Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

DISCUSSIONE/GIACCHE con gli altri .era tanto più possibile e forte, quanto più fondato sull'esaltazione delle libere e solitarie individualità. Certamente i vari comportamenti, con diversità di peso specifico non trascurabili, continuano a valere oltre il gruppo che ne è portatore, ma la bohème delle origini e la psicoanalisi come epilogo non sono storia di tutti, sono storia per tutti. Anche nel caso dell'autrice dell'Autoritratto, la collocazione generazionale sembra connotare il punto di vista più delle differenze personali e delle esperienze professionali. È come essersi fabbricati prima e, magari, essersi analizzati e smontati dopo, ma non è soltanto una questione di lunga o di breve durata; si sottolineano le stesse cose in modo diverso, ovvero il linguaggio dei segni si ripete uguale per distanti significati. La "presa di parola" ha più valore, nel racconto della Passerini, che la presa di coscienza, dove per altro si può azzardare che la Coscienza sia stata il soggetto dell'azione, come si fosse trattato di una razionale ma irragionevole occasione di "possessione". Così altre caratteristiche di una generazione più datata, come la scoperta del terzo mondo e del mondo in generale o ancora come l'incontro con il "movimento situazionista'' delle origini, piuttosto della scoperta e della pratica del situazionismo della decadenza, dove frammentazione e ironia sapranno di più debole e autodistruttiva amarezza. In definitiva un percorso più ampio e più esterno offre il vantaggio di una più rigorosa distanza dal racconto del Sessantotto studentesco, convenientemente ascoltato e riferito, e insieme intimamente condiviso; allo stesso tempo le altrui testimonianze restano prigioniere nell'interno del proprio romanzo. Ma è proprio questo il punto e il mezzo in cui si riscontra il massimo pregio del lavoro. Il gioco dei pretesti è invertito. Il racconto di superficie è le storie di più attuale e viva quotidianità personale sono l'approccio e lo schermo délla ricerca: non l'involontario terminale narcisista, ma lo strato di necessaria protezione. Tanto più efficace, anche verso se stessa, quanto più costruito di sincere e svendute confessioni. La memoria raccolta - compresa la lunga auto-intervista alla testimone Luisa Passerini - si può allora rivelare progressivamente vincente. I frequenti ritorni al tempo presente dello svolgimento dell'indagine e del momento della scrittura, arrivano gradualmente alla minore o nulla significatività. Il confronto con quel passato li avvilisce. Gli amori e i dolori della scrittrice con X e con G. scemano di peso e si espongono all'ironia o al ridicolo. "Risibili", li avrebbe chiamati lei alcuni anni prima. Il presente appare quasi ingiustificato e incollocabile nel resto della storia personale e collettiva: nella memoria si intravvedono i modi naiJs e le ricette radicali per una terapia del comportamento impraticabile, eppure più sana dell'analisi. Ovviamente indietro non si ritorna, e però si è incentivati a pensare che contro la storia, almeno contro l'esito e la resa della storia personale, armare la memoria può servire a qualcosa. Non "riportare in memoria", né, data la distanza, ricorrendo ai metodi e alle terminologie da sca"'.o: armare la memoria nel senso in cui si arma una nave ... 15

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