ILROMANZOPOSTMODERNONEGLIU.S.A. INCONTROCON ROBERTSTEINER a cura di Roberto Cagliero Come si pongono gli scrittori postmoderni rispetto al linguaggio, che atteggiamento hanno verso la questione della forma del romanzo? Io ho cominciato a scrivere per tentare di risolvere certi problemi formali che ho scoperto come lettore; di conseguenza il linguaggio è centrale alla mia attività di scrittore (e ovviamente anche a quella di professore universitario e di lettore); sono uno di quegli scrittori che, come sostiene John Barth, scrivono nel XX secolo "come se" Finnegans Wake fosse stato già scritto; e a ciò vorrei aggiungere che scrivo non soltanto portandomi dietro il peso di Joyce (Finnegans Wake è un libro molto strano) ma anche quello di Beckett, uno scrittore molto meno strano e certamente più metalinguistico di Joyce. Sento anche molto l'importanza che la retorica ha avuto per Faulkner, e mi affascina il modo in cui questo scrittore se ne è servito per sviscerare le possibilità del romanzo come forma di conoscenza. E allo stesso modo, almeno per me, è importante che nel mondo di oggi ci siano pensatori di altre discipline, teorici e anche pittori che, vuoi per educazione vuoi per temperamento artistico, hanno sviluppato interessi e conclusioni comuni. Questo mi consente di considerare gli studiosi come Derrida, che pure è un filosofo tra i più difficili e arcani (ancora più di Hegel!), come pezzi-chiave per affrontare teoricamente tutte quelle questioni che scrittori e pittori seri hanno tentato di risolvere negli ultimi trent'anni. Derrida riesce a mettere in scena le questioni filosofiche e teoriche che il resto di noi non osa affrontare in narrativa. Noi scrittori lo faremmo soltanto per denigrare la narrativa; eppure, alla luce di Beckett e di Faulkner, si può scoprire che in qualità di scrittori possiamo agire senza ritrovarci a produrre romanzi dell'Ottocento scritti in un linguaggio del Novecento. Non credo che si possa contrapporre il linguaggio narrativo a quello dell'esperienza, se non per il fatto che la narrativa offre la possibilità di utilizzare il linguaggio in un modo che nell'esperienza sarebbe del tutto impossibile. Tutti i romanzi che ho scritto hanno un elemento comune: si focalizzano sulla dinamicità della forma. Henry James diceva di voler esplorare l'immaginazione del disastro; per me invece è sempre stato interessante il disastro dell'immaginazione, e cioè il tentativo di esaminare e di mettere in scena sia la morte dell'immaginazione (una grande minaccia di oggi) che il pericolo di una vita troppo interna all'immaginazione. Tutto ciò potrebbe sembrare molto morale, invece la questione secondo me è formale. Credo che la retorica, indipendentemente dalle definizioni che se ne possano dare, abbia per la narrativa una funzione privilegiata: essa annuncia che il romanzo, come forma realista, o è morto o non è mai esistito. Si può dire che l'atteggiamento postmoderno abbia ormai completamente soppiantato l'esperienza del modernismo nel romanzo americano? Non sono affatto sicuro che il modernismo sia stato spazzato via. Nel 1965 Picasso continuava a ripetere quello che 58 aveva già dichiarato vent'anni prima: il modernismo deve essere eliminato; ma questo per lui voleva dire eliminare se stesso, e infatti trascorse gli ultimi dieci anni tentando di disfare Picasso. Credo che negli Stati Uniti, almeno per il grande pubblico, il modernismo non sia ancora arrivato. Come sostiene John Barth, la maggior parte di ciò che nel nostro paese passa per scrittura contemporanea non è altro che il romanzo del diciannovesimo secolo scritto in un linguaggio del ventesimo secolo. Scrivere a quel modo, come se il modernismo non ci fosse stato (quasi tutti gli scrittori americani si comportano così) significa cadere nella futilità, considerare la scrittura e la lettura degli scambi puramente commerciali. Arrivare a una definizione di postmodernismo è rriolto difficile. Esso è certamente diverso dalla scrittura contemporanea, che è quasi tutta scrittura sociologica: ciò che viene fatto passare per fiction non è altro che cattiva sociologia. Serve a rafforzare le aspettative dei lettori su che cosa sia il mondo, e dà loro la sensazione di possedere una visione abbastanza accurata dell'esistenza. Tutto ciò viene fatto passare come uno sforzo di democratizzazione dell'arte, ma in realtà si tratta del tentativo di snaturare e di svilire il temperamento artistico, riducendolo a qualcosa di piuttosto pedestre. Ecco perché i lettori (e gli editori, che ne sono un'estensione) chiedono prosa sicura, "senza stile". Chi tenta qualcosa di diverso, anche se comincia la carriera con un grande editore, si ritrova poi con case minori, integre culturalmente ma senza soldi. Credo dunque che vada fatta una netta distinzione tra il romanzo postmoderno e quello contemporaneo. Il postmodernismo, almeno in parte, costituisce una risposta ideologica al modernismo; è molto difficile da definire e parecchia gente crede che non esista. Forse non è ancora arrivato e molte delle cose che vengono definite postmoderne in realtà sono soltanto tardo-moderne. L'etichetta di "contemporaneo" definisce perfettamente ciò che fanno tutti gli altri scrittori. Una volta, in una recensione di un mio romanzo, ho letto la parola post-contemporaneo: un termine oscuro ma affascinante. Mi è parso che dovessi impegnarmi a stare due passi davanti a me, e non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire. Le tendenze letterarie più recenti forse sono davvero postcontemporanee; mi riferisco naturalmente a quegli scrittori che si sentono incalzati dalla forma, che cercano di manipolarla o addirittura di sradicarla. Sono modi per tentare di capire come si possa scrivere dopo un autore del calibro di Beckett; capire perché, ad esempio, due scrittori come Garcia Marquez e Handke sono entrambi definiti postmoderni, anche se i loro lavori si muovono in direzioni antitetiche: uno cerca di rendere vivido l'atto del raccontare, mentre l'altro opera scomponendo il sistema di segni che rende quest'atto possibile. Che rapporto c'è tra il romanzo postmoderno e la storia? La narrativa postmoderna americana spesso utilizza la storia e i personaggi storici senza preoccuparsi della loro ade-
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