Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

DISCUSSIONE/BARENGHI obiettivo è ora di descrivere l'esperienza estetica nel suo complesso, sul duplice piano dell'indagine storica e teorica. A questo ambizioso compito Jauss si accinge forte (come già notava Starobinski presentando un'antologia jaussiana al pubblico francofono) di un'ampiezza d'informazione straordinaria, sia riguardo alla conoscenza dei testi letterari, sia riguardo alle dottrine filosofiche e alle posizioni critiche e metodologiche. Il suo orizzonte di pensiero appare definito, oltre che dalla formazione storico-filologica di romanista, soprattutto dalla fenomenologia, che non a caso ha dibattuto a lungo questioni d'ordine estetico (basti pensare a Geiger): ma importanti sono anche i riferimenti a Gadamer, a Benjamin, alla scuola di Francoforte, allo strutturalismo praghese (oltre a Mukarovsky, Vodicka, a Barthes e a tanti altri, assiduo, in particolare, è in quest'opera il confronto con Aristotele e con Kant della Critica del giudizio). Jauss esordisce con una critica dell'estetica della negatività di Adorno, rivendicando la centralità del piacere o del godimento nell'esperienza estetica. L'analisi del piacere estetico, condotta secondo i modi della semantica storica e della storia dei concetti, approda a una formulazione - godimento di sé nel godimento dell'altro, esperienza di sé nell'esperienza dell'altro - che sottolinea l'intrinseca ambiguità dell'atteggiamento estetico, in bilico fra distanziamento e appropriazione, fra contemplazione e coinvolgimento. La trattazione è dotta e persuasiva. Ma forse non sarebbe stato improprio insistere maggiormente sulla polarità dei termini fra cui l'esperienza estetica· oscilla correlandosi all'esperienza "reale". L'esperienza estetica prende forma attraverso un distacco dal ruolo reale vissuto e attraverso un gioco di identificazione/straniamento rispetto all'altro da sé; di conseguenza può svolgere, in rapporto all'esperienza reale, una funzione - a seconda dei casi - di svelamento (di "rivelazione") o di offuscamento, di orientamento o di disorientamento, di arricchimento e di espansione esistenziale o di dispersione e di sfruttamento parassitario: e così facendo può risultare per il soggetto positiva o negativa, costruttiva o destruente. Naturalmente tutto questo Jauss lo sa benissimo. Ciò che però manca nel suo discorso è un inserimento della categoria di 96 esperienza estetica in quella più complessiva di 'esperienza mentale': che da un lato può mediare utilmente il contrasto con l'esperienza "reale", e dall'altro chiarire il sistema di opposizioni che ne scaturisce. Tale operazione appare indispensabile ad una riflessione letteraria intenta a riscoprire la vocazione estetica della letteratura in un mondo diffusamente "estetizzato" (cioè non abbellito, bensì relativizzato e "distanziato"), dove attività immaginativa ed eventi mentali giocano un ruolo sempre maggiore. Del massimo interesse è l'articolazione dell'esperienza estetica nei tre momenti di poiesis, aisthesis e katharsis, che Jauss riprende e sviluppa dalla Piccola apologia del 1972. La poiesis, il "sapere poietico" (poietisches Konnen) di Mittelstrass, è l'esperienza estetica della creazione, secondo la determinazione hegeliana dell'arte: tramite la creazione artistica l'uomo priva il mondo della sua "riluttante estraneità" e lo determina come propria opera. L'aisthesis costituisce l'esperienza della ricezione, intesa qui in senso abbastanza ristretto, come visione intensificata dell'oggetto, percezione complessa· e pregnante; essa include il piacere estetico legato all'imitazione, cioè l'ammirazione per la tecnica imitativa e la gioia di riconoscere il modello imitato. Più arduo è precisare la nozione di katharsis, in cui Jauss concentra gli sviluppi più significativi dell'idea di ricezione. La katharsis, o "prestazione comunicativa", comprende da un lato il piacere estetico che il fruitore prova in virtù delle emozioni stesse suscitate in lui dall'opera (quindi la catarsi aristotelica, la purificazione o "purgazione" degli affetti, e il godimento autoriflessivo della curiositas agostiniana); dall'altro, le modificazioni che ne conseguono in lui sul piano emotivo e intellettuale, come effetto di quell'attiva risposta. In sostanza sembra che la katharsis debba configurarsi in termini pragmatici come trasformazione dell'animo del fruitore attraverso l'immedesimazione e il distacco: e che rappresenti quindi, nella sua duplice fisionomia retorica e psicologica (o esistenziale), il compimento e il coronamento dell'intera esperienza estetica. E in effetti Jauss torna qui ad affrontare problemi generali, quali la funzione sociale dell'esperienza estetica (conferma e trasgressione delle norme sociali di comportamento, efficacia persuasiva e psicagogica dell'arte, e così via) o la questione della sua intrinseca ambiguità, ora messa a fuoco con maggiore chiarezza; ("L'esperienza estetica resa possibile dalla catarsi è dunque caratterizzata da una fondamentale ambivalenza, che possiamo considerare il prezzo per il fatto che la catarsi liberatrice è acquisita attraverso la mediazione dell'immaginario: essa infatti è in grado di spezzare l'irretimento nel mondo della vita, ma può sia condurre lo spettatore alla libera identificazione morale con un'azione esemplare, sia bloccarlo nella semplicecuriosità, sia, infine, trascinarlo attraverso l'identificazione emozionale in comportamenti collettivi manipolati"). Ci si potrebbe chiedere se con il concetto di katharsis il cerchio dell'esperienza estetica sia davvero chiuso, o se esso non postuli un ulteriore rinvio al momento poietico in quanto espressione anche di un'intenzionalità nei riguardi del desti-

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