POESIE Salvador Espriu Il primo libro di poesie di Salvador Espriu, Cementiri de Sinera (Cimitero di Sinera), esce nel 1946, dopo un silenzio forzato che durava dal 1935, quando l'autore aveva dato alle stampe i racconti di Ariadna al laberint grotesc e Miratge a Citerea. La censurafranchista contro il catalano comincia già ad allentare qualche maglia: dopo il divieto indiscriminato di usare la lingua, nel '43 si ammette la riedizione di classici il cui contenuto ideologico non sembra "pericoloso" e la pubblicazione di nuovi volumi di poesia; nel '46 si autorizza la pubblicazione di opere in prosa. Una chiusa felicità è propria del mio mondo Dietro questa porta vivo, Espriu, uno dei pochi intellettuali dichiaratamente antifranchisti che non hanno scelto la via dell'esilio, si presenta con un volume di versi dai toni raffinatamente lirici e intimisti. Come indica il titolo, infatti, si tratta di una meditazione sulla morte; una meditazione apparentemente privata, personale: Sinera infatti è il retrogrado di Arenys, il paese dove il giovane Espriu passava le vacanze e assume quindi valore di simbolo della giovinezza ormai passata. In realtà ciò che ha provocato la fine della giovinezza e ha portato nell'animo del poeta la drammatica presenza della morte è la guerra, e Sinera diventa, piuttosto trasparentemente, il simbolo dell'intera Catalogna che Espriu, fingendo di tornarvi, non sa piu riconoscere. Già nel primo libro di versi quindi si manifesta il carattere più originale della poesia di Espriu: quello di saper conciliare, all'interno di una stessa opera, laproblematica spirituale dell'uomo con il suo destino di membro di una collettività sottoposta a tensioni storiche. Nella prima raccolta però domina il tema più strettamente lirico dell'addio al passato e del compianto sulla giovinezza perduta, sull'ordine infranto, sulla pace e sul silenzio turbati dalla Storia. Il libro si conclude con l'affermazione "muoio perché non so come vivere". Ma nelle raccolte successive, che insieme a Cementiri ... andranno a forma re il volume unico dal titolo Obra lirica, il poeta affronta coraggiosamente l'inferno della realtà, lo spaesamento seguito al crollo del suo piccolo mondo ordinato. Nasce quindi la figura eroica del "caminant", che dà il titolo alla raccolta da cui sono tratte le poesie che presentiamo: El caminant i e! mur (Il viandante e il muro, 1954). Una figura che risente da un lato del Wanderer romantico e dall'altro degli ammonimenti di Machado: Caminante, son tus huellas/el camino, y nada màs;/caminante, no hay camino,/se hace camino al andar. Al andar se hace camino,/y al volver la vista atràs/se ve la senda que nunca/se ha de volver a pisar./Caminante, no hay camino,/sino estelas en la mar. ma non so se la posso dire vita. Quando torno, al tramonto, dal mio odio quotidiano contro il pane (non sai che ho l'immensa fortuna di vendermi a pezzi per una raffinata moneta che arriva ormai a valere molto meno di niente?), lascio fuori un soprabito vecchio, la speranza, e m'inoltro nel cammino degli occhi, nella vuota paura dove sento più avanti, il mio Dio, sempre più avanti, ancora più avanti dei falsi profeti, di rare colpe, del vecchio sciocco ammalato di versi disciplinati, come questi qui, con macchie scure che il fiato dei critici chiarirà un giorno per la mia vergogna. Sì, puoi trovarmi, se osi, dietro il gelido nulla di questa porta, qui, dove vivo e sento il rimpianto e il grido di Dio e sono, con gli uccelli notturni della mia solitudine, un uomo senza sogni nella mia solitudine. Nuove parole d'auguri Né questo canto di perfetta scuola, né le parole del più dotto lessico, né strane pause o sottili silenzi diranno tutti i nomi della morte. Ricorda solo che è detta vecchio viandante e anche muro, e come me che parlo, e come te che ascolti. Poi, se vuoi, se ti piace, poiché la luna ancora sorge puntuale dal freddo del mare e il vento, pazzo, scherza, fischia e si sparge per le secche vigne, ti sarà lecito sentirti colto e, a tratti, chissà, molto felice. Alberto Cristo/ori Saggio di cantico nel tempio Oh, come sono stanco della mia vile, vecchia, così selvaggia terra, * * * e quanto volentieri me ne andrei lontano, verso nord, 83
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