Linea d'ombra - anno VI - n. 28 - giugno 1988

va di senso, infatti sembrava che fosse sicura che fin dal primo momento si sarebbe trovata faccia a faccia con suo figlio e poiché così non era si mostrava smarrita e confusa, con un'espressione piena di paura e diffidenza verso le altre due donne. "Do' sta, do' sta?", ripeteva senza togliere lo sguardo dalla testa e dalla mano esposte sulla plancia del vano e ondeggiando rozzamente come se fosse ubriaca. La testa separata dal tronco, ghigliottinata e viva col suo unico occhio che ruotava in tondo, disperato, proprio come fa il bestiame quando è scaraventato a terra e sa che sta per morire, scatenò subito in Meche e ne La Chata un furore folle ma al tempo stesso gioviale e, nonostante l'assurdità della situazione, allegro. Riuscivano a vedersi perfino più giovani di quel che erano - non avranno avuto più di venticinque anni -, delle ragazzine di poco più di vent'anni, sportive, elastiche, agili e gagliarde ma allo stesso tempo bestiali. Si erano arrampicate sulla ringhiera del corridoio con le gambe incrociate, ciascun piede attorno ad una sbarra verticale, e da questa posizione, le gonne alzate e le cosce in vista, lanciavano le grida e gli strilli più inverosimili, agitando instancabilmente le mani per aria, ormai contratte, ormai a pugno, e le braccia, come robuste e tornite radici d'acciaio, scosse da brevi e violente scariche elettriche, mentre gli occhi, aperti più dell'immaginabile, scomposti ed arrossati, lanciavano scintille di una rabbia illimitata. "Rilasciateli, rilasciateli", la parola divisa in tre colleriche emissioni: ri-lascia-te/i,ri-lasciateli. La madre se ne restava immobile in mezzo alle due donne afferrando con entrambe le mani la ringhiera, come fosse il ponte di una nave, girata verso il cortile e guardando di sottecchi, di tanto in tanto, verso il vano, con la speranza di vederci la testa del figlio e non quella di quest'altro al quale non l'univa né affetto né la minima tenerezza. La testa, alle sue spalle, reclamava, insistente, nervosa, con dei tratti d'isterismo. "Molla il pacchetto, vecchia", al principio conciliante, e poi subito aggressiva benché nella soffocazione dell'intonazione cauta. "Molla la droga, vecchia bagascia! Molla il pacchetto, vecchia figliadi troia!''. Poteva anche darsi che la madre non ascoltasse veramente. Sembrava una mole di pietra, appena scolpita con l'ascia sassosa del periodo neolitico, vasta, pesante, spaventosa e solenne. Il suo silenzio aveva qualcosa di zoologico e di rupestre, come se l'assenza dell'organo adeguato le impedisse di emettere alcun suono, di parlare o di gridare, una bestia muta dalla nascita. Riusciva solo a piangere e perfino le sue lacrime producevano l'orrore di un animale del tutto sconosciuto, visto per la prima volta, e verso cui fosse impossibile provare misericordia o amore, proprio come suo figlio. Le lacrime grosse e lente scivolano lungo la guancia corrispondente alla vecchia rasoiata che andava dal sopracciglio al mento, invece della linea verticale seguivano il corso della cicatrice e gocciolavano dalla punta del mento, lontane dagli occhi, lontane da qualsiasi pianto umano. Nel cortile della Croce, i reclusi ed i loro familiari, con un'aria di inapparente distrazione e come spinti da qualcosa che non li riguardava e a cui non potevano resistere, si aggruppavano poco a poco sotto le donne sulla ringhiera. Nessuno osava lanciare un grido o chiaSTORIE/REVUELTAS mare, ma da tutta quella massa veniva fuori un brusìo sordo, fra i denti, un ronzìo unanime di solidarietà e di contentezza, di cui le scimmie non avrebbero potuto incolpare nessuno. Durante la visita dei familiari, il cortile della Croce si trasformava in uno strambo accampamento, con coperte stese per terra ed altre, attaccate alle pareti fra le porte delle celle, come una tettoia, dove ciascun clan si riuniva, spalla a spalla, donne, bambini, detenuti, in una specie di aggregazioneprimitiva e indifesa, di naufraghi estranei l'uno all'altro o di gente che non avesse mai avuto un tetto ed oggi provasse, per puro istinto, una specie di convivenza distorta e nuda. La marea, sotto le tre donne, cresceva in piccole ondate successive, lente, che si avvicinavano come per una passeggiata, gli uomini senza distogliere lo sguardo, in modo sfacciato e cinico, in attesa ed allo stesso tempo divertiti e timorosi, dalle mutande nere di Meche e di La Chata. "E allora vieni fuori, stronzo di un Carajo!" Non capiva. "Forza, esci tu!" La testa di Albino si concretizzò faticosamente nella cella e la madre poté vedere, quasi subito, proprio come se si fosse guardata allo specchio, come partoriva nuovamente suo figlio, prima le ciocche umide e in disordine e poi, osso dopo osso, la fronte, gli zigomi, la mascella, carne della sua carne e sangue del suo sangue, marci, amari e sconfitti. Posò la mano tremante e rozza sulla fronte del figlio come se volesse proteggere l'occhio cieco dai raggi del sole a picco. "Il pacchetto, mammina, il pacchetto che portate", chiedeva lui con un tono lamentoso e desolato. Atterrita, stonata, sonnambula per la sofferenza, con quella mano poggiata, senza che se ne rendesse conto, sulla fronte del figlio, aveva acquistato improvvisamente l'aspetto allucinante e sorprendente di una Mater Dolorosa barbara, non levigata, fatta di fango e pietre e paglia, un idolo vecchio e rotto. Fra il rumore in sordina, laggiù, di tamburi, si sentiva sempre più spesso, distinta ed isolata, una voce che ripeteva il grido delle donne. Ri-lascia-teli, ri-lascia-teli. Dalla parte del Comando, un drappello di dieci secondini attraversò il cassone. La gente, senza dare la faccia, si aprì alle loro falcate discordi e timorose, da scimmie messe in libertà che non si adattavano completamente alla corsa, attente soprattutto a non isolarsi dal gruppo, dalla tribù, per non restare sole in mezzo alla moltitudine burrascosa, impersonale, impune, che fingeva di non vederli passare, o, per rancore, di dar loro esistenza fisica, guardando attraverso come se si trattasse di corpi trasparenti. La battaglia contro Meche, La Chata e la vecchia sembrava non dover mai terminare, con l'aria di un'azione incruenta, senza dolore e molto lontana. Oramai semi-nude, le vesti a brandelli, trovavano sempre un punto, una sporgenza, una traversa, una fessura su cui poggiarsi, mentre tre o quattro scimmie per ognuna di loro, facevano sforzi grotteschi per trascinarle verso la scala. Dalla voce rauca, lì sotto, della moltitudine, sgorgava ogni tipo di esclamazione le più diverse, grida, sfide, risate, sia di protesta che di compassione, o di selvaggio piacere che esigeva più sfacciataggine, più brutalità, più arroganza per lo spettacolo favoloso ed unico dei seni, delle cosce, dei ventri all'aria. La madre, con le corte braccia alzate sulla testa, si interponeva fra le ragaz61

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