Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

questi praticanti dello slittamento del significante sono infatti dei grandi contenutisti. Così, a proposito dell'Ovidio di Arthur Golding (1567)Pound sottolinea che il traduttore "si sforzava di trasmettere ai suoi lettori il senso dell'originale: egli nomina le cose dette dal suo autore adoperando il nome che per i suoi ascoltatori era il più comune, familiare, semplice; vuole trasmettere un significato e non dilettarli con un rumore di fondo". Questo significato però in ultima analisi è la forma stessa del contenuto, sicché il discorso è circolare. Ma va comunque segnalata la tendenza empirica e debunker, demistificante, della traduzione modernista, evidente in tutto Pound fino allo slang americano delle Trachinie (1954), e persino in Eliot quando protesta contro le traduzioni convenzionali del teatro greco per il loro linguaggio ampolloso (Euripide e ilprofessor Murray, 1920). La poetica della traduzione come bellezza intravista e recuperata è da Pound espressa in più occasioni memorabili. Egli cita spesso come un precedente i Rubaiyat tradotti per la delizia di Dante Gabriele Rossetti e compagni da Edward Fitzgerald (1859). Così in Mauberley, dove descrive una pallida bellezza preraffaellita, e in particolare i suoi occhi (cito l'originale e la versione di Giovanni Giudici): Thin like brook-water, With a vacant gaze. The English Rubaiyat was still-born In those days. Tenui come acqua di sorgente, Con uno sguardo assente. I Rubaiyat inglesi erano nati morti a quei giorni. Lo sguardo assente della donna è un correlativo oggettivo della bellezza melanconica e trascurata della traduzione di Fitzgerald (su cui anche Borges ebbe a scrivere delle belle pagine). DISCUSSIONE/BACIGALUPO Pound ha infatti caro l'aneddoto che vuole che l'operetta di Fitgerald/Khayyam passasse inosservata alla sua pubblicazione, finché Rossetti non la raccolse per caso su una bancarella e se ne invaghì. Fitzgerald aveva ritrovato la bellezza nella traduzione, Rossetti a sua volta la strappa dalla dimenticanza sotto forma d'un libretto svenduto. Sono i casi della trasmissione della poesia, che sono sinuosi e indiretti, non ufficiali, nati da incontri occasionali (con la bellezza non si hanno appuntamenti a orari precisi). Quando, 25 anni più avanti, Pound la scorse di nuovo nel cielo di un'alba presso Pisa, sotto forma di congiunzione del pianeta Venere con la luna o Diana, egli vi accostò ancora una volta la metafora del ritrovamento rossettiano: lay there ti/I Rossetti found it remaindered at about two pence (Cythera, in the moon 's barge whither? how hast thou the crescent for car? restò lì finché Rossetti non lo trovò in svendita a circa due penny (Citerea, nel battello della luna, dove vai? com'è che hai il crescente per carro? Dove la parentesi ci dice l'improvvisa percezione di quella bellezza che è un "gasp between one cliché and another", un'unione di Venere e Diana, rigore apollineo ed empito dionisiaco. La suggestiva arcaicizzante apostrofe alla Citerea sembra a sua volta un ricordo delle Heroides di Ovidio nella versione di Christopher Marlowe, anch'essa citata nel saggio sui traduttori del 1917: Aurora whither slidest thou down againe, And byrdes from Memnon yearly sha/1be slaine [.. .] Whither runst thou, that men and women loue not, Ho/de in thy rosie horses that they moue not. 101

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