opponeva un individualismoanarcoide, uno spiccato gusto della discussione critica, il disprezzo del nuovo filisteismo e perbenismo del "benessere". Infine, mentre Adenauer occultava in un armadio ben chiuso e di buona fattura il cadavere del passato nazista, il Gruppo 47 rifiutava la perdita di memoria collettiva, inseguiva i fili della continuità fra vecchia e nuova Germania, compiendo uno sforzo consapevoleper trasformare il problema della "colpa tedesca" in una questione non solo tedesca e sempre all'ordine del giorno: autoritarismo, sfruttamento neocapitalistico e neocoloniale, mancanza di alternative fra americanismo all'ovest e stalinismo all'est. Come è stato più volte ribadito, il Gruppo 47 non ebbe e non volle avere un programma letterario. Pur non essendo un partito politico e non avendo ambizioni in proposito, il gruppo, anche grazie alla compattezza del conformismo circostante, ebbe sempre una qualificazione politica. Realizzava, in termini di concreta utopia politico-letteraria, l'esistenza mobile, saltuaria e inoffensiva di una opposizione sociale e politica che non c'era. Pubblica discussione, autoriflessione critica, comprensione intersoggettiva, comunicazione libera da dominio: viene in mente che l'utopia emancipativa neoliberale di Jiirgen Habermas, inventata per contrastare la razionalità decisionistica degli imperativi sociali, avesse qualcosa a che fare con il modello del Gruppo 47, più che con un vero e proprio partito politico d'opposizione o con il movimento degli studenti degli anni Sessanta. Le descrizioni che del gruppo diedero Alfred Andersch (che con Hans Werner Richter lo fondò) e Hans Magnus Enzensberger (uno dei più giovani aderenti) non hanno nessuna gravità filosofica, ma rendono bene l'idea. Dice Andersch: "Se il Gruppo, perciò, non poté presentarsi con un programma letterario, dato che la letteratura tedesca, forse più di ogni altra letteratura europea, era, dopo la guerra, un work in progress, il suo programma politico, invece, fu ben chiaro fin dall'inizio: i pochi letterati aderenti alla politica governativa della Germania ovest che si trovavano nella Repubblica federale furono scrupolosamente tenuti lontani dal Gruppo ... Tranne quest'unica condizione, il Gruppo è un coacervo di tutte le sfumature di nonconformismo, dall'anarchia privata fino al marxismo, dalla propensione alla democrazia di tipo anglosassone fino al cattolicesimo di sinistra... Il costituzionale atteggiamento anarco-democratico del Gruppo 47 lo fa apparire, agli occhi dello Stato adenaueriano, l'idra della critica distruttiva. In effetti, dopo la rinuncia tattica dei socialdemocratici a ogni opposizione di principio, esso è pressoché l'unica forza antigovernativa che ci sia in Germania" (in "L'Europa letteraria", aprile-giugno 1963). E Enzensberger racconta: "Mi avvicinai a chi tra i presenti sembrava godere maggiore rispetto, forse perché non aveva mai dato lettura di qualche sua opera, e gli chiesi a bruciapelo: 'Signor Richter, che cos'è il Gruppo 47?' Non lo sapeva. Chiese tempo per pensare. Dopo aver lungamente esitato, propose: 'Il Gruppo 47 è un circolo di amici'. Lo disse ad occhi bassi, non lo credeva neppure lui. Non si possono SAGGI/BERARDINELLI pensare amici cinquanta scrittori nella stessa stanza. I più si consideravano con indifferenza, non doveva essere assente la rivalità, forse l'inimicizia, perfino ... Lo dissi a Werner Richter. Mi diede ragione e, abbassando il tono di voce, mi sussurrò in un orecchio: Il Gruppo 47 è una cricca!" (in Questioni di dettaglio, Feltrinelli 1965, pp. 95-96). 3. Il Gruppo 63, viceversa, ebbe e si sforzò anzitutto di avere un programma letterario. Il suo terreno preferito era l'elaborazione estetica. Professori di estetica erano due fra i suoi rappresentanti più attivi, cioè Renato Barilli e Umberto Eco. Se ai loro nomi si aggiungono quelli dell'antologia poetica/ Novissimi (Alfredo Giuliani, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Antonio Porta, Nanni Balestrini), la fisionomia originale del gruppo è quasi completa. Mancano ancora due prosatori, Alberto Arbasino e Giorgio Manganelli, e un critico, Angelo Guglielmi, che si occupò nei suoi numerosi articoli esclusivamente di narrativa. Quando questo drappello iniziale si allargò fino a diventare il cosiddetto Gruppo 63, nel convegno tenuto in quell'anno a Palermo, l'apporto dei nuovi arrivati non fu molto rilevante. Il profilo di quella che venne definita neoavanguardia era già delineato. Si trattava di questo: una nuova generazione di autori intendeva rompere i ponti con il neorealismo e con l'impegno, con l'estetica realistica e la razionalità storicistica, modernizzando la letteratura italiana, liberandola dal peso della tradizione nazionale, rendendola più cosmopolitica, più tecnologica, più aleatoria, più legata a tutti gli esperimenti formali delle avanguardie storiche. Il segnale era: interruzione di continuità con lo "spirito del '45". Joyce contro o prima di Lukacs, Gadda contro o prima di Gramsci. La letteratura doveva liberarsi dell'ideologia. Meno marxismo e più scienze umane. La società degli anni Sessanta era una società tecnologica e opulenta. L'Italia era finalmente un paese industriale come gli altri paesi europei più sviluppati. Prima di essere giudicata politicamente o moralmente, questa realtà andava fenomenologicamente descritta, andava guardata con occhi sgombri da pregiudizi. Il linguaggio della critica letteraria diventava intanto sempre più ingegnoso, sofistico, tecnico, citazionistico: in certi autori, come Sanguineti, un intarsio impressionante e terrifico di citazioni e di criptocitazioni dagli autori più disparati, sicché, alla fine, ci si poteva chiedere in quale mai universo mentale potessero essere conciliati e mescolati Lukacs e Jung, Pound e Brecht, Breton e Gramsci, e innumerevoli altri: il tono polemico e spesso fazioso di Sanguineti copriva un eclettismo ideologico sfrenato, spesso insostenibile, anche se gustosamente arcimboldesco e spettacolare. In altri, come Eco e Arbasino, si aveva l'impressione di uno schedario enciclopedico squadernato davanti al lettore con la foga euforica dello studente che ha studiato e imparato a memoria mille cose, fino alla sera prima, e le scariéa addosso al primo venuto. Da un articolo poteva nascere da un momento all'altro un grosso libro. E quello stesso libro poteva essere spezzato e parafrasato, poi, in cento articoli. 47
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