Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

STORIE/ATLAS Trilling e Auden non c'erano più, comunque. Non importava quanti libri si fossero pubblicati. Per figurare nell'elenco telefonico bisognava essere vivi). Avrebbe potuto invitarla a fare un giro nello Strand il sabato pomeriggio, poi a cena in uno di quei ristorantini francesi di Hudson Street con le tende e la lampada a globo sopra la porta. Kipnes ripassò mentalmente la propria biografia, le vecchie storie risaltarono fuori come se non le avesse mai raccontate prima: i disordini all'università, la marcia sul Pentagono, il concerto di Bob Dylan a Folk City ... Rilassato dal vino ghiacciato dentro il secchiello, con le candele tremolanti nei bicchieri rivestiti di paglia di plastica, col ronzio attutito del traffico nella strada, avrebbero trovato milioni di cose di cui parlare. E poi, perché non far uso del piccolo potere che aveva? La pubblicazione su "New York Life" era quello che aveva da offrire. I produttori cinematografici si facevano fare fior di pompini in cambio di una parte. Che cosa avrebbe ottenuto Kipnes se fosse riuscito a convincere la redazione a pubblicare uno dei racconti della ragazza dagli occhi grandi? Probabilmente una stretta di mano sulla porta. Tuttavia valeva la pena di provare. Mentre scorreva la pagina delle veline della polizia - una rapina a mano armata a Broadway, un tassista ucciso nel Bronx con un colpo di pistola - Kipnes ripercorse mentalmente la scena. Avrebbero sorseggiato lentamente il brandy mentre il locale si svuotava, poi avrebbero preso un taxi e sarebbero andati a casa di lei, un appartamento al quarto piano di un edificio senza ascensore nella Centottava Ovest con un bauletto di vimini al posto del tavolino basso, un kilim sul pavimento, e un poster di Atget sopra il divano-letto. Avrebbero messo il nuovo album degli Stones sul giradischi e avrebbero ballato alla luce di una candela profumata sul davanzale della finestra. E poi? Kipnes l'aveva letto in migliaia di racconti: "Lui le infilò la m~no sotto la camicetta ... '' Kipnes ripiegò il giornale e si diresse verso casa. Quando girò l'angolo, vide una figura ritta sotto un lampione. Laragazza con l'impermeabile era ancora là. Lo guardò avvicinarsi lungo la strada; i suoi occhi scintillavano nel crepuscolo vellutato di novembre. "Mi scusi", disse con voce esitante, "lei è per caso Mr. Kipnes?" "No", disse Kipnes. "Non sono io". (traduzione di Marisa Caramella) Titolo originale: The Out-box. Copyright James Atlas, 1987. SCENEDI VITAA NEW YORK Catherine Texier E- un'altra serata opprimente, di nebbià. Le luci dei semafori danzano nella foschia, le cunette puzzano di limo e spazzatura vecchia, l'odore del mercato di una città sudamericana. Le foglie luccicano sugli alberi. Quando scende dal1'autobus con l'aria condizionata, Lulu ha l'impressione di sprofondare in una palude. Scende velocemente giù per la Seconda Avenue, uno zaino di nylon nero sulle spalle nude, imbocca una trasversale, entra in un edificio fatiscente. Pedro! grida una voce da una finestra aperta. Una voce di donna tesa al massimo delle proprie capacità, interrotta da grida senza fine. Pedro! Donde estas? Lulu entra in un appartamento all'ultimo piano, apre con facilità le tre serrature anche se è la prima volta che lo fa. Puzzo di pipì di gatto. Riverbero intermittente di neon rosso sulla parete della cucina. Proviene dalla scritta CUCHIF ITOS sull'altro lato della strada. Fuggi fuggi di scarafaggi verso le crepe. Quando accende la luce i suoi occhi fissano una sedia di legno a tre gambe dipinta di azzurro cielo a strisce bianche e nere da zebra. Lulu ci lascia cadere sopra lo zaino, attraversa le tre stanze in fila. Pochi mobili, su un pavimento di linoleum consunto: due poltrone di plastica verde chiaro, stile 1955, un divano nero in vinilpelle con l'imbottitura sintetica che spunta dagli strappi. Lulu ci si siede sopra, calcia via le ballerine, poi squilla il telefono ... Lulu ha paura di Julian. Tiene un coltello a serramanico sotto il materasso. La sera va a Tompkins Square Park, col sangue che gli pulsa nelle vene, non cerca niente in particolare, ma ha il serramanico stretto in mano, in fondo a una tasca del cappotto largo, sur le qui-vive. L'adrenalina scorre, drogato di paura si nasconde in un angolo buio. All'improvviso ho visto questo junkie venire verso di me, dice. Volevo sentire la lama nuda nella mano. Volevo sapere cosa si prova a minacciare con un'arma un perfetto sconosciuto nella notte. E l'hai fatto? Lui si è avvicinato, mi ha sbarrato il passo e mi ha chiesto dei soldi. Era un bianco, gli battevano i denti, stava morendo di paura e aveva i nervi a fior di pelle. Ho tirato fuori il coltello, ma lui non ha nemmeno aspettato di vedermelo luccicare .in mano. È scappato di corsa. Dio mio, come correva! Ciao! C'è Mario? No. Non c'è nessun Mario qui. Sarah, si chiama la persona che le ha prestato l'appartamento. Forse Mario è un amico di Sarah. La voce insiste. Ma mi ha detto che ci sareb65

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