POESIAECOLONIALISMO INCONTROCONSEAMUSDEANE a cura di Giovanni Pillonca Seamus Deane (Derry, 1940) è un esponente di primo piano di quel gruppo di scrittori epoeti de/l'Ulster (comprendente, fra gli altri, Seamus Heaney, Derek Mahon, Pau/ Mu/doon e Medbh McGuckian) che si è imposto nel corso degli ultimi 15 anni all'attenzione di critica e pubblico per il valore, /'originalità e la ricchezza della proposta poetica. Ha pubblicato tre raccolte: Gradual Wars (1972) che gli ha meritato l'ambito AE Memoria/ Award, Rumours (1977) e History Lessons (1983). L'anno scorso, sulla rivista "Granfa", è apparso il primo capitolo di un romanzo che Deane, al momento dell'intervista, stava portando a termine. Molto noto, tanto in Irlanda che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti per i suoi fondamenta/i contributi alla storia letteraria de/l'Irlanda moderna (fra i quali segnaliamo: Celtic Revivals, Faber, Londra 1985 e A Short History of Irish Literature, Hutchinson, Londra 1986), Deane è da tempo impegnato in una riconsiderazione globale dei percorsi e delle linee di sviluppo delle lettere del suo Paese. In questa sua ricerca, egli è mosso soprattutto dalla consapevolezza che il passaggio obbligato di qualsiasi analisi che non voglia essere consolatoria sia costituito dall'esame del secolare e contraddittorio intreccio tra la letteratura, il dato storico de/l'oppressione coloniale e i proteiformi aspetti di un neocolonialismo agguerrito di cui l'Irlanda sembra ancora oggi succube. Un punto focale della sua riflessione è rappresentato dall'analisi del messaggio politico contenuto nell'opera di Wi//iam Butler Yeats ed è volto allo smascheramento della visione metastorica del poeta, tesa alla trasfigurazione de//'Ascendancy, la classe dei proprietari terrieriprotestanti e al ricupero delle grandi figure della tradizione anglo-irlandese, da Berkeley a Swift. Un atteggiamento, quello di Yeats, che troverà la sua naturale conclusione nelle simpatie, proprie della sua ultima fase, per i regimi autoritari. La figura e l'opera del maggior poeta di lingua inglese di questo secolo ci vengono restituite, nelle pagine di Deane, impietosamente ridimensionate dal rapporto fra i miti personali del poeta e la realtà storica, e dal confronto con il diverso sviluppo ed opposto esito dell'opera di Joyce, l'altro grande faro della letteratura irlandese di questo secolo. È interessante notare, a questo proposito, come sia infatti Joyce, più che Yeats, a rappresentare il punto di riferimento ideale per gli scrittori oggi. E non tanto, si badi, per i romanzieri quanto per i poeti stessi, com'è testimoniato, ad esempio, dal ruolo che gli assegna Seamus Heaney in Station Island. Lungi dal considerarsi osservatore distaccato e imparziale di una realtà caotica da sezionare e descrivere, Deane è anche organizzatore e protagonista di un dibattito culturale molto intenso che ha uno dei suoi più significativi luoghi deputati nell'impresa editoria/e e teatrale della "Fie/d Day Theatre Company" di Derry. "Fie/d Day", che comprende tra i suoi soci fondatori, oltre a Deane, Heaney, Paulin e il drammaturgo Brian Frie/, è divenuto il centro di un progetto ambizioso, volto, come si dice nell'intervista, "a creare uno spazio che ancora non esiste... a offrire la nozione di un ordine politicofuturo più ecumenico e ospitale per tutti" attraverso il su64 peramento di divisioni tribali anacronistiche. Un obiettivo di lungo respiro, arduo, perseguito in un Paese lacerato e punteggiato da un irrefrenabile stillicidio di morti, di grandi e piccole violenze quotidiane. Abbiamo incontrato Deane al University College di Dublino dove insegna letteratura inglese e americana. Nei suoi ultimi due libri, lei invita chi si occupa della tradizione letteraria irlandese in lingua inglese a mettere da parte l'aggettivo "anglo-irlandese" in quanto anacronistico e inadeguato. Si tratta di una scelta di cui si avvertiva da tempo il bisogno. Come mai lo si afferma a chiare lettere solo ora? Principalmente per due ragioni: interessi accademici contrastanti e mancanza di fiducia. Da un lato si riteneva che solo la letteratura in gaelico avesse diritto al titolo di irlandese; dall'altro, non si aveva il coraggio di sostenere - persino dopo la conquista dell'indipendenza - che l'Irlanda possedeva una letteratura in lingua ingleseche era distinta da quella britannica, e originale, allo stesso modo in cui lo erano, distinte e originali, quella australiana, neozelandese, indiana e, naturalmente, quella americana. Ma, poi, con il riconoscimento del valore della produzione letteraria proveniente da quelle aree, anche da noi_,seppure con ritardo, ha cominciato a farsi strada il convincimento che ci trovavamo in una posizione simile; che si poteva fare di più: andare indietro oltre Yeats e Joyce, giù fino al Settecento, per scoprire un legame sotterraneo, una continuità culturale, di tradizione. Definirla "angloirlandese" era un'operazione di tipo settario perché finiva per escludere un corpus vasto, importante, prodotto da scrittori che non facevano parte della classe egemone protestante, l'Ascendancy, ma che le si erano decisamente opposti. Questa letteratura, per lei, non sarebbe né nazionale né coloniale, ma una sorta di ibrido ... Si tratta di un fenomeno inevitabile, considerata la storia dell'Irlanda. Due forze - l'opposizione nazionalistica e l'insistenza coloniale - hanno costituito le dominanti, sotto ogni aspetto, della vita del Paese, letteratura compresa. Anzi, in campo letterario, il loro influsso è stato più pronunciato. La letteratura risulta, per così dire, ossessionata dalle questioni che hanno sconvolto i vari gruppi sociali, fossero essi i latifondisti anglo-irlandesi nel XVIII secolo o le nascenti classi medie cattoliche nel XIX. Questioni legate al tentativo dei proprietari terrieri di rientrare in una cultura che li stava espellendo, o a quello dei rivoluzionari di affermare la propria visione del Paese, o alla ricerca degli scrittori dell'Ulster, oggi, di una qualche forma di relazione sia con l'Irlanda del Nord che con l'Irlanda intera come unità culturale e con il complesso di rapporti di entrambe con la Gran Bretagna e, in misura minore, l'Europa. Lei crede che i classici della letteratura anticoloniale - penso agli studi di Memmi, Fanon, Nandy e, più recentemente, all'illuminante contributo offerto da Ngugi wa Thiong'o
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