SETTEMBRE1988 - NUMERO 30 .•l - \ ~ :,t;,: ' mensile di storie, immagini, discussioni POSTALE GR. LIRE6.000
IIIIIIIIIIIIII li II li IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII li IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII IIII I I I II111111111111111 XLVMOSTRA INTERNAZIONALEDELCINEMA GRUPPFOININVEST RETEITALIA AVENEZIA BURNING SECRET (FIAMMA PROIBITA) di Andrew Birkin con Faye Dunaway, Klaus Maria Brandauer in associazione con Mario e Vittorio Cecchi Gori Distribuzione COLUMBIA MADAME SOUSATZKA di John Schlesinger con Shirley Mac Laine, Twiggy, Peggy Ashcroft MEDUSA DISTRIBUZIONE THEMODERNS di Alan Rudolph con Keith Carradine, Geraldine Chaplin MEDUSA DISTRIBUZIONE Mr. NORTH di Danny Huston con Robert Mitchum, Anjelica Huston, Lauren Bacali Distribuzione ARTISTI ASSOCIATI HITTING HOME (FATTO DI CRONACA) di Robin Spry Distribuzione LIFE INTERNATIONAL ONCE MORE-ANCORA di Paul Vecchiali Distribuzione MIKADO FILM GLI INVISIBILI di Pasquale Squitieri prodotto da Achille Manzotti Distribuzione ARTISTI ASSOCIATI TRENODI PANNA di Andrea de Carlo co-prodotto con Azzurra Film e Italiana Film MEDUSA DISTRIBUZIONE I CAMMELLI di Giuseppe Bertolucci co-prodotto con Dania Film Colorado Film -National Cinematografica MEDUSA DISTRIBUZIONE NOSFERATU A VENEZIA di Augusto Caminito co-prodotto con Scena Film MEDUSA DISTRIBUZIONE APPUNTAMENTO A LIVERPOOL di Marco Tullio Giordana in collaborazione con Numero Uno Cinematografica Distribuzione ISTITUTO LUCE ITALNOLEGGIO LA VIE EST UN LONG FLEUVE TRANQUILLE (LA VITA È UN LUNGO FIUME TRANQUILLO) di Etienne Chatiliez Distribuzione MIKADO FILM
Direuore Goffredo Fofi Direzione editoriale Lia Sacerdote Gruppo redazionale Adelina Aletti, Giancarlo Ascari, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano Benni, Alfonso Berardinelli, Paolo Bertinetti, Gianfranco Bettin, Franco Brioschi, Marisa Caramella, Cesare Cases, Severino Cesari, Grazia Cherchi, Francesco Ciafaloni, Luca Clerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Stefano De Matteis, Bruno Falcetto, Fabio Gambaro, Piergiorgio Giacché, Aurelio Grimaldi, Giovanni Jervis, Filippo La Porta, Gad Lerner, Claudio Lolli, , Marco Lombardo Radice, Maria Maderna, Luigi Manconi, Danilo Manera, Edoarda Masi, Santina Mobiglia, Maria Nadotti, Antonello Negri,, Cesare Pianciola, Gianandrea Piccioli, Bruno Pischedda, Fabrizia ·Ramondino, Alessandra Riccio, Roberto Rossi, Franco Serra, Marino Sinibaldi, Paola Splendore, Gianni Turchetta, Emanuele Vinassa de Regny, Gianni Volpi. Progetto Grafico Andrea Rauch/Graphiti Ricerche iconografiche Carla Rabuffetti Relazioni pubbliche Miriam Corradi Pubblicità settore editoriale Emanuela Merli Via Giolitti, 40 - 10123Torino Tel. 011/832255 Hanno inoltre collaborato a questo numero: Francesco Cavallone, Carlo Cecchi, Milo De Angelis, Giorgio Ferrari, Cesare Garboli, Regina Hayon Cohen, Bruno Mari, Roberta Mazzanti, Daniele Morante, Grazia Neri, Ferruccio Parazzoli, Cristina Peraboni, Giuseppe Pontremoli, Emanuela Re, Tonino Ricchezza, Fabio Terragni, Stefano Velotti, Egi Volterrani, le Agenzie Cammelli Factory di Torino e Tam-Tam di Milano, gli uffici stampa delle case editrici e/o, Einaudi, Feltrinelli e Mondadori. Editore Linea d'Ombra Edizioni srl Via Gaffurio, 4 - 20124 Milano Tel. 02/6690931-6691132 Fotocomposizione e montaggi multiCOMPOS snc Distribuzione nelle edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. Via Famagosta, 75 - Milano Tel. 02/8467545-8464950 Distribuzione nelle librerie POE - Viale Manfredo Fanti, 91 50131 Firenze - Tel. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini, 6 Buccinasco (Ml) - Tel. 02/4473146 LINEA D'OMBRA mensile di storie, immagini, discussioni Iscritta al tribunale di Milano in data 18.5.87 al n. 393 Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo IIl/70% 'lumero 30 - Lire 6.000 Abbonamenti Abbonamento annuale: ITALIA: L. 50.000 da versare a mezzo assegno bancario o e/e postale n. 54140207 intestato a Linea d'Ombra ESTERO: L. 70.000 I manoscritti non vengono resti!Uiti' Si risponde a discrezione della redazione. Si pubblicano poesie solo su richiesta. llNIA D'OMBRA anno VI settembre 1988 numero 30 DISCUSSIONE 3 5 6 8 Il 7\ 73 74 Elsa Morante * * * Luigi Manconi Joaqufn Soko/owicz Francesco Ciafaloni Elizabeth Wilson Paolo Bertinetti Marisa Caramella Piccolo manifesto dei comunisti (senza classe e senza partito) Che tempi sono questi? Cosa è politica Notizie dal Cile Monopoli Bambole viventi V.S. Naipaul, lontano dalle Indie Una lingua in comune IL CONTESTO 14 Consigli/Sconsigli (G. Cherch1); Cronaca ( V.Cottinelli su mafia e magistratura); Memoria (V.Consolo su Luca Coppola); Scienza (E.Donini sulla fecondazione artificiale); Scuola (A.Rosso sulla Tv in classe); Confronti (S.Mobiglia su Cynthia Ozick, A.Berrini su Gide in Congo, (G.Nuvoli su A.Balduino); Di lato (M.Schiavo sulla fine del canto spontaneo); Antologia (A.P.Cechov: Regole per autori principianti); Lettere (G.Giovannone ancora su "La Repubblica", M. Turchetto sull'ultimo Veca). POESIA 55 Michael ffamburger Tchicaya U Tam 'Si Ne/i Konstantinova 64 S. Addamo, A. Calì, M. Caporali, R. Duranti, f. Fermini, G. Goffredo, G. Manacorda STORIE 28 35 46 57 Edward Bond Vladimir Makanin Fazi/' lskander Herman Me/ville INCONTRI 44 51 Vladimir Makanin David Grossman Due poesie Poesie Poesie Poesie Passione Dasen'ka L'a cavalla di zi.o Kjazym Daniel Orme Inverno e primavera a cura di Giordano Bruno Ventavoli "Tutto il sangue va verso la ferita" a cura di Regina Hayon Cohen NARRARELASCIENZA 59 78 80 C.P. Snow Promemoria Gli autori di questo numero La non neutralità morale della scienza La copertina di questo numero è di Andrea Rauch .
LeggereEinaudi Premio Viareggio 1988 Premio Campiello 1988 Rosetta Loy Le strade di polvere «Non è da escludere che sia questo il piu bel romanzo, vero romanzo, dell'anno» (Geno Pampaloni, «Panorama»). «Supercoralli», pp. 245, L. 20 ooo Seconda edizione Fabrizia Ramondino Un giorno e mezzo Napoli, settembre 1969: la storia di una generazione divisa tra la passione d'un futuro· da inventare e lo smarrimento d'una perduta misura del vivere. «Supercoralli », pp. 207, L. 22 ooo Premio Viareggio 1988 Gianfranco Contini Ultimi esercizi ed elzeviri Gli scritti 1968-1987: l'espressionismo letterario, Gadda, gli elzeviri, le varianti, gli epicedi. Fuori collana, pp. 1x-408, L. 55 ooo Premio Selezione Comisso 1988 Sebastiano Vassalli L'oro del mondo « ... una libertà d'invenzione e un procedimento naturale, quale è proprio dei narratori autentici» (Carlo Bo, «Corriere della Sera»). «Supercoralli», pp. v-175, L. 18 ooo Finalista Premio Napoli 1988 Mario Fortunato Luoghi naturali «Fortunato appartiene a quel genere di scrittore raro nella letteratura italiana di oggi che pur partendo da uno stato d'animo poetico riesce tuttavia ad essere narratore» (Alberto Moravia, «Corriere della Sera»). «Nuovi Coralli», pp. 153, L. ro ooo Nico Orengo Ribes Un miracolo incantevole e grottesco: l'effimero televisivo,. il paradiso artificiale della nuova spettacolarità, la perdita e il ritrovamento dell'esperienza. «Supercoralli», pp. 226, L. 24 ooo Arduino Cantàfora Quindici stanze per una casa Quindici storie visionarie costruiscono una minuziosa architettura dell'immaginano. «Nuovi Coralli», pp. 255, L. 16 ooo Primo Levi Opere Volume secondo Romanzi e poesie Questo secondo volume delle Opere ospita i romanzi di invenzione (La chiavea stella, Se non ora,quando?) con cui Levi si è affermato scrittore a pieno titolo, e le poesie (Ad oraincerta), originale elaborazione dei suoi temi civili e umani. Introduzione di Cesare Segre. «Biblioteca dell'Orsa», pp. xxxv-640, L. 42 ooo Pier Paolo Pasolini Lettere 1955-1975 Gli anni dell' «impegno», il successo letterario, il cinema, le grandi polemiche civili. A cura di Nico Naldini. «Biblioteca dell'Orsa», pp. CLxxv11-805, L. 45 000 Settis, La Regina, Agosti e Farinella La Colonna Traiana nella prima documentazione fotografica completa. Sommario: Traiano e la Colonna Adriano La Regina Le guerre daciche, Roma, il foro Salvatore Settis La Colonna Il racconto della Colonna (fotografie di Eugenio Monti) La fortuna della Colonna Giovanni Agosti e Vincenzo Farinella Nuove ricerche sulla Colonna Traiana nel Rinascimento «Saggi», pp. XIX-597con 288 fotografie di Eugenio Monti e 92 illustrazioni nel testo. In preparazione. Storia di Roma diretta da ArnaldoMomigliano e Aldo Schiavone · In modo originale, rigoroso e suggestivo, il millennio che ha segnato la presenza di Roma nel mondo antico: gli ambienti, i contesti materiali e sociali, le istituzioni, le guerre, la politica, la cultura, le idee, i personaggi. Un'indagine approfondita sulle origini di una civiltà che ha lasciato tracce fra le pieghe complesse del mondo contemporaneo. Piano dell'opera: 1. Roma in Italia 2. L'impero mediterraneo (in due tomi) 3. Il tardoantico (in due tomi) 4. Caratteri e morfologie Le caratteristiche dell'opera: - 4 volumi in 6 tomi di complessive 4500 pagine circa - 600 illustrazioni in bianco e nero e a colori, raccolte per saggi iconografici d'autore - ogni volume è corredato dall'indice delle fonti, dei nomi e dei luoghi. A ottobre in libreria.
PICCOLOMANIFESTODEI COMUNISTI (SENZA CLASSEESENZA PARTITO} Elsa Morante Ritrovato da Carlo Cecchi e Cesare Garbo/i tra le carte della Morante, questo testo aveva una precedente stesura, poi rielaborata, compresa in una lettera non spedita, scritta presumibilmente attorno alla Pasqua del '70 o '71. Essa iniziava così: "Caro Goffredo da parte dell'amico nostro Bellarmino ti mando questo" e così terminava: "Firmato: Un commensale contenuto nel Dizionario e contenente il Dizionario nell'imminenza del Ta-ta-ta". Elsa Morante si riferiva al romanzo di Ramon Pérez de Ayala Bellarmino e Apollonio, di recente ristampato dalla Sansoni, da me fattole leggere, il cui protagonista è un ciabattino filosofo che sintetizza la sua "visione del mondo" nella affermazione: "Chi mangia sta di fronte al Dizionario nel parapiglia fino al Ta-ta-ta". (Goffredo Fofi) 1. Un mostro percorre il mondo: la falsa rivoluzione. 2. La specie umana si distingue da quella degli altri viventi per due qualità precipue. L'una costituisce il disonore dell'uomo; l'altra, l'onore dell'uomo. 3. Il disonore dell'uomo è il Potere. Il quale si configura immediatamente nella società umana, universalmente e da sempre fondata e fissa sul binomio: padroni e servi - sfruttati e sfruttatori. 4. L'onore dell'uomo è la libertà dello spirito. E non occorrerebbe precisare che qui la parola spirito (non foss'altro che sulla base delle scienze attuali) non significa quell'ente metafisico-etereo (e alquanto sospetto) inteso dagli "spiritualisti" e dalle comari; ma anzi la realtà integra, propria e naturale dell'uomo. · Questa libertà dello spirito si manifesta in infiniti e diversi modi, che tutti significano la· stessa unità, senza gerarchie di valori. Esempio: la bellezza e l'etica sono tutt'uno. Nessuna cosa può essere bella se è un'espressione della servitù dello spirito, ossia un'affermazione del Potere. E viceversa. Così per esempio il Discorso su.Ilamontagna, o i Dialoghi di Platone, o il Manifesto di Marx-Engels, o i Saggi di Einstein sono belli; allo stesso modo che sono morali l'Iliade di Omero, o gli Autoritratti di Rembrandt, o le Madonne di Bellini, o le poesie di Rimbaud. Difatti tutte queste opere (né più né meno delle tante possibili azioni che le equivalgono) sono tutte, in se stesse, affermazioni della libertà dello spirito, e di conseguenza, qualunque siano le contingenze storiche e sociali nelle quali vengono a esprimersi, esse non sono determinate essenzialmente da nessuna classe e appartengono DISCUSSIONE/MORANTE finalmente a tutte le classi. Giacché per definizione esse negano il Potere, di cui la divisione degli uomini in•classi è una delle tante presunzioni aberranti. 5. In quanto ori.oredell'uomo, per definizione la libertà dello spirito sia come espressione che come godimento, è dovuta a tutti gli uomini. Ogni uomo ha il diritto e il dovere di esigere per sé e per tutti gli altri la libertà dello spirito. 6. Tale esigenza universale non può essere attuata finché esiste il Potere. Difatti è evidente che essa è negata in principio sia allo sfruttato che allo sfruttatore, sia al padrone che al servo. 7. Ne deriva l'assoluta necessità della rivoluzione, che deve liberare tutti gli uomini dal Potere affinché il loro spirito sia libero. Il solo fine della rivoluzione è di liberare lo spirito degli uomini, attraverso l'abolizione totale e definitiva del Potere. 8. Per una legge inevitabile (e sempre confermata dai fatti) è impossibile arrivare alla libertà comune dello spirito attraverso il suo contrario. La rivoluzione, per attuare il proprio fine di liberazione, deve porselo anzitutto come inizio e principio. Chiunque schiavizza il proprio e l'altrui spirito con la promes~ sa di una liberazione "mistica" e postrema è lui stesso uno schiavo, e in più un truffatore e uno sfruttatore. Né più né meno dei Gesuiti e controriformisti - di Maometto che mandava i suoi "fedeli" a distruggersi in vista del "Paradiso" delle Urì - di Hitler e Mussolini che sterminavano le nazioni in vista delle "glorie nazionali" - di Stalin che castrava e martirizzava i popoli in vista del "bene del popolo" ecc.ecc.ecc. 9. Una rivoluzione che ribadisce il Potere è una falsarivoluzione. Nessun proletariato (né più né meno che se fosse . una monarchia, o aristocrazia, o teocrazia, o borghesia, o via dicendo) potrà mai attribuirsi o attuare la rivoluzione, se non ha lo spirito libero dai germi del Potere. Nessuno infatti può comunicare agli altri quello che non ha, e non si può presumere di far crescere la guarigione coi semi della peste. 10. In una società fondata sul Potere (come TUTTE le società finora esistite e oggi esistenti) un rivoluzionario non può fare altro che porsi (foss'anche solo) contro il Potere, affermando (coi mezzi e dentro i limiti personali, naturali e storici che gli sono concessi) la libertà dello spirito dovuta a tutti e a ciascuno. E questo, è suo diritto e doverè di farlo a qualunque costo: anche, in ultima istanza, a costo di creparci. È quanto hanno fatto Cristo, Socrate, Giovanna D' Arco, Mozart, Cechov, Giordano Bruno, Simone Weil, Marx, Che Guevara, ecc. ecc. ecc. È quanto fa un bracciante che si rifiuta a un sopruso, un ragazzino che si nega a un insegnamento degradato, un insegnante idem, un fabbro che fabbrica un chiodo quadripunte contro gli automezzi nazisti, 3
un operaio che sciopera per opporsi allo sfruttamento, ecc. ecc. ecc. Simili opere, o azioni, nell'affermare, ciascuna coi propri mezzi, la libertà dello spirito contro il disonore dell'uomo, sono tutte allo stesso titolo belle e morali. E per definizione, esse non sono distinziorie e proprietà di una classe, ma dell'uomo assolutamente in quanto tale, secondo quanto è affermato ai paragrafi 2 e 4. 11. Se in nome della rivoluzione si riafferma il potere, questo significa che la rivoluzione era falsa, o è già tradita. 12. Qualunque rivoluzionario (foss'anche Marx o Cristo) che si riadatti al Potere (o assumendolo, o amministrandolo, o subendolo) da quel momento stesso cessa di essere un rivoluzionario, e diventa uno schiavo e un traditore. I 3. Supponiamo adesso un individuo solo, davanti a un fabbricato in preda a un incendio. Attraverso una finestra aperta (unico adito accessibile, anche se rischioso) l'individuo scorge un bambino solo, che sta per essere investito dalle fiamme. L'uomo penetra nel vano e a proprio rischio salva il bambino. E sarebbe evidentemente un pazzo criminale, chi lo accusasse di avere commesso un atto antisociale e ingiusto, perché, nell'impossibilità di salvare gli altri abitanti del fabbricato, non ha lasciato bruciare vivo anche quest'unico bambino. L'uomo che (c.s. coi mezzi e dentro i limiti personali, naturali e storici che gli sono concessi) afferma la liber-· tà dello spirito contro il Potere, e dunque anche co11tro le false rivoluzioni, compie la vera Lunga Marcia, anche serimane chiuso tutta la sua vita dentro un carcere. Questo ha fatto Gramsci. In mancanza di compagni o di seguaci, di ascoltatori o di spettatori, lo spirito libero è tenuto alla sua lunga marcia lo stesso, anche solo di fronte a se stesso e dunque a Dio. Niente va perduto (v. il granello di senape e il pizzico di lievito); e in conseguenza, chiunque schiavizza, sotto qualsiasi pretesto, il proprio spirito, si fa agente con questo del disonore dell'uomo. Doppiamente disgraziato è chi si adopera a diffondere il contagio fra gli altri e tanto più miserabile se lo fa in vista o per il gusto di un proprio potere personale. Servirsi a fini di potere degli sfruttati (anche solo del loro nome) è la peggiore forma di sfruttamento possibile. Peggio per chi lo fa a proprio beneficio personale. Proclamare il proprio amore per gli operai può riuscire un comodo alibi per chi non ama nessun operaio, e nessun uomo. Una folla consapevole che afferma la libertà dello spirito è uno spettacolo sublime. E una folla accecata che esalta il Po,tere è uno spettacolo osceno: chi si rende responsabile di una simile oscenità farebbe meglio a impiccarsi. DISCUSSIONE/• • • CHETEMPISONOQUESTI'? È una domanda legittima e sta giustamente diventando ansiosa, quella di chi vuol capire o chiarire la situazione presente, il momento o - come si sarebbe detto - "la fase che stiamo attraversando''. A questo scopo non bastano i dati e le classifiche sull'Italia del Rinascimento Economico, la stabilità governativa frutto del concorso di tutte le pacificate forze politiche, e giù a scendere nei dettagli statistici dei consumi, dei risparmi, degli incidenti, delle malattie incurabili, ecc. Non bastano le sovrabbondanti informazioni quotidiane che i mass media, come i centri di ricerca, gli enti di sviluppo, le banche-dati e le banche semplici vanno incessantemente raccogliendo e producendo sull'oggi. Bisogna anche chiarire qualcosa di ieri, di un passato prossimo che si è dichiarato sorpassato e che si vuole dimenticare, ma che ha lasciato mille ingombranti e indigeste domande su altrettante zone oscure, su altrettanti problemi irrisolti, tutti di capitale importanza per ben comprendere e collocare questo radioso periodo di storia patria. E fra le tante, chissà perché, è venuta fuori questa: "Chi ha ucciso, sedici anni fa, il commissario Calabresi?" Lenta, ma inesorabile, la macchina della giustizia ha colpito ancora. Per la quarta volta, se non andiamo errati. Quattro ex-compagni di Lotta Continua sono stati arrestati, due dirigenti e due militanti di base. Naturalmente i primi due come "mandanti" e i secondi come "sicari". Uno di questi è il "pentito", che ha accusato se stesso e gli altri. Naturalmente era l'autista e non l'esecutore. Naturalmente era quello socialmente più sfortunato: ieri avremmo aetto "proletar.io". Certamente a così grande distanza di tempo non ci si può stupire se le prove non sono oggettive e schiaccianti. Come non fa meraviglia che la stessa durata giovi a trasformare il pentimento in calvario, e spieghi l'ostinazione delle convinzioni degli inquirenti, che finalmente si è autorizzati a immaginare come al termine di uno spossante e meticoloso lavoro pluriennale. Non è vero dunque che il tempo giochi a favore degli imputati, e non valgono allora le minacce di Scalfari - per citare l'esempio più illustre e arrogante-, che ha già avvertito i sudditi della Repubblica di non tirare in ballo la scusa degli anni che sono passati. Eppure, a dispetto di tanto giornalista, a cui va almeno riconosciuto il valore e la coerenza nella nobile battaglia in difesa dei classici Beatles contro la vana pretenziosità di musiche più attuali, il tempo è passato davvero. Ma i tempi - quelli tradizionalmente al plurale - sono cambiati? A giudicare dalla stampa e dalla televisione, dagli attentati in Alto Adige, dalla' lotta alla Mafia e nell'Antimafia, dai cento altri possibili esempi di una preoccupante stagnazione, non sembrerebbe. Anche a voler tacere dei problemi del lavoro e della disoccupazione, della scuola, della casa e della salute, perfino peggiorati da quando hanno cessato di essere sbandierati gli striscioni dei cortei gruppettari e non. 5
DISCUSSIONE/MANCONI Forse è solo la lotta che non continua, perché, se i tempi non sono cambiati, sono cambiate le persone. Siamo cambiati, per esempio, noi. Certo sul cambiamento si vanno costruendo distorsioni allarmanti. Non sempre comunque lo si può fraintendere per pentimento o dissociazione, malgrado faccia comodo e fac, eia moda. Così la corresponsabilità, che anche noi vogliamo dichiarare circa i gesti, il senso e le scelte di Lotta Continua, non vale come concorso di colpa. Gli orrori, le colpe, i drammi politici ed umani che nel nome o all'interno di un'organizzazione come LC si sono verificati, ci hanno riguardato e ci riguardano - di più e_al di sopra delle azioni, riflessioni e impegni ancora condivisibili e comunque meritevoli -. oggi come ieri, responsabili e consapevoli della nostra piccola storia e delle sue grandi idee. Sia l'una che le altre cambiano e cambieranno - proprio come avveniva ieri-,- attraverso l'arricchimento della conoscenza, la discussione e la critica, il processo ininterrotto della persuasione. La responsabilità invece resta, ma· neanche essa è immutabile e immobile, dal momento che si è costretti ad ampliarla e a rinnovarla ogni volta. . È proprio questo senso di responsabilità il motore silenzioso ma ineludibile del cambiamento delle coscienze. Ancora una volta siamo dunque cambiati e, di fronte all'arresto degli ex-compagni di LC, non abbiamo più la fantasia e l'ingen_uità - sacrosante - di costruire nuove interpretazioni e macchinose analisi sulle motivazioni- e gli ~biettivi di quel magistrato, di quel carabiniere, di quel pentito, ovvero di tutta la magistratura, delle forze dell'ordine e delle confraternite di penitenti. Ma ricordiamo quei tempi, forse diversi ma certamente non "superati" come si vorrebbe, in cui la violenza della repressione, delle stragi, dei fascisti e della polizia, i complotti dei servizi segreti, dei corpi separati, dei colpi di stato veri e presunti, striscianti o falliti, ci costringevano a contare i morti ~ i feriti, e a cercare di esorcizzarli dividendoli perlomeno m due schiere. A quei tempi Pinelli era dei "nostri" e Calabresi era dei ''loro''. . Questo lo possiamo testimoniare senza vergogna e senza npensamenti, con il pieno senso di una responsabilità che continua. Né ci interessa o ci sembra positivo svalutare adesso quella posizione al ruolo di un sentimento o svilire al livello d! un gioco diyassioni infantili quella che'era una responsabile quanto disperante convinzione: Anche perché, come la responsa?ilità, continua anche la disperazione, in.tempi come qu~l~1_e~o~e _questi, in cui la protervia, la stupidità, la mesc_hm_1ta,11c1ms_mo_sono i veleni di cui sono impregnate le az~o_me le relaz10m del potere, a qualunque livello lo si eserc1t1. Le azioni e le relazioni, però, più delle persone. Questa è almeno la nostra - immutata - speranza. I redattori che hanno fatto parte in passato di Lotta continua 6 COS1i POLITICA Luigi Manconi Questo di Carlo Donolo e Franco Fichera è un libro importante e, soprattutto, un importante libro politico (Le vie dell'innovazione. Forme e limiti della razionalitàpolitica, Feltrinelli 1988, lire 40.000, con contributi di Mimmo Carrieri Pier Luigi Crosta, Ota De Leonardis, Gabriella Turnaturi)'. Forse così non risulterà - in prima istanza - nella percezione dei lettori: il suo apparato metodologico, il s~o linguaggio complesso (e, tuttavia, spesso originale), la ricchezza della bibliografia utilizzata ne fanno un testo di scienze sociali estremamente colto. Eppure - ripeto - questo- è un libro politico, politicissimo. Vent'anni fa, Carlo Donolo, allora trentenne, scrisse un testo fondamentale: La politica ridefinita (in "Quarderni Piacentini" n. 33); e La politica ridefinita 2 o Bis sarebbe potuto essere il titolo di questo libro (al posto di quel Le vie dell'innovazione che, certo, bello non è) .. La politica ridefinita fu pubblicata nel luglio 1968 e fu · scritto, evidentemente, qualche mese prima. Dunque, nella primavera dell' "anno degli studenti", già Donolo aveva individuato alcuni profondi mutamenti in corso nella sfera dèlla politica. Non tanto nella politica intesa come attività militante; sì, anche qualcosa a proposito di ciò che, poi, sarebbe stato chiamato, stucchevolmente, "nuovo modo di fare politica", ma non essenzialmente di questo si trattava (pure se lì troviamo scritto, ed era - insisto - il luglio '68: "il nuovo militante si distingue anche dal rivoluzionario di profes"- sione, in quanto la plausibilità del suo discorso deriva dall'essere nel sistema, cioè di ricoprire un ruolo specifico - studente, insegnante, professionista, ecc. - e di non essere 'intelligenza rivoluzionaria sradicata'. Si deve infatti evitare l'ipostatizzazione del ruolo di rivoluzionario che produce una nuova divisione del lavoro politico ... "). La politica che lì si intendeva "ridefinire" richiamava innanzitutto, la natura e la toponomastica del potere: ovve: ro (~analisi degli attori del conflitto, delle poste in gioco, delle sedi dove si misurano i rapporti di forza: oltre, dunque, le due contrapposizioni classiche (quella tra capitale e lavoro e quella tra chi comanda e chi ubbidisce). Donolo partiva, allora, dalla constatazione che "il sistema sociale stesso definisce in complesso quel che deve essere considerato politico, garantendo la neutralità o irrilevanZ:a politica di questioni che in realtà sono sostanzialmente politiche, non semplicemente amministrative o settoriali( ... ). La depoliticizzazione della realtà non tocca soltanto, come credono gli scienziati politici, il disinteresse politico dei cittadini, l'apatia politica, ma qualcosa di più immanente al sistema: l'immagine della società". Analoga, e rimeditata, intuizione sembra guidare, a distanza di vent'anni, questo lavoro di Donolo e Fichera. li cuore del loro ragionamento e, insieme della loro teoria e della loro ?pzione politica può essere riassunto nei termini seguenti:
DISCUSSIONE/MANCONI "I limiti della politica stanno là dove sono le fonti della sua legittimazione: coscienze individuali, identità, bisogni, aspirazioni, saperi, legami sociali appena visibili, ecologia, immaginari e virtualizzazioni. · C'è democrazia quando la politica sa lavorare insieme a queste componenti irriducibili del mutamento". "( ... )la politica non dispone più di un governo diretto di molte materie (e questo ben oltre i limiti costituiti dall'assetto capitalistico), e in particolare viene a contatto con molte materie - e vi trova un limite - che essa stessa ha coprodotto con la serie storica dei suoi interventi di gestione e politicizzazione;( ... ) ogni attore è anche una pluralità di istanze (che possono a loro volta farsi attori) mentre il sistema, quasi sempre frammentario o sconnesso, non ha comunque basi unificanti intuitive, né per legittimazione né per funzioni. La sua unitarietà è prodotta dalle continue interazioni degli elementi costitutivi, che ovviamente non .solo sono gli attori, e delle strutture di comunicazione che li legano (linguaggi, media generalizzati, culture, frames, riti e miti, codici), e comunque non è in grado (e sarebbe forse rischioso per la democrazia in forma matura se lo facesse) di andare oltre una struttura 'allentata'. Questa poi non solo costituisce in senso proprio il pluralismo (non meramente sociale o ideologico) della democrazia, ma è l'unica concepibile forma organizzativa per una democrazia. Ciò costituisce indubbiamente un limite alla potenza della democrazia come regime (e certamente in senso decisionale o di governo forte) e talora un handicap frustrante rispetto all'urgenza di crisi o esigenze. Tuttavia, in una considerazione meno contingente, è proprio in questa costituzione relativamente confusa e allentata che la democrazia attinge continuamente le risorse per far fronte ai compiti correnti e, co·ntro le aspettative di molti pessimisti, anche . la ricarica per accollarsi talora compiti straordinari; (... ) la politica e le innovazioni hanno di fronte o stanno immerse in un contesto in cui vigono, molto dinamicamente, limiti per la politica (che richiedono un suo incremento di intelligenza), materie renitenti alla politica e all'amministrazione e miscele di sociale e politico, di dati sociali e interventi amministrativi, che spesso risultano ostici e ostili a ogni trasformazione. Rispetto a questi dati la politica è tenuta, nel quadro di una democrazia matura, a cercare di intendere quei limiti o quei vincoli come chance, a giocare d'astuzia con una complessità che non può essere ridotta". Non si tratta di una petizione di principio, né di una ulteriore teoria politica "minimalista": semmai di un serio tentativo di formulare nuove regole e nuove divisioni dei poteri, delle sedi e delle competenze in presenza di un sommovimento (o logoramento o smarrimento) della società civile e del suo sistema di rapporti con gli enti, gli strumenti e le questioni della politica; un sommovimento (o logoramento o smarrimento) tale da reclamare forme originali di aggregazione e di comunicazione tra gli individui e le associazioni: forme originali che rispettino quei "limiti". Per la politica non si tratta di "una indicazione astratta perché avviene già . correntemente; il punto è di( ... ) fare, lasciare fare o non fare quanto di volta in volta è necessario per reggere il limite e non subirlo". La politica "vi può riuscire quando sa che non è sola in questo compito, ma che a esso possono concorrere altre risorse disponibili in una società modernizzata e che ancor più lo diviene. Solo con questo appello o rinvio ad altro, la politica del resto mostra di restare degna di continuare a essere considerata un'arte o una funzione nobile legata all'evoluzione di molte razionalità e a prospettive meno idiosincratiche di quelle dei singoli attori. I limiti della politica stanno là dove sono le fonti della sua legittimazione: coscienze individuali, identità, bisogni, aspirazioni, saperi, legami sociali appena visibili, ecologia, immaginari e virtualizzazioni. C'è democrazia quando la politica sa lavorare insieme a queste componenti irriducibili del· mutamento''. Ecco, credo che questo insieme di notazioni contribuisca in modo decisivo a formulare una idea di politica - appunto nel triplice significato di attività collettiva volta al mutamento, di interferenza attiva e produttiva con i meccanismi dell'amministrazione e della decisiqne e di ricorso ad "altre risorse, disponibili nella società modernizzata" -: un'idea di politica, dicevo, che può essere condivisa ..Condivisa da chi ha fatto politica e oggi non la fa più; da chi ne ha uggia od orrore ma sa che, in ogni caso, essa governa (in misura variabile) le nostre vite; da chi ha fatto il percorso dalla politica come bene superfluo alla politica come mezzo strettamente necessario: aall'abuso di ima risorsa affluente all'austerità nel ricorrervi in tempi di penuria. E ancora: condivisa, quell'idea di politica, da chi crede nella politicità della propria condizione sociale e professionale e reputa intelligente (e dignitoso) non esserle subalterno; da chi oscilla (e vuole continuare a farlo, senza schizofrenia e magari con allegrezza) tra movimento e istituzione, tra associazion.e e rappresentanza, tra soggettività e mediazione. In altre parole, da chi - perché vuole "limitare il disonore" (Bellocchio) e/o perché crede nella "miglioria" (Donolo e Fichera) - si dichiara "disponibile" a rendere "in qualche modo civile( ... ) la produzione e la distribuzione della ricc_hezza. Non solo quella monetaria ma calcolando anche l'intelligenza sociale continuamente riprodotta''. Di cosa stiamo parlando? Quali sono le "materie" in oggetto? Questa, per esempio: "l'abbattimento di barriere architettoniche può essere ed è, insieme, una domanda di un gruppo svantaggiato, una esige·nzasocialmente sentita, un impegno morale per un individuo o un gruppo, l'articolazione di un principio etico e normativq, un punto sull'agenda di un attore politico o di un ufficio amministrativo, l'attuazione di uno standard magari richiesto da norme concordate a livello internazionale; o può anche essere letto quale indicatore di come in una data cultura e società si è capaci di adattare al caso concreto 'valori' condivisi, che rendono possibile la coesione e l'ordine sociale, e insieme lo rendono riconoscibile e accettabile ai suoi membri". Attenzione: in questo scorcio degli anni '80, una simile affermazione è, in apparenza, largamente accolta; e nessuno (nessuno che abbia fatto della politica un mestiere full ti-- me o part time) vorrà disconoscere la crucialità e politicità di quella materia (nella fattispecie: l'abbattimento delle barriere architettoniche) o vorrà espungerla dalla propria agenda, ma ... Ma ci si dirà che: a) la gerarchia degli obiettivi impone prima le riforme "di struttura" (riforma istituzionale, riforma del governo dell'economia, riforma degli ap7
DISCUSSIONE/SOKOLOWICZ parati amministrativi ... ); oppure che: b) l'abbattimento delle barriere architettoniche "discende" dalle riforme "di struttura". Dunque, come sempre quando si giunge a passaggi decisivi, la questione della politica è, essenzialmente, questione di tempo: e la collocazione in calendario (quando? in quale ordine gerarchico?) dell'obiettivo definito "abbattimento delle barriere architettoniche" è ciò che consente di individuare amici e avversari. Dovrebbe essere chiaro che quanto detto è altra cosa dalla linea "state cheti, se potete" che va da don Bosco a un certo migliorismo liberal-comunista. In altre parole, fare ordinatamente una fila all'anagrafe è, senza dubbio, un'azione "rivoluzionaria" nelle condizioni date, ma a una condizione: che si sappia quanto costa. E non in termini di bon ton: bensì in termini di lotta politica, senza esclusioni di colpi, per una diversa razionalità nella pubblica amministrazione. Insomma, il fatto che dall'orizzonte della politica siano scomparse la rivoluzione e l'appropriazione violenta del potere non è sufficiente a togliere tragicità alla sfera dell'azione pubblica: e il fatto che la posta in gioco sia quella fila all'anagrafe e non il "potere operaio in fabbrica" (che pure resta questione decisiva) non riduce la lacerazione che il "conflitto per la fila" comporta. Fare ordinatamente quella fila e, tendenzialmente, ridurre il tempo di lavoro da essa richiesto non è "più facile" della rivoluzione socialista: se abbiamo capito qualcosa di cos'è politica.e cos'è potere nelle società del post-welfare, constateremo - e non paradossalmente - che è ''più difficile''. Ma, con ogni probabilità, più produttivo: più remunerativo in termini di incentivi economici e morali da distribuire equamente tra i cittadini. E, dunque, più gratificante e addirittura più bello. NOTIZIEDALCILE Joaqu(n Sokolowicz Santiago, 31 luglio 1988 Tutto daccapo, per l'opposizione, dopo quindici anni di dittatura e mentre Pinochet si accinge a proclamarsi successore di se stesso per altri otto. Quale che sia il risultato nelle urne, ammesso e non concesso che il dittatore sia disposto a riconoscere qualcosa di diverso dalla propria riconferma alla testa dello Stato, la lotta contro il regime è entrata in una nuova fase. "È un'ingenuità dell'opposizione immaginare di poter vincere il referendum", ha detto il professore Marcelo Mancilla, un ex democristiano che da dieci anni insegna Scienze politiche ali' Accademia Militare di Santiago. Tuttavia, la compattezza insolita raggiunta in questi ultimi mesi dalla maggioranza dello schieramento antigovernativo, sia pure attorno a obiettivi limitati, prospetta un rilancio delle battaglie politiche su basi più solide, dopo che a lungo i contrasti 8 Foto di Christopher Morris (Black Star/Grazia Neri). fra i partiti e all'interno di ciascuno di essi sulla strategia da seguire hanno favorito la paralizzante sensazione che "la guerra fosse finita''. Non che gli ostacoli sulla via verso la svolta saranno facilmente superabili nel prossimo futuro, ma l'alleanza di 16 partiti impegnati oggi nella campagna per il "No" da opporre all'unico candidato ammesso dai meccanismi del regime, appunto il generale-presidente, può diventare un fattore di pressione effettiva dentro il Cile e sul piano internazionale. Pressione per non darla definitivamente vinta al dittatore dopo che avrà formalizzato - com'è prevedibile - la sua decisione di permanere installato al Palazzo delìa Moneda almeno fino al 1997. Copre quasi l'intero spettro politico che va dal centrodestra alla sinistra, questo fronte: dai democristiani - ora guidati dalla destra interna di Patricio Aylwin - ai diversi raggruppamenti della frammentata famiglia socialista, dai repubblicani ai radicali, ai socialdemocratici, i cattolici di sinistra, una parte dei comunisti. Polemizzano i dirigenti del PC contrari a tale scelta: "Accettare la legalità della dittatura vuol dire aiutarla a perpetuarsi al potere". Sostiene invece il segretario della Conferenza episcopale, Monsignor Sergio Contreras: "Una possibilità di via d'uscita è meglio di niente". Significa accettare le regole del giocò imposte da Pinoch~t, infatti, la partecipazione al voto con il previo appello ai cileni perché si rechino negli uffici governativi ad iscriversi nei nuovi registri elettorali, mentre restano in vigore lo "stato di emergenza" proclamato con il colpo di stato del 1973 e il divieto al rientro per moltissimi esuli. È che non ci sono alternative plausibili nell'offensiva contro il regime, salvo la lotta. armata. A questo ricorso, però, si oppone la grande maggioranza delle forze politiche, anche perché il rischio di una situazione incontrollabile allontanerebbe anziché avvicinare la possibilità di un appoggio americano agli sforzi tendenti a una. "transizione". Inoltre, il rifiuto a forme radicali di resistenza è una èarta usata per negoziare con le formazioni della destra politica, che da parte loro sono travagliate da preoccupazioni per l'eventualità di controproducenti scosse rivoluzionarie provocate prima o poi dal prolungato accentramento del sistema sul potere di un uomo. Finora, "giornate di protesta" e scioperi contro la dittatura hanno lasciato le cose come stavano, mentre in Italia telespettatori e lettori di giornali si domandano come mai il regime di Santiago non sia stato ancora sommerso dalle successive valanghe di opposizione che ci vengono riferite. Una logica giornalistica aberrante trasmette spesso un'informazione incompleta, quindi faziosa, che impedisce di captare quella che è la realtà: cronisti di sinistra che intendono l'impegno come un dovere di sistematica diffusione di ottimismo quanto alla prossimità di una vittoria popolare anche se sulla base di fatti scarsamente rilevanti - forse per far piacere al proprio referente politico? -, oppure coloro che in effetti fanno i portavoce della DC nostrana e internazionale, disinformano. Il loro lavoro è anche controproducente ai fini di un sostegno esterno alla lotta dei cileni per la libertà, che necessita di una comprensione delle cose così come realmen-
te sono per rendere efficace ogni intervento. Augusto Pinochet Ugarte, il generale che rovesciò il governo eletto di Salvador Allende e soffocò la resistenza in un bagno di sangue, sta vincendo al momento la sua guerra per rimanere al potere vita natural durante, come riuscì allo spagnolo Franco. Con una repressione brutale, ma anche con una grande abilità. Sostenuto dall'esercito, più numeroso delle altre forze armate messe insieme, nel quale ha sempre tenuto per sé il comando in capo e dove gli alti ufficiali gli sono debitori di promozioni e privilegi economici, il dittatore ha cambiato il paese. Quindi, costretto gli oppositori alla ricerca di piattaforme e metodi per una realtà diversa da quella affrontata dalla politica tradizionale. Gli esuli che rientrano avvalendosi delle autorizzazioni concesse a piccole dosi in questi ultimi anni - il regime sfrutta le debolezze umane provocate dalla lontananza per consolidare lo stato di fatto - stentano a riconoscere il Cile: consumismo un tempo sconosciuto, scuola e altri servizi pubblici privatizzati o divisi tra amministrazioni locali con differenti capacità finanziarie e criteri di sviluppo, pro,liferazione dei lavori precari fra i tanti disoccupati, presenza di sette religiose di provenienza nordamericana. Sono stati diversificati interessi, scopi, all'interno di categorie e settori. Pinochet ha ultimamente superato la congiuntura economica che nei primi anni '80 gli aveva alienato le simpatie dei ceti medio-alti. Lasciato alle spalle l'oltranzismo liberista dell'équipe dei "Chicago boys", che con l'apertura all'import selvaggio distrusse buona parte dell'industria cilena, il generale gestisce l'economia con il pragmatismo spicciolo di chi guida una piccola azienda. L'anno scorso il paese ha avuto una crescita del prodotto nazionale (5,4%), ha incrementato le esportazioni e contenuto il tasso DISCUSSIONE/SOKOLOWICZ d'inflazione in modo brillante al confronto del resto dell' America Latina (20%). Il governo riesce regolarmente a far fronte agli impegni finanziari del debito estero e perciò non solo continua a ottenere crediti di banche amiche in diversi paesi ma da alcuni mesi trova anche qualche imprenditore straniero interessato a investire in Cile. La gente di classe media si ritrova fra le mani quattrini che fino a un paio d'anni fa non circolavano. Certo, tutto il peso della politica economica grava sulla maggioranza del popolo, ceti bassi ancora più poveri di prima, lavoratori disoccupati o suboccupati dopo la chiusura di fabbriche e miniere, abitanti .delle baracche nelle poblaciones alla periferia delle grandi città e degli ancora più precari campamentos - un dramma nel dramma - piantati su terreni demaniali da chi in quelle non ha trovato più spazio. A Pinochet importa poco della miseria e la denutrizione, finché riesce a tenere a bada le vittime con il terrore. I cayamperos (dal termine gergale cileno cayampas, funghi), appunto quelli che riempiono baraccopoli e accampamenti, circondano le aree urbane. Nessuno della città si avventura dopo il tramonto in uscite verso quegli agglomerati che a catena si stringono tutt'attorno. È l'assedio di un sottoproletariato infetto da focolai di delinquenza e prostituzione, che sfocia in gesti violenti a ogni appello dei partiti a manifestare contro le autorità. I fautori del ricorso allearmi e agli esplosivi per combattere la dittatura vorrebbero incanalare la violenza latente fra queste decine di migliaia di poveri verso scopi politici. D'altronde, gli attentati e sabotaggi del Fronte Patriottico Manuel Rodrìguez (emanazione del PC) e del Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (MIR) sono giustificati dall'inutilità degli sforzi fatti finora per ottenere un cambiamento con le buone maniere. Solo che la prospettiva di una guerra civile, per di più combattuta dalla 9
DISCUSSIONE/SOKOLOWICZ parte del popolo con una conduzione marxista, provoca in campo antigovernativo il rifiuto di tutti gli altri, che anzi usano lo spauracchio di uno scontro cruento a fini di persuasione dei sostenitori del dittatore perché favoriscano opzioni moderate finché sono possibili. Gli Stati Uniti, che nei primi anni della presidenza Reagan abbandonarono le remore della precedente politica di Carter per appoggiare senza restrizioni il governo cileno, sono ultimamente preoccupati della possibilità di svolte antiamericane come reazione conseguente al prolungamento della dittatura. "Sono preoccupati più che altro dei rischi di perdere ogni controllo sulla situazione interna del Cile'', dice J acques Chonchol, padre della riforma agraria che fu annullata da Pinochet appena insediatosi al potere ed uno degli esuli a cui il ritorno in patria è tuttora vietato tassativamente. Fino a pochi mesi fa sembravano avere possibilità di successo i contatti dell'ambasciatore americano a Santiago, Barnes, tendenti ad avviare una transizione morbida, cioè a lasdare in vita il regime senza più il suo fondatore per un periodo durante il quale si sarebbe preparata la normalizzazione istituzionale da affidare poi a una guida politica gradita a Washington. Uno a uno, si dichiararono favorevoli alla candidatura di un civile per il prossimo referendum coloro ai quali spettava la designazione, i tre capi delle forze armate che assieme a Pinochet costituiscono la Giunta militare: l'ammiraglio Merino, il generale d'aviazione Matthei e il generale dei Carabineros (forza di polizia) Stange. Quest'ultimo arrivò ad annunciare il ritiro della propria Arma dal CNI, l'organo che gestisce la repressione politica. Da parte sua; la Chiesa cattolica cilena assunse la posizione di quei vescovi che la spingono verso un sostegno alle battaglie per la democrazia e sollecitò in un documento pubblico l'abrogaziop.e delle norme elettorali varate dalle autorità; di solito è piuttosto nella denuncia delle violazioni dei diritti umanj che si ritrova unito l'episcopato, il che è pur sempre un contributo all'opposizione. (Una parola, a questo punto, sulla visita compiuta l'anno scorso in Cile dal Papa. I cattolici di sinistra e in generale gli oppositori al regime in quel paese ne furono entusiasti. Davanti a una. società che vive fsolata dal resto del mondo e viene sistematicamente sollecitata dall'alto a credere che il suo governo sia fra i pochi sani esistenti, davanti a settori convinti che Pinochet sia il paladino della difesa del cattolicesimo, per la prima volta gli schermi televisivi hanno trasmesso la verità sui crimini e soprusi quotidiani nella protesta di cayamperos e disoccupati. Per la prima volta, anche, sono entrate in ogni casa le scene di spari e bastonate contro pacifici spettatori di una cerimonia pubblica - nientemeno che davanti al venerato ospite, nel Parco O'Higgins. Certo, l'astuto dittatore fece trovare al Papa una platea di simpatizzanti governativi predisposta sotto il balcone del Palazzo della Moneda (dove ogni capo di gtato è tenuto dal protocollo a recarsi) e lo condusse a visitare la sua cappella privata, dopo che il Vaticano aveva rifiutato la richiesta di Santiago di un ufficio religioso in quel luogo da parte del visitatore. Tutto, 10 alla presenza di fotografi pronti a scattare. Le critiche al capo della Chiesa alla vista di quelle immagini sono state espresse in Italia più che altrove. Ora, non si tratta di giudicare iniziative o atteggiamenti di Papa Wojtyla ma, semplicemente, di riferire fatti: tali critiche non sono state condivise dall'opposizione cilena.) Falliti i tentativi dell'ambasciatore Barnes, o forse interrotti per le pressioni su Washington di quei gruppi conservatori americani che hanno sempre appoggiato il regime di Santiago, Pinochet è stato anche favorito da diverse circostanze internazionali. A parte i tradizionali buoni rapporti della Gran Bretagna con il Cile, coltivati da Londra anche in questi anni, due govàni democratici hanno paradossalmente dato una mano al dittatore da essi ,ilVVersato:ai confini con il Cile, l'Argentina e il Perù sono preoccupati per la recente scoperta nei loro territori di armi destinate alle organizzazioni clandestine cilene, perché un qualche altro traffico analogo potrebbe anche finire dii:ottato verso gruppi antigovernativi di casa propria; la polizia peruviana collabora adesso con quella cilena nel controllo delle zone di frontiera e, stando a una versione riportata dalla stampa argentina, il presidente Alfonsin a Mosca avrebbe espresso a Gorbaciov la sua inquietudine per l'attività del FPMR, braccio armato del filosovietico PC cileno. A Santiago, Pinochet ha convinto ancora una volta i suoi generali di essere insostituibile. Per dimostrare che la guerra contro il marxismo è tutt'altro che finita e quindi non è il caso di smobilitare, fa insistentemente vedere loro sulla carta geografica del Sudamerica quella che a suo dire sarebbe la minacciata realizzazione della profezia del Che Guevara sulla Cordigliera delle Ande convertita in fulcro di guerriglia continentale: da Nord a Sud, l'Ml9 in Colombia, gruppi armati in Ecuador, Sendero Luminoso e Tupac Amaru in Perù, FPMR e MIR in Cile. I partiti di destra si sono adeguati e hanno ritirato dalla circolazione i diversi nomi di civili che avrebbero potutg aspirare alla candidatura presidenziale. Mentre una campagna martellante pagata con ogni probabilità dalle casse dello Stato esalta le solite cose, "pace" e "stabilità" e "ordine" e via dicendo, il capo del regime ha lasciato la divisa e viaggia in borghese lungo i 5.000 chilometri della striscia territoriale su cui si estende il Cile, stretta fra le Ande e l'Oceano Pacifico. Come ogni governante in cerca di voti, inaugura qualche ponte o un pezzetto di strada, ma soprattutto si esibisce come l'ancora necessario uomo della provvidenza. È perfino riuscito negli ultimi tempi a ricreare un'immagine per sé e per sua moglie agli occhi dei settori più o meno colti: ormai lui non è soltanto il brutale capo militare incapace di sottigliezze, ma un ·presidente con cui i politici devono fare i conti; Dofìa Lucia è a questo punto la prima dama, non più la caricatura sopportata a malincuore dalla destra e l'oggetto di mille barzellette tra gli oppositori. Non è detto che Pinochet sarebbe sconfitto in una consultazione pulita. Pulizia comunque relativa, beninteso: il governo ha pensato nei mesi scorsi a organizzare l'iscrizione
negli uffici elettorali di tutti quelli che vòteranno "Sì" per convinzione o per paura, mentre il fronte del "No" è riusci- .to solo in parte a distribuire tra i più ·poveri i pesos equivalenti ai 2 dollari e mezzo richiesti per acquisire il diritto al voto. Sondaggi indipendenti di qualche settimana fa indica-. vano un 40 per cento d'indecisi, determinanti per l'esito del referendum. Per evitare rischi, in ogni caso, sicuramente il regime avrà predisposto tutto l'occorrente perché gli scrutini gli siano favorevoli. Non dovrebbero essere di troppo impiccio a questo fine gli osservatori internazionali, se le autorità consentiranno il loro ingresso nel paese; il rifiuto a tale presenza straniera voluta dall'opposizione, annunciato di recente dopo un primo comunicato di assenso, non sembra un segno d'inquietudine della spregiudicata dittatura per le possibili difficoltà frapposte alle frodi quanto, piuttosto, un gesto propagandistico verso gli elettori contro le intromissioni di estranei nelle faccende di casa. · Non sono ingenui i partiti alleati contro il candidato unico, come presume il professore degli ufficiali, né s'illudono sull'onestà del tiranno per ammettere una sua sconfitta e convocare le prevìste nuove elezioni con più candidati un anno dopo. Intanto, i cileni hanno ricevuto quotidiani messaggi anti-regime, sia pure attraverso gli spazi ristretti còncessi dal1'autorità; messaggi lanciati da uno schieramento ampio e compatto. Hanno saputo che i sondaggi pronosticavano il successo del "No" nelle principal.i città e che, secondo un'inchiesta, ultimamente Pinochet gode nell'opionione pubblica di meno simpatie che il socialista Ricardo Lagos, un dirigente reso popolare proprio da questa campagna. L'alleanza dei 16 partiti, se poi reggerà, può diventare davvero un fattore condizionante degli sviluppi politici nazionali. Dovrebbe riuscire prima o poi a convertire militari possibilisti, quelli meno compromessi nel terrorismo di Stato, all'idea di scaricare il comandante supremo (oggi i generali temono anche· di fare la fine dei loro amici argentini all'avvento della democrazia nel vicino paese, prima cioè che la giustificazione legale ciel "dovere d'obbedienza" scagionasse oltrefrontiera la maggioranza dei criminali in divisa). Gli oppositori, inoltre, sperano di avere a Washington interlocutori più attenti alle loro ragioni dopo le prossime elezioni americane, in un'ammini- . strazione che sia consapevole delle conseguenze negative per "l'Occidente" di un ,sistema che nel nome dei "valori occidentali" uccide e affama un popolo. Certo, sarebbe auspicabile un'uscita eroica dal dramma cileno. A una rivoluzione puntano in pochi tra i dirigenti opposti al regime. Salvo l'eliminazione fisica del tiranno, se riuscisse un tentativo come quello fallito una volta e nello scombussolamento così provocato si aprissero spazi oggi ine- , sistenti, la strada percorribile è quella dei giochi politici sotto il segno della moderazione e dei traguardi non vicini. Anche per Franco rimane sempre il rimpianto che sia tranquillamente morto nel suo letto. DISCUSSIONE/CIAFALONI MONOPOLI ,Francesco Ciafaloni L'intervista di Cesare Romiti Questi anni alla Fiat (Rizzoli, Milano 1988, L. 25.000) raccolta e curata da Gianpaolo Pansa fa parte della invadente proposta d'immagine dei grandi dell'industria e della finanza italiana. È finito da tempo il periodo del basso profilo o addirittura dell'impresentabilità delle azie'nde. Ci saranno, anzi ci sono senz'altro; in Italia uomini potenti e discreti (detto sul serio, non per dire occulti, che ci sono pure). Certo molti dei potenti hanno deciso in questi anni di presentarcisi esplicitamente e direttamente in ritratti e autoritratti, a stampa e televisivi, debitamente un po' più grandi del vero, come si conviene ai monumenti e alle ombre, alle gigantografie dei politici e ai quadri di battaglie. Né c'è da meravigliarsene nell'epoca dell'immagine e nel paese della controriforma. L'Ingegnere e il Contadino hanno accompagnato o preceduto Cesare Romiti sugli scaffali delle librerie, sulle pagine dei rotocalchi ecc., pèr non parlare dell'Avvocato e di Enrico Cuccia, tacito o taciuto, eminenza grigia per definizione, che a questo punto si riflette però in così tanti specchi da risultare addirittura ossessivo, come Rita Hayworth alla fine della Signora di Shanghai. Sarà la comparsa dell'imprenditore politico, come dice Olson, sarà che l'Italia è diventata pienamente capitalistica, almeno alla superficie del magma di stratificazioni, differenze, dolori, ricchezze, ingiustizie, miserié, ed anche libertà che si porta dentro, ma i capitalisti, quelli di successo, fanno moda e opinione e vogliono il loro posto nella carta stampata. Se così fosse, o fosse solo così, non ci sarebbe nulla da aggiungere e nessuna recensione da scrivere. Ognuno ha diritto di farsi pubblicità come crede, e di raccontare il proprio successo·, dato che nulla ha più successo del successo. I grandi e piccoli capitalisti, i grandi e piccoli dirigenti sono però soggetti politici; amministrano denaro privato e pubblièo; scelgono molto di quel che determina le nostre vite e le loro; contribuiscono a determinare i criteri dell'agire pubblico; trattano autorevolmente con i pubblici poteri e con i partiti e i sindacati. E in democrazia la politica si fa in pubblico; non solo è fisiologico che sia pubblica; ma, fatta salva la sfera della riservatezza privata e aziendale, è obbligatorio che lo sia. Per alcune cose lo impone, e ancor più dovrebbe imporlo, la legge. Per altre cose - il processo con cui i soggetti economici arrivano a prendere decisioni di grande rilievo, gli accordi e disaccordi che ancor più del criterio immediato del guadagno e della perdita muovono le grandi aziende, le convergenze e divergenze di interessi internazionali che coinvolgono territori maggiori di quelli amministrati ,dai modesti poteri, della democrazia rappresentativa - sarebbe molto opportuno che lo fosse. Sarebbe funzione pri- ' maria della stampa, dovere primario dei giornalisti, che lo fosse·. . In questo senso, per questo motivo, libri come quello di 11
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==