IL CONTESTO MUSICA vedi il movimento cirèolare, di continuo spezzato e ripreso, attorno alla ragazza, quando all'arrivo dell'amico del fratello tutto il suo mondo vacilla). Newman punta sul sottotono, ma in modo che "il sussurro sia potenzialmente portatore del grido". Questione di tempi, di ritmi, di lavoro sui personaggi e soprattutto sugli attori, naturalmente. E più della moglie Joanne Woodward nella cui fragilità, nei film da lui diretti, proietta una sorta di proprio "doppio nascosto" e di Karen Allen, è John Malkovich a dare una forte presenza, tra distacco e vero strazio, a un'idea di realtà e di rapporto con il testo, rivitalizzato dall'interno nelle sue potenzialità di conflitti e dignità, nel suo flusso di magra esistenza e di sogni frustati. Si può certo pensare che, al fondo di queste operazioni, ci sia un sospetto di accademismo, ma esso ha un'autenticità e un senso adulto delle cose, anche se non stravolgente, estranei in ogni caso alle astuzie, cinismi, utilitaristici adeguamenti all'aria del tempo che sono dei più. DIFESADI PRINCE Marcello Lorrai ''È quattro cose insieme. Innanzitutto il padre lo portava sempre ai concerti di James Brown. Poi Marvin Gaye e Jimi Hendrix. E infine: basta guardarlo sulla scena, si muove come Charlie Chaplin". Brown più Gaye più Hendrix più Chaplin, ecco riassunta nell'autorevole parere di un suo grande estimatore, Miles Davis, la formula vincente di Prince. Ma un'altra volta Davis ha detto al suo intervistatore: "Vuole sapere a chi mi fa pensare, soprattutto come pianista? A Duke! Sì, a mio modo di vedere è il Duke Ellington degli anni Ottanta". Paragoni del genere naturalmente valgono quello che valgono, ma album dopo album Prince conferma di essere all'altezza di complimenti simili. Sui motivi della mancata uscita prima di Natale del Black Album, il disco ritirato e "distruttq" in extremis dalla Warner Bros, si è sviluppata una vasta mitologia. Niente di male, comunque: il Black Album è diventato un "bonus" princiano che qualsiasi appassionato può procurarsi senza troppa fatica sotto forma di cassetta pirata, mentre Lovesexy, capitolo successivonella discografia ufficiale di Prince a Sign O' The Times, premiato lo scorso anno da un successoenorme, è nettamente superiore. Davis ha dimenticato qualcosa di grosso: Brown più Gaye più Hendrix più Chaplin più Ellington più 24 Beatles. Lovesexy è un album prepotentemente beatlesiano: per chi ha amato e assorbito la musica del quartetto di Liverpool (diciamo quintetto, con George Martin), per chi ha consumato per esempio il mitico WhiteAlbum, è come trovarsene tra le mani un supplemento giusto vent'anni dopo, un White Album con una diversa, più scura pigmentazione della pelle. In Lovesexy, come in ahri momenti di Prince, ci sono dei Beatles stilemi perfettamente riconoscibili, ma c'è soprattutto l'acutissima capacità, che l'ascoltatore interiorizza come un modo di sentire permanente, di cogliere umori e colori della propria epoca, senza però quello che in loro era consolatorio. Prince, che in un'età di disincanto, lontana dalle illusioni dei Sessanta, proclama il bisogno di una nuova "positività" (è il titolo di uno dei brani dell'album), è i Beatles proiettati nell'era dell'Aids e del crack: non solo perché i tempi sono cambiati, ma per l'attitudine realistica della sua pop-music, che riesce a ottenere un consenso di massa senza essere per niente corriva, che conquista ascolto dopo ascolto con il suo gusto raffinato per le sfumature e la rarefazione: e da un disco come Lovesexy diventa difficile staccarsi. Ricordava Gabriel Garda Marquez, in un vecchio articolo in morte di John Lennon, l'affermazione di un amico, risalente ai primi anni Sessanta, che torna in mente con Prince: "Ascolto i Beatles con un certo timore, perché sento che mi ricorderò di loro per tutto il resto della vita". "È l'unico caso che io conosca", commentava lo scrittore, "di TELEVISIONE uno che ha sufficiente chiaroveggenza per rendersi conto che sta vivendo la nascita delle proprie nostalgie". Senza avere affatto la pretesa di possedere una dote unica, è questa la sensazione che si può provare ascoltando Prince. Del resto c'è già un sentimento che assomiglia molto alla nascita di una nostalgia tra chi lo scorso anno ha assistito allo show che Prince ha portato anche in Europa: per molti spettatori i concerti di altre star anche di primissimo piano, poi, sono stati visti con l'occhio crudelmente selettivo del dopo-Prince. Ai nomi di cui sopra volendo si potrebbe aggiungere quello di Stanley Kubrick: per il perfezionismo implacabile. Impatto rock, stile ed eleganza che provengono da tutta una storia di entertainement nero, in cui si trova ricompresa anche una vitale dose di quello che dal punto di vista di un'estetica bianca potrebbe essere definito kitsch. Con questa miscela e uno spettacolo a quanto pare ancora più clamoroso, Prince sarà di nuovo nel vecchio continente quando questo numero di "Linea d'Ombra" sarà in edicola, e a metà mese sarà forse ancora a Milano per diverse date. Un'occasione, da non perdere anche per chi, non particolarmente appassionato di musica, voglia fare l'esperienza, di un vero "teatro d'opera" dei nostri giorni. OMOLOGATIEARBORIZZATI Oreste Pivetta Chi dice che le lotte sono tramontate. I minatori inglesi hanno resistito per mesi alla signora Thatcher. I giornalisti italiani stanno risalendo la china della combattività e le loro associazioni stanno ripulendo dalla polvere strumenti di sostegno, soldi accantonati, prelievi dai fondi pensioni, come si faceva con il pane e con il grano qualche decennio fa. Solidarietà di classe, ecco la parolina magica che ci riporta indietro con il tempo. Che poi, spiega qualcuno, è solidarietà di corporazione. E tira fuori la storia della Gilda, detta un po' così come fosse la rossa atomica, cioè Rita Hayworth, cioè Margarita Carmen Cansino, o come fosse la ragazza del Mac Mahon, mentre si dovrebbe pronunciare "ghilda", tanto per ricordarci il medioevo (con il timore appena represso di riavvicinarci troppo al nostro fascismo). Ma anche usando "gilda" pe~ "ghilda" i nostri professori non si sono conquistate troppe simpatie: un po' perché sono arrivaFoto di Paola Bensi.
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