione per la stanza, come se il pavimento fosse ghiacciato. Prendeva uno straccio. E cominciava lentamente a riassettare l'appartamento. "Forse si è trovato dei nuovi amici. O forse una donna" pensava Dasen'ka. Terminato di rimettere in ordine, andò in cucina. Lentamente e fiaccamente lavò i piatti. Ma si sbagliava. Andrej lavorava veramente. ' D asen'ka si ristabilì. E ora, quasi in ricordo della malattia, ha imparato a prendere dolcemente in giro Andrej. - Sai, - gli dice ad esempio la mattina presto, - camicie pulite non ce ne sono più ... - Come? - si spaventa lui. - Ieri non ho fatto in tempo a fare il bucato, - spiega lei. - Troppe cose. Pensavo di farcela, ho persino comprato il detersivo, ma proprio non è stato possibile. Andrej non ragiona più. Si aggira per la stanza, afferra un maglione, una giacca, una cravatta. E guarda in continuazione l'orologio: che fare, che fare adesso? ... Il poveretto è ormai abituato a essere sempre vestito come a un matrimonio. Dopo averlo tormentato un paio di minuti, Dasen'ka scoppia a ridere e apre l'armadio. E finalmente lo chiama: - Andrej !. .. Guarda, ce n'è ancora una pulita. Prendi, Sbrigati! Lui afferra la camicia pulita e si veste convulsamente. Dasen'ka ride: - Sei fortunato, mio caro. Avrebbe potuto non essercene neanche una ... Lui afferra la ventiquattr'ore e scappa al lavoro. Dà un bacio a Dasen'ka. E le grida mentre sta scappando: - Fa' il bucato, oggi. Portale in tintoria ... Così non si può andare avanti. Quando lei raccontava questi scherzi in ufficio, tutti ridevano di cuore. E Vera Viktorovna ammetteva che scherzi 38 Grandi magazzini a Mosca (foto di David Burnett/ Contact/Grazia Neri). del genere le procuravano un vero diletto e le allungavano la vita; Vera Viktorovna disprezzava gli uomini. - Brava, Dar'ja, - Vera Viktorovna tirava un sospiro profondo profondo, - così bisogna fare, con quei mascalzoni! Qualche volta a Dasen'ka veniva voglia di radunare le amiche, passare una serata tutta al femminile, e venne fuori che non c'era nulla di più facile al mondo. Come tutti i fisici, Andrej si spaventava in anticipo del disordine in aumento. Era sufficiente non mettere in ordine l'appartamento per un paio di giorni, e al terzo .puntualmente Andrej se ne scappava incollerito in biblioteca per tutta la sera. Le donne si radunavano, bevevano un po' di vino rosso e si raccontavano l'un l'altra le proprie sventure e le proprie gioie, ql!elle tranquille riunioni le rilassavano, come rilassa la vista di un lago o quella dell'acqua di un ruscello che scorre; per quelle donne era una sorta di valvola di sfogo, e non era poco. - Come si sta bene da te, Dasen'ka! - dicevano. E Vera Viktorovna sospirava felice: - Così bisogna fare, con quei mascalzoni! E tutte scoppiavano a ridere. Va da sé che prima del loro arrivo Dasen'ka era riuscita a mettere in ordine e a tirare a lucido l'appartamento. Era .una fanatica dell'ordine. Se una qualche inquieta fanciulla cominciava a telefonare ad Andrej supponiamo per lavoro (e magari era proprio per lavoro), Dasen'ka gli montava su una breve scenata familiare (del tipo "sturatina d'orecchie"). Per fargli perdere l'abitudine. E nel frattempo non alzava più un dito a toccare pentole e aspirapolvere, la qual cosa trasformava nel giro di una settimana l'accogliente appartamento in una stalla, trasformazione che non richiedeva nessuno sforzo: ci vuole molto meno a disfare che a fare. Andrej andava fuori di sé. Cercava di ribellarsi. - Chiedo il divorzio! - gridava. - Basta. Non ne posso più! Dasen'ka taceva. - Chiedo il divorzio, hai capito? Inoltro la domanda! - Andrjusa, tesoro mio, non fare così... Dasen'ka aveva aperto gli occhi, e li aveva aperti proprio del tutto. E questi cari occhiuzzi aperti avevano visto che con le sue bravate e le sue furie Andrej era completamente addomesticato. Ancora qualche piccolo sforzo e diventa come un bambino. Gli dai uno zuccherino, sorride. Gliene dai un altro, sorride un'altra volta. E indietro non si torna, per la semplice ragione che nessuno torna indietro. Una volta, due, tre, Andrej tentò di fare l'offeso e cercò rifugio da un amico alla casa dello studente. Lì anche le pareti sanno di libertà. Ci stette qualche giorno, al massimo una settimana, ma al momento del cambio della biancheria rispuntava di nuovo. Come tutti i mariti, Andrej pensava spesso e lungamente al divorzio. Sapeva che pensarci non è sufficiente, che vale
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