Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

RICORDODELLAMORTE Miguel Bonasso Miguel Bonasso definì il suo romanzo-testimonianza Recuerdo ·de la muerte, quando fu pubblicato per la prima volta da una casa editrice spagnola, "un libro contro l'oblio". Era il 1984 e sembrava che in Argentina non si potesse mai più dimenticare l'appena trascorso terrorescatenato dallafollia omicida dei generali, del quale si racconta nel libro. Oggi, invece, quella che la Giunta militare insediatasi al potere nel 1976 chiamò "guerra sporca" è un ricordo sempre più scolorito nel paese sudamericano. Gli argentini, schiacciati dalle difficoltà economiche, fanno di tutto per confinarlo nel dimenticatoio e vengono giustificati nei salotti culturali di Buenos Aires - complice la stessa leggerezza con cui si mischiano storia e tango - mediante il riccorrente esempio dei tedeschi dopo il crollo del nazismo. Intorno al dolore dei parenti delle migliaia di desaparecidos, gli scomparsi della più recente e più brutale dittatura, c'è una corsa verso la normalità. Dopo tutto, secondo l'alibi offerto da quei salotti, gli argentini non possono a questo punto che essere rajados, mezzi matti. Il libro di Bonasso è un documento importante, tanto più importante se rapportato alla rivendicazione avanzata dagli attuali vertici militari degli alloriper il "trionfo sulla sovversione": una storia che appartiene soltanto al passato? È stato uno dei maggiori successi editoriali nella valanga di scritti che, a libertà riscoperte, tentarono di rispondere ai tanti interrogativi su ciò che era successo, sulla smentita insita nell'ultimo mezzo secolo di instabilità e dittature alla storica convinzione di essere dallaparte più avanzata del mondo, sulle cause del disastro economico constatato quando non si era ancora spenta l'eco del popolare slogan "Argentina-potenza!". Recuerdo de-la muerte si distingue nell'abbondante pubblicistica del periodo per la forma: un romanzo. La forza drammatica del racconto difatti veri, di momenti della vita quotidiana dentro i campi di concentramento, determinò nuove edizioni a ruota, in Messico e in Argentina nella lingua originale,poi in Norvegia, Francia, Olanda; e ancora in spagnolo a Cuba. Con una visceralitànarrativaspesso indifferente alle regole della linearità di stile, si offrono a una lettura appassionante i morti in vita che emergono dalle ombre e gli onnipotenti uomini di quel regime che si proponeva di eliminare un 'intera generazione, fautori di una nuova nazione "vietata-aMarx-Freud-Einstein ", i boia "dei-militari-di-sinistra-deisimpatizzanti-e-anche-indifferenti", gli alti ufficiali finanziati dalla P2 italiana, quel.liche intendevano coinvolgere nel progetto militare alcuni prigionieri sottoposti a lavaggio del cervello o già conquistati. Protagonista della vicenda, un uomo destinato a essere desaparecido ma che riuscì a fuggire: Jaime Dri, ex parlamentare peronista. Peronista è anche l'autore del libro. Miguel Bonasso, giornalista noto nei primi anni '70 a Buenos Aires come direttore di un quotidiano popolare, fece in seguito parte del gruppo dirigente dell'organizzazione armata "Montoneros", di cui divenne il portavoce in esilio. Finì per lasciare quel movimento gestito come un esercito perché in dissenso con i capi, così come fecero anche altri dirigenti con motivazioni di sinistra. Oggi è tuttavia restio ad ammettere le probabilità dei tanti sospetti sull'effettiva appartenenza del più ristretto vertice "montonero" allo stesso regime contro il quale migliaia di giovani militan.tipensavano di combattere. Sospetti terribili, certo, che però spiegherebbero tante incomprensibili imprese suicide e che in ogni caso sembrano oggi meno fantascientifici di quanto potessero apparire pochi anni fa: lo stesso Bonasso ha potuto constatare, quando un paio di mesi fa è tornato in visita a Buenos Aires dopo molti anni di assenza, che il "compagno comandante in capo" Firmenich dal carceree i suoi collaboratori più stretti fuori hanno rapporti assidui con i militari dell'estrema destra. Ha potuto recarsi in Argentina grazie al successo della campagna internazionale contro i mandati di arresto, tenuti in vigore da un giudice ancorato alle leggi della dittatura nei confronti suoi e del poeta Juan Gelman. Miguel Bonasso ha ora 46 anni efa il giornalista a Città del Messico, dov'è rimasto dopo l'esilio forzato. Nessun dubbio sembra indebolire la sua adesione al peronismo, anche se capisce le riserve di chi considera le sue personali vedute marxiste in contraddizione con il populismo nato dal culto del generale-leader Per6n, l'ammiratore di Mussolini, piuttosto che da un 'ideologia. Dice: "Il nazionalismo, se nei paesi europei è sfociato in diverse terribiliforme di fascismo, nell'America latina resta lo strumento necessarioper combattere il neocolonialismo economico. Il marxismo è un metodo di analisi scientifica, non un dogma immutabile. Nel mio paese, l'espressione del nazionalismo rivoluzionario è il peronismo". Il peronismo è di nuovo, oggi, il perno delle vicende politiche argentine. Anche nelle sue forme meno razionali. Fenomeno indicativo di contraddizioni non risolte, in un paese che sull'altare dei miti e delle illusioni ha pagato un enorme tributo di sangue. Lo scrittore francese Marek Halter, quando il libro di Bonasso è uscito in Francia (con il titolo L'aquarium) ha commentato su "Le Monde": "Anche se non condivido la scelta politica dell'autore, il romanzo mi ha colpito profondamente". Quella scelta diventa in ogni caso secondaria, quando si scorrono pagine che testimoniano una tragedia avvenuta appena ieri. Joaquin Sokolowicz * * * Era una solitudine immensa. Era il limite estremo di solitudine a cui potesse giungere un uomo prima di diventare pazzo. Un altro, di fronte a questa enorme pressione, avrebbe finito per urlare fino a essere percosso e ammazzato. Nel Pelado, invece, si trasformava in una malinconia struggente. La strana nausea saliva dalle viscere fino al cervello e si convertiva in certezza: si trovava in un tempo fisso ed eterno alla totale mercè degli inquisitori che erano i padroni e i signori della vita e della morte. Solo, davanti a padroni ignoti che erano argentini come lui, che come lui appartenevano alla classe media, che erano stati allo stesso gioco e che poi, a un certo momento, avevano intrapreso la strada opposta. Erano lì, anche se in quel momento assenti. Anche se avevano lasciato quelle sentinelle ieratiche, quei ragazzini sadici· o indulgenti forse studenti della stessa scuola. Dalle loro scrivanie, di fronte ai grafici di accerchiamento e di annuilamento fissati con le puntine alle sudicie pareti del Campo, giocavano a fare Dio o il Demonio e, in parte, ci riuscivano. A ciò stava pensando quando le porte si aprirono per lasciar passare la sfilata natalizia. L'impossibile rituale di mezzanotte. - Buon Natale - disse il Chiqui, indicandogli lo spettacolo con una smorfia ironica. Come obbedendo a un ordine misterioso, dozzine di morti abbandonavano le tombe alle dodici in punto della notte. Lasciavano le nicchie in cui giacevano per riunirsi nel cor77

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==