IL CONTESTO CONSIGLI/SCONSIGLI cere di scoprirlo da solo. Ma è doveroso constatare l'eleganza della macchina, e anche la complessa coerenza che le maschere e gli smascherati dell'intreccio instaurano con la moltiplicazione sul piano tematico delle figure di sdoppiamento e di crisi d'indentità (Narciso, il gemello, il trovatello nato da uno stupro che insegue il padre per ucciderlo, il racconto che si scopre menzognero già al1'interno del racconto). Il romanzo di Bufalino è costruzione carica di rimandi interni e di doppi fondi, e molto coerente nel perseguire il dubbio sistematico sulla verità di qualsiasi discorso, e dunque anche del proprio. E tanto più dubbia, perciò, sarà la natura del suo rapporto con la storia, a partire dallo sfondo, fortemente stilizzato, "d'uno stravolto Risorgimento": "Benché tentato dal più eburneo 'inattualismo' - recita infatti fin dal risvolto - l'autore non esclude che, a sua saputa o insaputa, taluna emozione pubblica o metafora dell'odierno o parabola possa essersi insinuata fra le sue fiabe". Anche per Bufalino, come per Cerami, il contatto col mondo si stabiliscesulla base non tanto di referenti specifici, localizzati, quanto dei "grandi problemi", più o meno eterni. Soltanto che Cerami è meno fine letterato ma più capace di concretezza, laddove Bufalino solo grazie a una letterarietà così oltranzistica e raffinata da implicare costitutivamente l'autoironia può costruire quel di più d'indecifrabile, d'ambiguo, che lo salva dal rischio mortale del manierismo metafisico, dallo scivolone nella nebbia delle sublimi banalità. Con il che siamo tornati al problema da cui eravamo partiti. Nel senso che La lepre e Le menzogne della notte ci mostrano come una letteratura ben cosciente della propria natura di artificio, e persino della sua separatezza rispetto alla storia, possa, per un paradosso soltanto apparente, ricostruire in qualche modo un rapporto con la realtà, o meglio con determinati livelli del reale. Forse però non sarebbe sbagliato pretendere ancora di più. VAMOS A LAPLAYA Grazia Cherchi Quando finisce l'anno per chi lavora - cioè in estate - due sono gli argomenti cui non sfugge chi scrivenel settore culturale delle gazzette e chi le legge: le cosiddette vacanze con annessi i cosiddetti consigli di lettura. Sono argomenti quasi impraticabili, consunti come sono dall'uso, rigirati in tutte le salse (e resterebbe da controllare se chi legge abi22 tualmente, legga veramente di più in vacanza e se le vacanze siano poi così appetibili, e non fonte di noia, frustrazione, esplosioni d'incompatibilità). Detto questo, coerenza vorrebbe che la rubrica "Consigli/Sconsigli" librari cogliesse al volo l'occasione per sparire. Ma flebile è la volontà di chi la tiene rispetto a quella del direttore carismatico di questa rivista: ogni suo desiderio è per i collaboratori bonsai un ordine. Con ubbidienza cieca passo quindi a compilarla, ma ricordando che ha più o meno dieci anni e non solo li dimostra tutti, ma a mio avviso li porta male. Scrivo di sabato dopo aver dato il solito sguardo obbligato (ma da chi?) a "Tuttolibri", e aver scorso con mezzo occhio la classifica "Sette giorni di best seller" (ricordate la parodia che ne hanno fatto qualche tempo fa su "Tango" Gino e Michele? Nella "Narrativa straniera" facevano comparire ad esempio: Carmen Llera Moravia, Istruzioni per druso; nella "Saggistica", a Lenin, Che fare?, faceva seguito Alessandro Natta, Boh!, mentre nella "Varia" spiccavano Roberto Formigoni, li fai da te, e Toni Negri, Guida di Parigi). Questa volta ho sbirciato solo la "Narrativa straniera" (dove, e qui parlo in generale, antichi amori ci hanno, temo, detto definitivamente addio: alludo ad esempio a Bellow, a Vargas Uosa, a Handke e tanti altri). I quattordici titoli che compaiono oggi (11 giugno) in classifica, direi che sono quasi tutti opericciole mediocri o spazzatura. I tre che non lo sono - il Kundera più kitsch dei Kundera (L'insostenibile ... ), l'unico bel romanzo scritto dalla sopravvalutata Yourcenar (Memorie di Adriano) e il nocivo ai giovani Hesse (Siddharta) - sono ospiti pressoché fissi e sono quindi venuti a noia o peggio. Per il resto, ci sono i soliti Robbins Collins Sheldon che lasciamo al loro tristo destino di miliardari. Bene, se per una volta facessi il giochino di sostituire a questa "compagnia malvagia e scempia" libri che avrebbero meritato, loro sì, di essere dei best seller (e che non lo saranno mai), il problema sarebbe che avrei bisogno di pagine e pagine. Perché, sia ben chiaro, di bei libri continuano ad uscirne, novità e repechages, soltanto che è sempre più difficile individuarli e, soprattutto, trovare il tempo per leggerli.Comunque ne segnalo qui alcuni - scegliendoli solo nella narrativa e saggistica straniera - che vale proprio la pena, secondo me, di avere con sé ovunque si vada o non si vada: Hannah Arendt, Rahel Varnhagen (li Saggiatore); Heinrich Boli, La ferita (Einaudi, repechage); Peter Brook, Il punto in moviCINEMA mento (Ubu/libri); Erwin Chargaff, li fuoco di Eraclito (Garzanti, repechage); Milan Kundera, Amori ridicoli (Adelphi); Istvan Orkény, Novelle da un minuto (E/O); George Orwell, Nel ventre della balena e altri saggi (Sansoni); Hjalmar Soderberg, // dottor Glas (Il Quadrante); Jurij Trifonov, La sparizione (Editori Riuniti); Edith Warthon, Febbre romana (La Tartaruga). Una scelta tra le tante possibili, questa mia; alle innumerevoli dimenticanze spero ovvierà l'elenco dei libri consigliati, sempre in questo numero, dalla redazione. Infine, anche se non bisognerebbe dirlo, due redattori di questa rivista hanno pubblicato quest'anno opere prime di qualità: Alessandro Baricco, li genio in fuga (Il Melangolo) e Gad Lerner, Operai (Feltrinelli). I restanti redattori pubblicheranno tutti sicuramente entro l'anno: è un ordine del direttore. Quanto alle imminenti vacanze, per chiarire meglio il mio stato d'animo al riguardo, citerò il grande Flaiano: "Andarsene. Dove? Spianano le colline,/ tagliano il bosco, sporcano il mare d'inchiostro,/ nèl prato hanno eretto un priapo./ Lottizziamo un villaggio per suicidi,/ è una forma di protesta-investimento". LEPOCHEOCCASIONI DELLOSPEffATOREADULTO Gianni Volpi Vere, grandi "esperienze", il cinema sembra proporne sempre più raramente (quest'anno forse una sola: Full metal jacket di Kubrick), e lo spettatore "adulto" le proprie occasioni se le deve andare a cere.areai margini del sistema cinematografico, in piccoli film che sono frutto di interessi personali, di frequentazioni perlopiù letterarie da parte di registi e attori che covano per anni il proprio progetto come parte autentica di sé, sottratta al proprio lavoro di routine. Nulla che abbia a che fare con una voglia di realtà, di analisi e di intervento. Semmai, un senso di sottile polemica film come li pranzo di Babette di Gabriel Axel e Lo zoo di vetro di Paul Newman lo trovano nel loro voluto anacronismo, specie in rapporto allo stato del cinema. Comune ai due film è la matrice letteraria, un racconto di Karen Blixen, un "capriccio del destino" in un caso, un testo teatrale "fuori moda" di Tennessee Williams (dopo aver goduto di una fama superiore al suo valore, quarant'anni fa, grazie anche a "storiche" messe in scena di Kazan in America e di Visconti in Italia) nel secondo.
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