Linea d'ombra - anno VI - n. 29 - lug./ago. 1988

DISCUSSIONE/VELOffl coanalisi e il femminismo (e, aggiungerei, col marxismo, che negli Stati Uniti è vivo in alcuni campus sotto forma di metodologia critico-letteraria tra le altre), e suggerisce tre ragioni di questo fenomeno che vale la pena riportare: "In primo luogo, la mancanza di una sfera intellettuale pubblica fa sì che in America le idee vengano dibattute soprattutto all'interno delle università, dove il loro rapporto con le divisioni di tipo disciplinare ha un'importanza che non avrebbe in una sfera pubblica non accademica. In secondo luogo, la struttura tipicamente capitalistico-imprenditoriale dell'università americana dove i professori sono raggruppati in dipartimenti che gareggiano per avere più studenti e più fondi dall'amministrazione dell'università, può creare un certo interesse istituzionale a esplorare nuovi domini intellettualmente eccitanti, nella misura in cui non entrano direttamente in conflitto con la definizione dell'ambito di propria pertinenza. In terzo luogo, e si tratta del punto più importante, le caratteristiche e l'orientamento particolare di altre discipline in America - in particolar modo della psicologia e della filosofia, ma anche della sociologia - hanno lasciato un vuoto che i dipartimenti di letteratura hanno cercato di riempire. I dipartimenti di filosofia americani hanno generalmente evitato la tradizione europea post-kantiana - sono poco inclini a insegnare l'opera di Hegel, Husserl, Heidegger e dei loro successori, e hanno abbracciato una tradizione analitica più ristretta abbandonando l'ampio ruolo culturale della filosofia". L'insieme di discipline e di riflessioni che sono chiamate a svolgere !"'ampio ruolo culturale" a cui la filosofia in America ha rinunciato viene rubricato sotto l'etichetta generale di "teoria". Se si decide di diventare studenti di teoria, la decostruzione rientrerà senz'altro tra gli insegnamenti da seguire. Uno studente che si sente chiamato ad aderire al progetto di decostruzione della "metafisica occidentale", chiederà che gli venga fatto un esempio di decostruzione in atto, ed è probabile che il suo insegnante gliene mostri uno simile a quelli proposti da Culler; per esempio, "la decostruzione nietzscheana della causalità": poiché noi vediamo prima l'effetto (per es. un dolore) e poi lo colleghiamo a una causa (per es. uno spillo), la causalità, "che è un principio basilare del nostro universo", e tale resta, non è evidentemente "qualcosa di fondato 98 in modo assolutamente certo" ma è il risultato di un'operazione retorica: "lo schema causale viene generato da una metonimia o metalessi (sostituzione della causa per l'effetto)" (Culler, p. 78). I processi causali diventano reversibili. Ma lo studente appare perplesso; così il professore di teoria decide, come fa Culler, di chiarirgli le idee con una citazione da Derrida: "In un'opposizione filosofica classica, non c'imbattiamo mai nella coesistenza pacifica di un vis-à-vis, bensì in una gerarchia violenta. Uno dei due termini comanda l'altro (assiologicamente, logicamente, ecc.) e sta più in alto di lui. Decostruire l'opposizione equivale allora, anzitutto, arovesciare in un determinato momento la gerarchia" (Posizioni, p. 76). Credevate che la causa dominava l'effetto? Sbagliavate: ma non crediate che si voglia stabilire una nuova gerarchia (l'effetto prima della causa): è quell'opposizione che va fatta "saltare", altrimenti si ristabilisce una "metafisica della presenza". Ma se lo studente è un po' duro di testa, e continua a guardare il suo professore con aria inebetita, bisognerà ripetergli che il "logocentrismo", la "metafisica occidentale", "il platonismo", hanno sempre privilegiato le gerarchie concettuali, le opposizioni irriducibili tra essenziale (l'idea) e accidentale (l'opinione, la copia, l'imitazione, l'opacità della materia), tra centrale e marginale (il quadro rispetto alla cornice, l'opera rispetto ai suoi ornamenti, la logica rispetto alla retorica, la coscienza rispetto all'incoscienza, la voce rispetto alla scrittura: sì, perché si è continuato a pensare che "in principio era il Verbo", e invece non è così. I "metafisici occidentali" considerano, per esempio, il gioco di parole "un peccato contro la ragione stessa", perché una relazione" 'accidentale' o esterna tra significanti viene fatta valere come una relazione di tipo concettuale, identificando (per es.) la 'storia' (history) con la 'sua storia' (his story) oppure collegando significato (sens) ad assenza (sans). Così consideriamo il gioco di parole uno scherzo per paura che i significati vadano a intaccare il pensiero" (Culler p. 83). Ma poniamo che l'autore di un testo intenda proprio history e non his story: mi spiace, deve rispondere il decostruzionista, quel che è scritto è scritto, e non mi stia a parlare di intenzioni dell'autore. L'autore, smascherato e decostruito, si appella al contesto: e qui il decostruzionista si frega le mani; qui viene il bello; qui può opporre una considerazione, sit venia verbo, "logica": nessun senso si determina fuori contesto, ma nessun contesto dà luogo a saturazione" (Derrida): ecco dimostrata "l'impossibilità, da parte di una teoria, di controllare gli effetti della significazione o la forza del discorso, sia che faccia appello alle intenzioni dei soggetti oppure ai codici e ai contesti" (Culler, p. 116). Ma a che tipo di controllo si pensa? Quando noi ci intendiamo (e bisogna ammetterlo; qualche volta accade proprio che ci intendiamo), abbiamo forse presenti tutti gli elementi di un contesto? No di certo. Eppure ci intendiamo. E quando una teoria scientifica vuole essere rigorosa, deve forse esplicitare tutti i suoi presupposti? No di certo, non sarebbe neppure una teoria scientifica. Affinché un discorso o una teoria ab-

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