Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

STORIE/BONASSO ridoio centrale. La penombra accentuava la forte sensazione di irrealtà, di mondo sottomarino. Un mormorio crescente soppiantò il silenzio precedente interrotto solo da colpi di tosse o da lamenti. Si dirigevano lì verso un centro magnetico, uomini e donne, giovani e vecchi, trascinando le catene e alzando le mani imprigionate nelle manette, in un gesto che ricordava la preghiera. C'era stato il cambio della guardia. Una sentinella adolescente fingeva di non vedere ciò che stava succedendo. Il Chiqui ricordò ad alta voce: - Questo è di quelli che piangono. Ci sono anche quelli "lo non so perché sono qui, io non ho nulla contro di voi". Ti giuro, Pelado, la maggior parte di loro ti fracassa le ossa, però c'è qualcuno che piange. Il Pelado vide una gestante con una pancia enorme sorretta da altre due donne. Si chiese se sarebbe mai arrivata a vedere il figlio che stava generando. Stranamente due uomini di una certa età, clicostituzione robusta e dai modi volgari, ridevano fragorosamente. La loro guida nel labirinto li informò di nuovo: erano "isabellini", uomini d'azione della destra peronista che, chissà per qualle motivo, erano caduti nelle ampie reti del sequestro. Non lontano da loro c'era un giovane che sembrava uscito da un racconto di Cechov. Incredibilmente magro e serio, osservava l'allucinante mascherata con occhi da miope, ingranditi dalle minuscole lenti nella montatura dorata. Era un militante comunista, sequestrato mentre stava effettuando una campagna finanziaria. - È incredibile. Lo ammazzeranno e continua a dire che bisogna dare appoggio critico al governo di Videla per ostacolare il fascismo - indicò il Chiqui con un sorriso. Il Negro Ricardo era riuscito a sollevarsi dal suo materassino. Due prigionieri si avvicinarono in modo deferente e gli porsero qualcosa che nella penombra era impossibile distinguere. Nuovi invitati fecero la loro apparizione alla festa. Erano "sequestrati" anche loro, seppur di tipo diverso. Erano liberi, senza catene. Non portavano, come gli altri, gli "indumenti del giorno del sequestro, sporchi di sudore, di vomito, di sangue o del pus delle ferite. Portavano vestiti puliti e camminavano senza il disagio delle caviglie lacerate, delle spalle lussate o d~llepiaghe dell'ago elettrico. Il Pelado vedeva tutto come in un sogno, ma notò quest~ differenza. Nei suoi soliloqui immaginava ,che tutti i condannati fossero sottoposti a uno stesso regime, a un comunismo dell'orrore. Comprese che non era così. Il mondo sotterraneo comprendeva distinte classi come quello di superficie. Gli esseri delle nicchie e quelli delle celle si abbracciarono. In quello stesso istante si sollevarono milioni di coppe. Con champagne, sidro o vernaccia. Nei villini del Quartiere Parque, negli appartamenti della classe media, nelle baracche dei sobborghi-miseria. Il Chaco, quel Natale, quando erano andati al villaggio di baracche. Insieme a ragazzini scalzi e a vecchie sdentate, con panettone e sidro, a ripetere il rituale di Per6n e Evita. Panama. La Negra e i bambini vicini all'alberello. Il mondo esterno. Remoto e inaccessibile co78 me un'altra galassia. Il generale Galtlerl diventa presidente (1981, foto di Diego Goldberg/ Sygma/Grazla Neri). Im'maginò le tavole imbandite dei propri torturatori e le tavole dei familiari di questi uomini che si abbracciavano nel centro magnetico. Nelle ombre si alzarono i visi attoniti di madri, padri, nonni, figli condannati inaspettatamente alla più crudele delle incertezze. Le Madri di Plaza de Mayo che vagano per le chiese, implorando sermoni, pregando per loro, per quelli che si abbracciavano nell'altra sfera della realtà, nel cono inverso del paese, nel lato in ombra del tempo. Guidato dalle forme, ignorando le complessità della catacomba nella quale era stato relegato, il Pelado guardò con sospetto gli ultimi arrivati e si sentì dalla parte di quelli simi: li a lui, di quelli che da poco si erano disfatti dei sudici cappucci. Si sbagliava.•Sia nell'uno che nell'altro gruppo c'erano fedeli e traditori. La frontiera era di un altro tipo e avrebbe tardato un po' a scoprirla. Quasi tutti erano solitari come lui, ma il suo occhio attento scoprì l'esistenza di alcune coppie. Una in particolare attrasse la sua attenzione. Lei era piccola e guardava tutto con occhi spauriti, lui era grande, l'espressione corrucciata, e le parlava continuamente all'orecchio, commentandole tuti i particolari della festa. Ben presto il Pelado si vide trascinato verso il centro. Una miriade di mani e braccia, incatenate o libere, si alzarono per riceverlo. Nella sua ubriachezza e nel suo delirio rimase affascinato dalle mani più che dai visi. C'erano dita languide e pallide. Dita grosse come salsicciotti. Mani con croste di rogna o grumi. Mani pulite che profumavano di sapone o di gomma per scancellare. Una bella ragazza lo baciò sulla guancia e gli diede un regalo. Il Pelado la vide, mezzo addormentato, ridendo come quando era deputato, come quando andava a una riunione politica. Era un libriccino di storielle che qualcuno - forse la ragazza stessa - aveva confezionato unendo una serie di vignette comiche del ''Clarin''. Lo riconobbe nella penombra. Gli stessi personaggi che fuori accompagnavano il caffè della mattina: il Clemente di Caloi con le sue allusioni politiche da leggere tra le righe, la disinvoltura di Fontanarrosa, la tenerezza di Di6genes e il Linyera, il realismo fotografico di Loco Chavez con le curve abbondanti di Pampita. Un altro aveva ricevuto un libro di "Mafalda" e rideva soddisfatto. C'erano regali per tutti. Pupazzetti o collane fatte con mollica di pane, qualcuna colorata con pennarelli arrivati misteriosamente a queste profondità. Concentrata nel rituale dei presenti, la confraternita d'oltretomba alzava la voce, dimentica momentaneamente delle regole del campo. Nonostante il Pelado lo ignorasse, ognuno di quei regali implicava una sfida, il rischio di giocarsi la vita nel caso venissero scoperti. Era proibito scambiarsi oggetti di qualsiasi tipo. Era severamente proibito agli abitanti di "Capucha" persino rivolgersi la parola. Nonostante tutto, il Natale era stato più forte. Il vecchio rituale aveva fatto dimenticare alcune particolarità della nuova vita. Il secchio in cui bisognava orinare davanti a tutti. Il caldo estenuante di "Capucha". E, soprattutto, quel giorno mercoledì

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