Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

SAGGI/OZICK ruolo soltanto per una convenienza limitata, è quasi certo che quella temporaneità diventerà uno status quo duraturo, e che la "convenienza" si trasformerà con un colpo di bacchetta magica in nuova verità. Peggio ancora. La credenza in una "nuova verità" quasi sempre si porta dietro un atteggiamento autoritario. La strategia di segregazione temporanea, perdendo via via l'aspetto di "temporaneità" e di "strategia", comincia anche a reclamare come sua una definizione piena (in realtà l'unica) del femminismo. La marginalità viene concepita sempre più spesso come obiettivo dominante, o addirittura qualità principe, del femminismo. Le donne vengono spinte sempre di più a pensarsi in termini tribali, quasi che anatomia e cultura fossero la stessa cosa. Le donne artiste si sentono sempre più obbligate a produrre una "arte delle donne", come se per le donne i milioni di altre possibilità, di preoccupazioni e di ossessioni si rivelassero inautentiche, false, o peggio ancora, legate a un escapismo fuorviante. Ormai conosciamo bene la presunzione di una "fotografia delle donne" (3); chissà se nascerà una entomologia delle donne, o un'astrofisica delle donne? Oppure le scienze, con il loro universalismo oggettivo, saranno le uniche a conservare la libertà della mente singola, slegata da classificazioni a priori? L'arte, se modellata o anche soltanto sfiorata dall'inflessibilità - aspettative locali o sociali, pressioni esterne, assiomi, presunzioni, sfumature politiche o qualsiasi altra classificazione aprioristica - contribuirà inevitabilmente al degrado della cultura. A volte la storia assegna a questa inflessibilità il nome di "dogma"; altre quello di "linea di partito"; altre, ahimé, quello di "verità". Il femminismo classico - cioè il femminismo originario, che si pensava come universalizzazione della giustizia e delle aspirazioni, come espansione dall'uomo all'umanità - rifiutava l'anatomia non solo come destino, ma come forma di governo; rifiutava il concetto di "sensibilità femminile", considerandolo una calunnia ideata per impedire alle donne di accedere alle gioie, alle confusioni, ai risultati, alle oscurità e alle complessità dell'universo. Il femminismo classico veniva concepito come fine delle false barriere e dei falsi confini; come fine delle narrazioni e delle restrizioni segregazioniste; come fine della Grande Menzogna Multipla. Cos'era la Grande Menzogna Multipla? Essa veniva applicata a tutte le donne, in base al presupposto che ci fosse una "natura femminile" manifesta in ogni forma artistica prodotta da una donna. Per gli scrittori che si servono dell'immaginazione, questa affermazione era particolarmente limitante e corrosiva. Essa ad esempio: 1. presupponeva una psicologia e una emotività tipica delle donne. 2. presupponeva uno stile narrativo o poetico caratteristico delle donne, a loro connaturato. 3. presupponeva una serie di interessinaturalmente comuni a poetesse e a scrittrici di romanzi - l'amicizia femminile, ad esempio, la follia femminile, la maternità, l'amore e l'inna56 moramento, i conflitti domestici, i doveri, la religiosità ecc. 4. presupponeva una comunità sociale naturale, fondata sulla biologia e sulle caratteristiche riproduttive ("sorelle, sotto sotto"); non sull'intelletto, né sul temperamento, né sugli influssi o sulle esperienze in comune. 5. dava per scontata la differenza (rispetto alla scrittura "maschile") della poesia "delle donne" e dei romanzi "delle donne", a partire dal presupposto di una sensibilità specifica "della donna". 6. affermava che intelletto e immaginazione avevano una base puramente sessuale. Presupponeva che il sesso circoscrivesse dall'interno il campo d'azione dello scrittore, definendo e orientando materiale narrativo, prospettive e aspirazioni. Da tutto ciò emana una certa tristezza che ci è familiare: dopo tutto si tratta di vecchi, vecchissimi pregiudizi. La loro familiarità, in voci ostili verso le donne, è triste e certamente scontata; eppure adesso le voci che sostengono queste convinzioni sono, sempre di più, voci di donne. Con alterazioni minime (sostituite amore e innamoramento con sesso; sostituite conflitti domestici con scontri casa-e-carriera; sostituite follia femminile con rabbia femminile; lasciate completamente da parte doveri e religiosità), queste idee costituiscono il credo letterario del nuovo femminismo. Aumentano gli scrittori, gli artisti e gli altri dominatori dell'immaginazione che si dichiarano liberati grazie a una coercizione volontaria. "Finora ho sbagliato" vi diranno; "cercavo di scrivere come un uomo. Poi ho cominciato a scrivere di me come figlia, come amante, còme moglie, come madre, come donna rispetto ad altre donne; come me stessa. Ho imparato a seguire i contorni della mia vita emotiva. Ho cominciato a scrivere partendo dalla mia femminilità". Thurber una volta scrisse un racconto su un orso che si era talmente piegato all'indietro da cadere a testa in giù. Attualmente dobbiamo sopportare un femminismo così addentro a "nuove verità" che finiscecol produrre idee difficilmente separabili dalle concezioni antifemministe più trite, più oscurantistiche e soffocanti. A volte sentiamo parlare di carcerati che rifiutano la libertà provvisoria e preferiscono le sbarre di una cella. Una volta tornati in libertà continuano comprensibilmente, e senza scomporsi, a chiamare "prigione" le loro vecchie e comode gabbie. Le artiste che seguendo la moda insistono a definirsi artiste "donne" potranno prosperare all'ombra di questa definizione, ma non dovrebbero cadere nell'errore di chiamare femminismo ciò che in realtà è coercizione volontaria. Il femminismo classico, pur non negando il corpo né opponendosi all'immagine e alla conoscenza dell'io, non si è mai sognato di vederci una serie di obiettivi precisi. Femminismo vuole dire, e ha sempre voluto dire, accedere a possibiltà che superano l'autocoscienza. Liberata dalle costrizioni l'arte cresce in qualsiasi spazio, anche nel più angusto. Una conoscenza di sé imperniata sulla polemica, invece, è una conoscenza ristretta. La scoperta di sé è soltanto una scoperta parziale. Ogni essereumano è una particella all'interno di una generazione, un

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