IL CONTESTO MEMORIA PERLUCA Vincenzo Consolo Le parole si frantumano, si fanno di terra, polvere, a parlare di un amico assassinato. Ed è di Luca che qui devo parlare (non fosse per il dovere di parlarne, di scriverne. qui, su questa rivista a cui egli pure aveva collaborato, volentieri mi chiuderei nel silenzio per ricordarlo solo col pensiero, senza questo polverume di parole che forse ancor più lo seppelliscono), di Luca Coppola; un giovane intellettuale, critico letterario e regista, amico di poeti, di scrittori, di pittori, da tutti amato, ma amato soprattutto da grandi madri come la Morante, Leonor Fini, Yourcenaar, Ginzburg ... È atroce la sua morte, inaccettabile. È morto massacrato assieme al suo compagno, l'attore Giancarlo Prati, in una notte di fine luglio, in un luogo deserto, vago, una spiaggia di sabbia, di detriti e di sterpaglie dal nome immondo, laido, una spiaggia praticata solamente dai disperati e dagli spietati speculatori della disperazione, dai trafficanti della morte, vicino a quel paese estremo, di frontiera, porto d'ogni cinismo e traffico che è oggi Mazara, sul canale di Sicilia; in un luogo proibito (Ce n 'est pas ung jeu de trois mailles,/Ou va corps, et peu estre l'ame. I Qui peri, riens n 'y soni repentailles/ Q'on n'en meur a honte et dijjame ... ), come il Montpipeau della ballata Aux enfants perdus di Villon. Dove Luca e il suo amico furono attirati da ottusi e illusi marginali con la scusa d'un convegno che era solo l'appuntamento per una fredda, premeditata esecuzione nella speranza di chissà quale profitto. Ah Luca, ah Giancarlo, ah povere povere sagome sconciate sopra quelle dune! (L'impietosa immagine che un giornale dell'isola, il più "autorevole", come si dice, ha diffuso sopra i suoi fogli! Ma non parliamo qui della spietatezza dei giornali, della seconda esecuzione ch'essi compiono ogni volta sopra corpi inermi, compirono per esempio sul corpo di Pasolini, di Moro.) Ah voi, vittime ulteriori! E pure non eravate sprovveduti. Avevate letto, sapevate come alienato, selvaggio, disumano oggi s'è fatto il mondo, questo Paese nostro, l'isola mia di Sicilia. Sapevate, immagino, come non primitivo, non barbarico, ma peggio, decaduto e degradato, imbarbarito, orrendo è oggi quel luogo dove avevate scelto di fare le vacanze. Sapevate, immagino, che non esiste più ormai luogo umano, tollerante; che non c'è quasi più giovane marginale, del nostro o qui giunto dal Terzo o Quarto mondo, che sia innocente, che non 16 sia alienato, istupidito, feroce, sordido di mente e cuore; che questi, anche se emarginati, anche se tenuti lontani dallo scialo, sono sempre figli o affiliati della nostra oscena cultura d'oggi dei consumi più disgustosi e avvilenti. E allora, cos'è stato questo rischio di esporvi alle fauci della belva, questo sacrificio volontario? Dolore, malinconia insopportabile? lo non so rispondere. Ho conosciuto Luca Coppola a Palermo, qualche anno fa. Era giunto in quella città in compagnia del pittore Fabrizio Clerici e della sua amica Bice Brighetto. Ero rimasto subito colpito dalla sua intelligenza, dalla sua Cultura, dal suo senso sicuro nel discernere, nella vita e nei libri, la verità dalla menzogna; colpito anche dalla sua ironia, che poteva diventare sarcasmo quando ciò da cui era urtato, offeso superava il limite della tolleranza. E di sarcasmo, a Palermo, ne aveva dispiegato in quella occasione, nei confronti di personaggi, di situazioni, di messe in scena di baronesse o rinomati artisti. Dopo Palermo, in comitiva facemmo un "classico" viaggio, un'escursione per Segesta, Selinunte, Mozia. A Mozia, ricordo, dopo la visita ai ruderi e al piccolo museo dell'isola fenicia, Luca si staccò da tutti, s'appartò. Lo vidi poi, in lontananza, disteso sopra la lastra di pietra d'un sarcofago, lo sguardo al cielo, immerso in una sua inviolabile solitudine, nei suoi pensieri, forse in una sua malinconia. Così, anni prima, avevo visto appartarsi, chiudersi nella sua solitudine e nei suoi pensieri, Pasolini, disteso sopra la roccia nera di uno degli scogli dei Ciclopi nel mare di Acitrezza, dove eravamo andati, con Moravia, la Maraini e altri, per fare il bagno. A Milano, Coppola continuò a frequentarmi, veniva spesso a trovarmi; dalla sua casa di Porta Venezia alla mia di Porta Volta, percorreva la circonvallazione su una vecchia arrugginita bicicletta. Giù dal cortile, chiamava mia moglie, me, "Caterina, Vincenzo", con quel suo tono cantilenante, sommesso, dovuto forse alla leggera sordità che l'affliggeva. Ed eravamo anche diventati amici, io e mia moglie, dei suoi straordinari genitori, di Carla e Michele, e della sorella Sofia. Con loro, caro Luca, ti ricorderemo sempre, e COJl quanti ti conobbero, ti stimarono e t'amarono. Ricorderemo il tuo giovanissimo viso, i tuoi arguti occhi dietro le lenti; e la tua voce sommessa, cantilenante, la tua matura conversazione, i tuoi giudizi sicuri sulle cose; ricorderemo la tua allegria, che si esprimeva in scoppi di risa fanciullesche, e insieme i tuoi malinconici silenzi. Addio. Di te rimpianto. Eri fra gli estremi, rari frutti d'una cultura, d'una civiltà ormai al tramonto. SCIENZA LA LEGGEDELPADRE Elisabetta Donini La procedura più antica - e più artigianalmente accessibile - di fecondazione procurata mediante strumenti è l'inseminazione artificiale; se essa è diventata socialmente accettabile per la specie umana soltanto di recente, ciò non è certo dipeso da difficoltà che ne ostacolassero l'attuazione: introdurre sperma in vagina con sistemi diversi dal rapporto sessuale non richiede né strutture cliniche né assistenza di specialisti. Le barriere sono state invece per secoli di carattere culturale e lo rivela la biforcazione tra "omologa" ed "eterologa" che subito si è instaurata quando quella procedura è stata promossa a "tecnica"; quasi che avesse rilevanza scientifica attribuire alle donne un grado diverso di affinità biologica nei confronti del marito (o partner stabile: è il caso normalmente catalogato come AIH, Artificial Insemination by Husband) oppure di un fornitore estemporaneo (AIO, Artijicial lnsemination by Donar). Altrettanto curiosa è la dissociazione che per lungo tempo ha impedito di stabilire una connessione razionale tra ciò che si sapeva fare e si faceva correntemente nell'allevamento degli animali grazie alle pratiche di incrocio e selezione guidata e ciò che invece si predicava a livello scientifico.circa i diversi ruoli e contributi .della donrià è-dell'uomo nella cosiddetta procreazione. /Tra ·'.600 e '800 le dottrine ufficiali contit'ùarono a oscillare tra ipotesi di generativitftutta femminile oppure, ritornando ad Aristqtele, tutta maschile nonostante che empiricamente non solo si sapesse come le cose andavano ma anche come le si poteva modificare. Discutendo appunto di questo scarto nel corso di un recente convegno (I), Elena Gagliasso ne suggeriva un 'interpretazione che mi pare molto interessante: all'interno del canone di causalità lineare e deterministica che a partire dalla fisica del '600 si è imposto come riferimento per tutto lo sviluppo scientifico moderno, era molto difficile accettare l'idea che il nuovo essere scaturisse come un diverso dall'incontro di due apporti distinti - e tra loro anch'essi diversi. Non per nulla, infatti, è invalso il termine di "riproduzione" che orienta a leggere il fenomeno del "fare figli" in chiave di ripetizione dell'identico. Ma proprio seguendo le tracce di certe significative insensatezze depositate nel linguaggio (la "procreazione" che sta per "creare al posto di" e consente all'uom_Qdi
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==