Foto di Giovanni Plllonca. con Decolonising the Mind - possano essere utilizzati nel1'analisi della situazione irlandese o ritiene anche lei che si tratti di un'operazione rischiosa? Certo che ci sono dei rischi. Ma indubbiamente è un peccato che essi non siano stati utilizzati prima. Non è che questi libri non fossero noti. Ma c'era, in ultima analisi, un rifiuto da parte nostra: non si accettava l'idea che quella irlandese fosse una realtà coloniale e perciò stesso più vicina ali' Algeria e al Marocco che non all'Europa occidentale cui noi così ardentemente desideravamo appartenere. Era proprio difficile conciliare l'appartenenza all'Europa con una storia economica da Terzo Mondo. L'Irlanda è come un carro attaccato a una Mercedes, trascinato dalla CEE e dai valori consumistici che le sono propri. Qualcuno ora comincia a rendersi conto che alcuni Paesi dell'Africa del Nord, come l'Algeria appunto, e, in qualche misura, anche alcuni Paesi del Sud America hanno in realtà da offrirci alcune lezioni importanti, molto amare, sull'intimità - per usare il termine di Nandy - la stretta'correlazione, fra l'amore per la schiavitù, la convinzione che si possa vivere senza responsabilità e l'idea di essere allo stesso tempo il colonizzato e il colonizzatore. Tutto ciò ha avuto un'influenza affatto nefasta sulla sfera politica e sul carattere nazionale, anche se bisogna dire che in campo letterario ciò è servito da stimolo alle energie creative, soprattutto per quanto riguarda il teatro e la poesia. Tuttavia, l'idea di essere i buffoni di corte degli inglesi o della CEE o del mondo in genere non è certo un segno del genio e dell'originalità irlandesi, ma, semmai, il segno di un radicato colonialismo con cui gli irlandesi hanno cominciato a fare i conti solo nel corso degli ultimi 15/20 anni. In questo processo di liberazione, in questo sforzo di progettualità, il gruppo di cui leifa parte - insieme a Brian Friel, Seamus Heaney e Tom Paulin - e che si riunisce intorno all'impresa editoriale e teatrale della "Field Day Theatre Company" di Derry ha qualcosa di molto importante da dire. Come ne riassumerebbe gli obiettivi? "Field Day" vuole provare a creare uno spazio che ancora non esiste, uno spazio per la riflessione e l'analisi, uno spazio per chi scrive. Non esiste né al Sud né al Nord, ma per così dire, nell'intervallo fra questi due luoghi. È per questo che abbiamo scelto Derry come base. In parte, perché veniamo tutti da lì e, in parte, perché è un luogo utilmente simbolico: al confine, egualmente simbolico per entrambe le comunità. Un luogo staccato dal suo hinterland naturale, il Donegal, e che non appartiene interamente neppure all'Ulster. Ciò che rtoi vogliamo rimarcare è che gli ordinamenti esistenti sono il prodotto di un processo storico che è ormai quasi giunto al suo termine; con il suo esaurirsi, non sarà più possibile la loro sopravvivenza. Noi cerchiamo di anticiparne la scomparsa, o la revisione, poiché esiste la possibilità di guardare all'Irlanda , in un modo diverso, più ecumenico e ospitale per le varie se- . zioni della popolazione che si trovano ora in conflitto. Tentiamo di offrire, se si vuole, la nozione di una coerenza cultuINCONTRI/DIANE raie su cui possa costruirsi un ordine politico, o che possa almeno influenzare quell'ordinamento a cui si giungerà alla fine. Per ora, siamo considerati come niente di più che una confraternita repubblicana. Certo, noi consideriamo l'unionismo come un fenomeno assolutamente contrario a ogni tipo di progresso, ma allo stesso tempo, insieme con l'unionismo rifiutiamo quella forma di nazionalismo frusto, iniquo, che vede la sua unica possibilità di sopravvivenza nel compromesso con gli unionisti. Noi ci opponiamo a entrambi e molte delle nostre commedie, dei nostri pamphlets, sono appunto dominati da questo tema. Penso a Translations di Brian Friel, a Double Cross di Thomas Kilroy o all'adattamento di Antigone fatto da Tom Paulin. Dove si parla soprattutto di due cose: il crollo dell'autorità perché rigida, incapace di concepire il cambiamento e, in secondo luogo, degli effetti di questo crollo che è stato - non bisogna dimenticarlo - un fenomeno persistente della politica irlandese degli ultimi due secoli e che ha contribuito a creare tali e tante distorsioni e deformazioni che la gente si è trovata costretta a inventarsi una propria immagine di Paese ideale in mancanza di una realtà politica compiuta. Quando lei parla del crollo dell'autorità, a cosa si riferisce in particolare? Forse anche alla mancanza di una leadership politica che fosse anche autorità morale e culturale? No. Molto più semplicemente, all'incapacità del sistema, tanto al Nord che nella Repubblica, di ottenere quel consenso che gli avrebbe permesso di operare con successo e di rispondere ai bisogni e alle esigenze della gente. In realtà, paradossalmente, fu il Nord a sperimentare le forme più originali di governo. Il Sud adottò l'ordinamento parlamentare britannico e il suo sistema legale. Fu un gravissimo errore. Non si fece, cioè, alcuno sforzo per rifondare le istituzioni. L'esperimento al Nord non ebbe successo perché si basò sul consenso di una sola parte della popolazione trascurando la minoranza, e fu questo che ne determinò il fallimento. La posizione del poeta, oggi più di ieri, è al centro di un dibattito e di polemiche che, soprattutto nell'Ulster, ruotano intorno alla combattuta e contraddittoria relazione di ciascuno scrittore con la comunità di appartenenza. In Station Island, Seamus Heaney chiede perdono alle vittime della violenza set65
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