Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

DISCUSSIONE/BACIOALUPO Aurora verso dove scendi giù di nuovo, E gli uccelli di Mèmnone verranno sacrificati ogni anno[. ..] Dove è che corri tu che uomini e donne non amano, Trattieni i cavalli rosei che non si muovano. Quanto a fraintendimenti più o meno volontari questo Marlowe non è secondo a nessun novecentista, ma Pound colse nei versi una musica, la stupefazione di una movenza sintattica. La traduzione del testo è di nuovo la rinascita di una visione a lungo sepolta dai cliché, un'epifania pronta a riprodursi un'altra volta a secoli di distanza. Così in un'altra pagina pisana (canto 81), a proposito del silenzio quasi totale della lirica fra Chaucer e gli elisabettiani, Pound scrive laconicamente: "E per 180anni quasi niente". Il tema corre per tutti i Cantos, per cui si può proprio parlare di una poetica dell'epifania-traduzione che è a un tempo artistica e amorosa: i Rubaiyat e la modella sono tutt'uno. Il metodo del poema, la traduzione, è così anche il suo argomento centrale. Pound spesso racconta il processo di anamnesi, rammemoramento, traduzione, cioè mette in scena l'atto del trascrivere, leggere, interrogare il testo. Lo fa con gli incartamenti del Monte dei Paschi di Siena riportati con postille nei canti 42-44, lo fa con un frammento di Stesicoro nel canto 23. Nel canto 20 riferisce il suo arrovellarsi di studente intorno alla parola noigandres presente in un testo provenzale: E andai dal vecchio Lévy, erano ormai le 6.30 di sera, e lui attraversò mezza Friburgo prima di cena per vedere i due pezzi copiati da Arnaut, 71 R. superiore, Ambrosiana, non che sapessi cantargliene la musica. (Dove si sente Robert Browning con la sua prosaicità e Henry James con la sua ricerca della figura nel tappeto e soprattutto l'amanuense che copia.) E mi disse: C'è qualcosa che posso tir/e? Ed io: Non saprei, professore; oppure: Sì, cosa è che intendono con noigandres? E lui: Noigandres! Noigandres! Sapete per sei mesi te/la mia vita ogni notte quanto io antare a letto, io lire a me: NOlgandres, eh, noigandres, ma che tiavolo può voler tire! Vento sopra gli ulivi, i ranuncoli in ordine, presso il limite chiaro delle rocce l'acqua corre, e il vento profumato di pino e di campo di grano sotto la falce del sole [.. .] Agostino di Duccio, e l'olors - l'odore che c'era - d'enoi ganres. La poesia nasce dalla filologia, o è la sola vera filologia: 102 il segreto di quella figura nel tappeto che è noigandres Pound lo scopre attraverso la tradizione orale (il vecchio Lévy), il riferimento pittorico (Duccio) e la einfuhlung, che permette il ritrovamento dell'esperienza apparentemente perduta. Sono delle "occasioni" da cui scatta l'epifania, certo, ma Pound non ammetterebbe mai la casualità della relazione: Arnaut, Duccio, Lévy e lui stanno tutti guardando una stessa cosa, uno stesso mondo da "tradurre". "Non fu l'uomo a fare il coraggio, fare l'ordine, fare la grazia", dice un altro luogo celebre dei Cantos. L'ironia non è lontana dalla commozione nella fenomenologia del sentimentale: ecco perché le opere irriverenti del Novecento - Pound e Eliot, ma anche Proust e Joyce - non cessano di commuovere. A proposito, il Leopold Bloom dell'Ulisse si arrovella anche lui intorno a una traduzione, in merito a una parola dell'apostrofe del Commendatore a Don Giovanni: - A cenar teco. What does that teco mean? Tonight perhaps. - Don Giovanni, thou hast me invited To come to supper tonight, The rum the rumdum. Doesn 't go properly. - A cenar teco. Cosa vuole dire quel teco? Forse stanotte. - Don Giovanni, hai me invitato A venire a cena stanotte, Taram taram tam. Non va bene. Ma per un esempio attuale della fecondità dei moduli modernisti converrà chiudere col Catullo di Edoardo Sanguineti ("Galleria", maggio-dicembre 1986), non a caso dedicato a "E.P., neglected by the young" (che è citazione dal Mauberley). Qui il "Passer, deliciae meae puellae", che si con: elude richiamandosi alla cintura della vergine Atalanta, "zonam diu negatam" (ligatam in altri testi), viene così cantato: alla mia ragazzina piaci, passero, che lei ci gioca, e a te ti stringe al seno, e ti dà un dito, in punta, se la punti, e a morderla ti provoca, di scatto, quando che a lei, che è la mia bella voglia, le va che fa uno scherzetto così: ma sarà il conf orlino al suo dolore, che il suo calore, immagino, ci tempera: ah, poterci giocarti, io, come lei, da alleggerirmi la malinconia, tanto già piacque, pare, alla ragazza velocista, la mela doratina: le ha sciolto gli slippucci legatissimi.

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