SAGGI/MA YER Giinter Elch, H.M. En:z:ensberger, Giinther Grass, Uwe Johnson. regionale bavarese non ha presenziato all'inaugurazione. Non è cambiato niente e questa è storia di oggi .. Siamo giunti così alla domanda sulla situazione della letteratura tedesca dopo il crollo. Innanzitutto una letteratura spaccata nelle quattro zone d'occupazione. Rientrai dall'emigrazione nell'ottobre del 1945, gli americani mi avevano pregato di assumere la direzione di un'agenzia di stampa e più tardi di Radio Francoforte. Improvvisamente ero diventato un tedesco come tutti gli altri con le speranze riposte nel carepaket e con i tentativi di arrotondare un po' le entrate al mercato nero. Questo era il mondo nel quale prese vita il Gruppo 47. Hans Werner Richter e io ci incontrammo per la prima volta, seduti uno accanto all'altro nella chiesa di San Paolo, in occasione di un incontro di scrittori, nel corso del quale fu fatto il primo tentativo di ristabilire una continuità andata perduta. Quest'episodio si verificò un anno dopo le prime riunioni di quello che sarebbe diventato il Gruppo 47. Quattro zone d'occupazione e successivamente due stati tedeschi hanno provocato la distruzione dell'unità letteraria tedesca? È l'enorme interrogativo che continua a far discutere. La seconda domanda riguarda i rapporti con gli scrittori dell'esilio. Molti di essi ci hanno rinfacciato - su questo punto sono totalmente d'accordo con il Gruppo 47 - di aver respinto le loro opere e di aver rifiutato la loro collaborazione. Come ebreo e come emigrante non posso che considerarla una sciocchezza, in quanto scrittori come Peter Weiss, Wolfgang Hildesheimer, io stesso e molti altri, ritornati dall'esilio, siamo stati invitati da Richter a partecipare ai lavori. Non si trattava di cattiveria ma di un problema letterario, in quanto una continuità non era più possibile, mentre i rappresentanti della letteratura degli anni Venti - Lion Feuchtwanger, Jakob Wassermann, Heinrich Mann, Arnold Zweig e anche Emi! Ludwig, Erich Maria Remarque - di una letteratura cioè fondamentalmente narrativa, erano stati sì in esilio, ma volevano sostanzialmente continuare a svilupparsi in base principi letterari ormai anacronistici. · L'esigenza di una svolta era invece evidente. Ciò non significa che ci sia stata una "Kahlschlagliteratur", una letteratura da anno zero, una tabula rasa del passato. Una simile soluzione era chiaramente impraticabile. Noi tutti siamo parte della storia e ci sviluppiamo con lo scorrere degli avvenimenti. La letteratura non poteva astrarsi da quel clima di distruzione che contrassegnava il dopoguerra; inoltre il genere letterario era morto, la propaganda del Terzo Reich aveva trasformato tutto in menzogna e si rendeva necessario un rinnovamento del linguaggio. Tutti quei paroloni enfatici come pace, libertà, tedesco, comunità, popolo, compagni, connazionali, fierezza nel dolore erano diventati insopportabili. La lingua doveva essere ripulita, il linguaggio diventare essenziale. Questi principi rappresentarono il punto di partenza degli scrittori, ma a quale passato riallacciarsi? In dodici anni avevamo perduto ogni contatto con l'evoluzione artistica e letteraria, i libri degli scrittori in esilio e stranieri erano vie44 tati. Gli scrittori in Germania - giovani di talento - non avevano avuto la possibilità di leggerli quale poteva dunque essere il loro punto di riferimento? Quarant'anni fa, in questo periodo, nel minuscolo teatro di Ida Ehre, anche lei ebrea emigrata, veniva presentato Fuori davanti allaporta, primo significativo dramma teatrale di un tedesco antifascista, morto prematuramente, Wolfgang Borchert. Una decina di giorni fa, l'avvenimento è stato rievocato nuovamente in quelle stanze. Walter Jens, amico di Ida Ehre e componente del Gruppo, aveva tenuto un'allocuzione e ha potuto rivivere l'esperienza di quei giorni insieme a due attori d'allora, tra i quali Hans Quest, interprete del reduce Beckmann. Fu un tentativo che riuscì ancora ad avere successo, in quanto Borchert in un certo modo ritornò a un modello per lui ancora fecondo, all'espressionismo, alla tecnica del dramma in stazioni; ma è indiscutibile che, se fosse vissuto più a lungo, si sarebbe reso conto che la drammaturgia espressionista, al pari della Nuova Oggettività, non era più praticabile. Non è secondo me casuale che il primo scrittore premiato dal Gruppo 47 sia stato proprio Giinther Eich, eccellente lirico che non scelse la politica della tabula rasa, ripulendo invece il linguaggio, con la famosa poesia lirica Inventur (Inventario), ormai inserita in tutte le antologie di letteratura, dove un prigioniero di guerra enumera i pochi oggetti rimastigli, ed è tutto ciò che accade: "Questa è la mia bisaccia, qui il mio cucchiaio, la mia ciotola, è tutto il mio àvere, ciò che ho. Vi ho inciso il mio nome. È tutto". Questa letteratura scarna, in apparenza povera, ma vera, ha rappresentato l'inizio, credo, della discussione letteraria del Gruppo 47. Il problema politico non poteva consistere - come Hans Werner Richter ha perfettamente individuato - nel redigere manifesti del tipo "la Germania ha l'obbligo" oppure "noi tutti vogliamo", che fece ancora parte del programma di Borchert con Das ist unser Manijest (Questo è il nostro manifesto), un'eredità dell'espressionismo. La vera letteratura doveva iniziare in modo assai più semplice, in quanto tutti i manifesti erano in qualche modo infarciti del linguaggio di Goebbels. È interessante osservare come un'analisi del linguaggio della rivista "Der Ruf" abbia evidenziato l'uso inconscio di stilemi e formulazioni naziste anche in una letteratura dichiaratamente antinazista. Il rinnovamento del linguaggio e l'aderenza alla realtà, dovevano essere prioritari e, a questo proposito, è interessante rilevare come nell'antologia pubblicata da Hans Werner Richter comprendente soprattutto le opere premiate, non ci sia alcun testo specificatamente ideologico al quale sia stato conferito il premio, neppure i brani del Tamburo di latta letti da Giinther Grass nel 1958. Implicitamente tutti all'interno del gruppo si riconobbero nel tentativo di rappresentare la realtà in modo chiaro, senza abbellimenti, per mezzo di un linguaggio rinnovato e non convenzionale: lise Aichinger, con la novella surrealistica
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