Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

Foto di Jullus O:z:ick. cazione del libro ci sono voluti anni e una bella resistenza. Ho finito Trust il giorno in cui Kennedy è stato assassinato, il 22 novembre 1963. Ma il libro è uscito soltanto nel '66. E anche dopo ci sono stati lunghissimi anni di oscurità. Eppure era da quando avevo ventidue anni che volevo che i miei libri uscissero. L'errore comunque era mio: la mia ostinazione a scrivere romanzi enormi, ambiziosi. Ho avuto un apprendistato di sette più sette anni. Una misura biblica: Rachele e Lia. Questa è la storia della mia vita. Hai sempre e soltanto scritto o haifatto anche altri lavori? Ho fatto un po' di insegnamento, un po' di pubblicità, qualche lecture. Ma io non voglio insegnare. L'ultima volta che ho tenuto un corso è stato bellissimo, anzi troppo bello. Avevo dodici studenti e non me ne sono ancora liberata. Era finita che si erano trasformati tutti in miei figli e io ne ero orgogliosissima. Ma non posso fare da madre a migliaia di persone. È già abbastanza difficile farlo a una sola. È una cosa che consuma. È che mi innamoro di questi giovani scrittori, provo dei veri e propri sentimenti nei loro confronti. Diventano tutta la mia vita e non rimane niente altro. Per me e per il mio modo di scrivere è un grosso problema. Io sono infatti una scrittrice lentissima. Ho bisogno di molto tempo per pensare, per riflettere. Mi ci vuole un'eternità, anche per scrivere una sola frase, perché continuo a fare cambiamenti, esperimenti. Non mi capita mai di correre. Scrivo prosa come se facessi poesia. Sono tutta presa da problemi di costruzioni e equilibrio, cadenza. È poesia. Come scrivi? In modo antiquato: con carta e penna. Fino a poco tempo fa senza orari precisi, ma sempre di notte. Più o-meno fino alle sei del mattino. Un anno fa mi sono ammalata e non ho ancora ritrovato l'energia sufficiente per riprendere i miei ritmi originari. Scrivo di notte per due ragioni. Primo perché sono stata allenata a lavorare di notte. I miei genitori, durante gli anni della depressione avevano una drogheria. I loro orari di lavoro erano feroci, tenevano aperto fino all'una, due di notte. Poi venivano a casa e si cenava e lì cominciava la nostra socialità familiare. Un training che risale alla mia infanzia. La seconda ragione è che il mondo se ne va attorno a mezzanotte. Il telefono smette di suonare. Si è quieti: durante le ore notturne non c'è nessuno a disturbarti e non ci si sente responsabili di nessuno. Ci si sente liberi e io per scrivere ho bisogno di libertà. In particolare adesso che ricevo tutta questa attenzione di pubblico e di critica, le gi9rnate sono scoraggianti. In teoria non dovrei fare altro che rispondere al telefono, leggere e scrivere lettere. Tutte queste responsabilità. Ci sono settimane in cui il tempo non mi basta neppure per tenermi al passo con la corrispondenza. Non voglio essere scortese con nessuno, ma è un gran peso e non ho ancora capito come districarmi. Mi chiedo come se la cavi John Updike, tanto per nominare il più popolare degli scrittori americani attuali. Alla mia età e dopo la INCONTRI/OZICK malattia dell'anno scorso devo pur trovare un modo di vivere. Mia figlia ormai non vive più in casa. Ha scelto una professione che casca dalle nuvole. Ha voluto fare archeologia ed è come se vivesse in un'epoca che sta tra il tredicesimo e l'ottavo secolo a.e. Passa le estati scavando. Tra pochi mesi andrà in Israele per la terza volta a fare scavi per riportare alla luce alcune tombe di Filistei. Io la prendo in giro dicendole che non si capisce perché si debbano andare a cercare dei Filistei morti, quando ce ne sono tanti vivi e vegeti in circolazione. Parlami del tuo rapporto con New York. Io mi considero una newyorkese tipo. Sono nata e cresciuta in città, in un ambiente decisamente anglofono. Soltanto con mia nonna mi è capitato di parlare in Yiddish. Linguisticamente parlando il mio accesso alla cultura ebraica è in pratica nullo. Sul piano del pensiero e della tradizione culturale credo invece di esserne stata profondamente influenzata. Il mio mondo di valori, di idee e tutto il mio retroterra concettuale è stato segnato dalla mia appartenenza etnica. I tuoi libri hanno una densità di contenuti e una ricercatezza stilistica del tutto controcorrente ne/l'attuale panorama letterario statunitense. Che cosa pensi degli altri, di chi va per la maggiore come i vari minimalisti? Non ho nessuna simpatia per il loro lavoro, come si può facilmente capire. Penso che passerà. Sono arrivati dal nulla e nel nulla ritorneranno. Per la verità ce l'ho con loro. Sono arrivata a rifiutare di leggere tutto quello che è scritto al presente. Ecco come sono riusciti a ridurmi. In quello che scrivono non c'è la storia, né la memoria, la tradizione o un retroterra. Neppure nel senso di un retroterra familiare, privato. Non mi riferisco per carità a un popolo, una nazione, una razza, una terra. Niente di queste proporzioni storiche. 51

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==