DISCUSSIONE/CIAFALONI Romiti, quale che ne sia l'intenzione, svolgerebbero una funzione importante se rispondessero ai criteri della informazione più che a quelli dell'immagine. Per questo motivo quelli che se ne occupano si preoccupano della coincidenza tra potere economico e proprietà della carta stampata, perché si può pensare che difficilmente giornali e giornalisti staranno alle costole, per sapere e raccontare come e perché decidono, di grandi decisori che sono anche i loro proprietari. Per questo motivo bisogna giudicare questa intervista per quel che spiega o non spiega e non perché è un po' sopra le righe nel fare la storia del personale quadrato di Villafranca dell'intervistato e della successiva vittoriosa carica di cavalleria; bisogna recensirla come un libro sulla trasformazione produttiva dell'industria italiana, su una catena di eventi finanziari, organizzativi, politici e culturali che hanno determinato gli anni '80 in Italia. Le critiche, le insoddisfazioni, sono però ampiamente giustificate. Chi legga il volume pensando di trovarci una traccia di ciò che è avvenuto negli anni '70 e '80 nel maggior complesso industriale italiano resterà profondamente deluso. Il lettore curioso, anche chi abbia messo piede molte volte negli stabilimenti Fiat, per esempio per indagini sull'ambiente di lavoro, e che normalmente cerchi di capire ciò che succede attraverso le analisi un po' astratte degli economisti, le statistiche, le relazioni e gli studi della Banca d'Italia e delle Banche, le indagini dei sociologi industriali (sempre troppo particolari e troppo generali insieme, come è nella natura della disciplina, per spiegare davvero un caso singolo, una storia) si aspetta molto da un libro così, e non ricava quasi nulla. Non che ci si aspetti da un alto dirigente la rivelazione di segreti; e neppure che si adegui a fare da caso empirico alle teorie dei sociologi e degli economisti. Ma insomma anche Romiti avrà in testa idee generali oltre quella di sconfiggere il nemico e di massimizzare se stesso (aumentare il guadagno, diminuire la perdita). E in qualche modo queste idee se le è fatte anche lui, ma qui non ci racconta come. La Fiat, come è stato già fatto notare, è arrivata per ultima a numerosi mutamenti organizzativi. È passata direttamente dalle calcolatrici a manovella ai terminali saltando l'epoca delle Divisumma e delle Monroe. È arrivata per ultima a fare una holding, a decentrare. Ha attraversato un periodo di grandi incertezze, con una pluralità di progetti e anche di sistemi di automazione assai diversi apparentemente in ballo. Come ne è uscita? Ha reagito con successo alla drastica imposizione di vincoli derivati dalla decisione di entrare nella fascia di oscillazione delle monete europee. Come ha fatto? Una decisione del genere come arriva a una grandissima azienda? I grandi banchieri, i grandi manager che rapporti hanno con le autorità monetarie? Come è cambiato il comportamento dei piccoli, oltre che dei grandi dirigenti Fiat? I grandi generali (a cominciare dall'omonimo che conquistò le Gallie) sapevano quanto tempo ci vuole a caricare una nave, o un carro, e ce lo hanno raccontato. Per cui si capisce come funzionava il loro esercito e perché vinceva le guerre. Probabilmente anche Cesare Romiti"sa come funziona 12 Il porere rende euforici (foto di Dino Fracchia/ Cammelli Factory, Torino). la sua organizzazione, ma non ce lo racconta e ci fa restare con la curiosità. Si può rendere conto di un mutamento sociale e organizzativo complesso, come quello che è avvenuto in questi anni a Torino e in mezzo mondo, facendo riferimento a spiegazioni teoriche, sociali o economiche, oppure raccontando fatti definiti: in un modo o nell'altro bisogna farlo. Un alto dirigente industriale, anche se fa meno riunioni di Rossignolo, che viene criticato perché era sempre in riunione (ma quando lavora?), tuttavia fa riunioni. In ogni caso, a parte la prima colazione, che farà a casa o in albergo, mangerà anche lui come tutti un paio di volte al giorno, e in genere in compagnia; per lo più di altri dirigenti. Vedrà giornalisti, ascolterà rapporti, leggerà resoconti, stringerà alleanze, viaggerà per mezzo mondo. Il Cesare Romiti dell'intervista vede qualche volta la Proprietà che gli compare talora nella persona di Umberto, talora in quella di Giovanni, talora nella persona consustanziale e connaturale ma immateriale di Enrico Cuccia (che da ambedue procede), che tutti e tre insieme hanno il grande merito di riconfermarlo sempre loro vicario in terra. Vede una volta il nemico da sconfiggere, sotto forma di ilari giovanotti raccolti accanto ai falò, e una volta il nemico sconfitto sotto forma della lugubre, contrapposta trinità dei generali. nemici venuti a firmare la resa senza condizioni (ma che vuoi cambiare, Pierre?). Prima non li aveva visti mai, non trattava mai con nessuno. Stava tutto il tempo con il bilancio in mano a meditare solo in mezzo alla mischia, come il daymio di Kagemusha, impassibile all'ombra delle frecce, sollecito ma non turbato per il sangue dei fidi, centro vuoto della battaglia, simbolo e volontà del potere. Torino è piena di persone che dicono di aver trattato con Romiti in quei giorni, in sedi ufficiali e non ufficiali, in appartamenti, in albergo, allo stadio, tanto che avendo provato a metterli insieme tutti a discutere per cercare di ricostruire come è andata davvero, a futura memoria fuori dalle contrapposte agiografie, per ora ci ho rinunciato perché sono troppi e troppo in lite tra loro. Qualcuno millanterà, ma è mai possibile che millantino tutti? Sappiamo con qualche dettaglio dei rapporti con Schimberni; sappiamo della controversia dei valori, di strategia, con Rossignolo. Ma mancano troppi particolari, sia nel resoconti() dei rapporti in azienda, sia di quelli tra aziende, sia di quelli con lo stato perché si possa dire che veramente alla fine ne sappiamo di più. Romiti e Rossignolo, oppure Valletta e Adriano Olivetti si prestano a essere inquadrati nei due ideaitipi di dirigente descritti da Gallino in Della ingovernabilità. Ma il particolare dirigente Romiti cosa pensa e cosa fa nel campo dei rapporti con lo stato, cui spettano i compiti che l'azienda espelle da sé, ma che non può giudicare, e non giudica, inutili? Cosa pensa del sistema delle regole, nazionali e internazionali? E soprattutto cosa fa? La presenza nella società in accomandita per azioni che è il cervello e il sistema immunitario della Proprietà, d'altra parte rende un po' fragile la distinzione fra proprietario e
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