Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

OTTOARTICOLIEUNA RECENSIONE Carlo Emilio Gadda Negli anni Cinquanta il "Radiocorriere" non aveva la carta patinata ma riusciva a svolgere un ruolo importante nel settore della divulgazione culturale: strumento interpretativo e anche utile punto fermo rispetto alla fugacità del messaggio radiotrasmesso. Anche allora era la neonata Terza Rete a distinguersi: si serviva di buoni intellettuali i quali, non potendo figurare come "personaggi" data l'opacità del medium, si concentravano sul messaggio elaborando interventi incisivi. Tra questi intellettuali, come coordinatore, c'era Gadda, spinto ad accettare tanta promiscuità non da ansie di protagonismo quanto da esigenze immediatamente economiche: "carmina non dant panem ". Egli fu direttore dal gennaio 1952 al giugno 1955 delle rubriche della Terza Rete /'"Osservatore dello spettacolo" e /"'Osservatore delle lettere e delle arti", che prenderanno poi il titolo "La rassegna". Cominciò come redattore nel 1950, alla non tenera età di 57 anni; allora, come si può leggere nelle sue lettere e nella biografia che su di lui ha scritto Giulio Cattaneo, l'Ente pensava di utilizzarlo come esperto, in quanto ingegnere, in materie scientifiche. Questo tipo di collaborazione sfociò in un programma sulla vita dell'ingegner GalileoFerraris, di cui non abbiamo il testo, ma solo un lungo articolo di presentazione dello stesso Gadda uscito sul "Radiocorriere". Caduta abbastanza presto la pregiudiziale "scientifica", Gadda poté spaziare sia come direttore delle rubriche di cui sopra, sia come collaboratore casuale in campi a lui più congeniali. Di alcuni suoi programmi restano i testi, dei più il "Radiocorriere" ci fornisce una testimonianza indiretta: i begli articoli che lo scrittore preparava per illustrare al pubblico l'argomento. Gli affezionati cultori di Gadda hanno fino ad ora sottovalutato questa fonte. Tuttavia, chi leggerà i testi qui raccolti non potrà avere dubbi sul loro interesse, specialmenteper quanto concerne i problemi tecnici del linguaggio radiofonico: capitolo non secondario all'interno di una produzione gaddiana che ha nella ricerca linguistica la sua motivazione pili prof onda. Un ulteriore scritto dimenticato di Gadda si riferisce alla attività di critico teatrale che egli svolse con particolare impegno negli anni in cui lavorava alla RAI. Si tratta della recensione Le corna di Don Friolera, apparsa sulla rivista "Scenario". L'interesse di Gadda per il teatro è stato oggetto di ricerche recenti, che hanno arricchito il corpus delle recensioni già note e hanno riportato alla luce un testo notevole, Gonnella buffone (ripubblicato per la prima volta su "Quaderni di teatro", n. 18, novembre 1982). Ora, soprattutto la contemporaneità della produzione radiofonica e di quella teatrale sembra significativa per la conoscenza di Gadda negli anni Cinquanta, al di là dell'immagine fornita da Vela con la sua antologia, incentrata su Un radiodramma per modo di dire. Non fu per caso, o per soli motivi di sopravvivenza, che Gadda allora si applicò alle forme scritturali in contatto diretto con il pubblico. Lamberto Montanari P.S. Devo ringraziare Claudio Me/dolesi, che mi ha indirizzato al ritrovamento degli scritti gaddiani qui ripubblicati. Galileo Ferraris e gli scienziati piemontesi Il nome di Galileo Ferraris non risuona ancora così alto, forse, accanto a quello dei nostri grandi "fisici" quanto la natura dei suoi studi e l'importanza della sua scoperta gli dovranno meritare nel ricordo degli uomini, dei concittadini in ispecie. Nella storia della elettrofisica (e della elettromeccanica) la sua ragione ha operato con risultati non meno provvidi e non meno felici di quelli ottenuti da Volta, da Pacinotti, da Beli. Galileo Ferraris fu ingegnere e fisico, e studioso di matematica: fu docente di eccezionale valore. Il ricordo delle sue lezioni al Museo Industriale di Torino, indi alla Scuola di Elettrotecnica da lui istituita (1886) rimase vivo nei discepoli finché vissero. Esempl~ri apparvero a tutti, in una società così fervida, le sue quahtà umane: bontà, onestà, spirito di civiltà, chiarezza d'idee. Il suo disinteresse di fronte ai risultati industriali della "scoperta" ci appare oggi incredibile e direi fanciullesco. Egli visse allo scorcio di un secolo in cui una profonda fede nell' "apostolato" della scuola e nelle ideali ragioni della scienza sorreggeva e conduceva le anime. Nell'ambito di quella che potremmo chiamare (senza sminuirne il valore e i confini amplissimi, cioè il carattere di partecipazione essenzialealla civiltà europea) la cultura scientifica piemontese, il nome di Galileo Ferraris si inscrive nella serie dei grandi nomi che fanno del Piemonte e del centro di Torino sede insigne o meglio operosa officina di studi matematici e fisici, dallo scorcio del decimottavo a tutto il secolo decimonono. Cito, secondo ordine, il nome di Giuseppe Luigi Lagrange (Torino 1736-Parigi 1813), l'autore della Mécanique analytique (1787), della Théorie des f onctions analytiques (1797), il grande sistematore del calcolo delle variazioni fondatore in Torino di quella società scientifica o circolo di dotti che divenne poi la Reale Accademia delle Scienze. Cito il nome di Amedeo Avogadro (Torino, 1776-1856), che già nel 1811 enuncia la nota legge recante il suo nome: essa costituisce nozione-base e punto di partenza per gli sviluppi della chimica e della fisico-chimica; cito il nome dell'ingegnere Carlo Alberto Castigliano (Asti 1847-Milano 1884), studioso dei complessi problemi dell'elasticità e del lavoro elastico, autore del cosiddetto "teorema delle derivate del lavoro". A Torino insegnò Cauchy (Agostino Luigi), uno degli istitutori dell'analisi matematica moderna, nato a Parigi nel 1789,mortovi nel 1861. Re Carlo Alberto ve lo avèva chiamato ad occupare la cattedra di "fisica sublime", (cioè matematica infinitesimale) già tenuta da Lagrange, poi da Avogadro. All'Università di Torino insegnò chimica il palermitano Stanislao Cannizzaro (1826-1910), che svolse la teoria atomica prendendo a base della sua costruzione il principio di Avogadro e superando con chiaroveggente lucidezza le molte, varie difficoltà concettuali oppostegli dai dubbi e dalla critica del suo tempo. Gli studi di Cannizzaro (dal 1860) schiudono la via a quelli di Lothar Meyer e di Mandeleiew, e alla concezione del "sistema periodico" degli elementi (1869). 33

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