Linea d'ombra - anno VI - n. 28 - giugno 1988

terzo, appunto, il Reich che avrebbe dovuto essere millenario e che durò dal 30 gennaio 1933 all'8 maggio 1945 e di cui tutti noi continuiamo a portare le conseguenze. C'è forse stata nella letteratura italiana una frattura paragonabile a quella avutasi in Germania? Non credo. Nel corso della mia vita, ho avuto la possibilità di conoscere, anche personalmente, artisti e scrittori italiani molto importanti, che hanno operato anche durante il fascismo e che più tardi e ancor oggi hanno fatto e fanno parte, in quanto artisti, della vita intellettuale. Sono bei -ricordi, che mi rendono felice. A Colonia, quand'ero molto giovane, trascorsi una domenica mattina assieme a Luigi Pirandello, che aveva accompagnato Marta Abba e la sua compagnia, in occasione della rappresentazione dei Sei personaggi. Da allora, da Elio Vittorini ad Alberto Moravia, sono sempre stato in contatto con le diverse fasi e le diverse generazioni del mondo letterario italiano. Nel ripensare a tutti questi incontri, non posso scordare le mie esperienze - importanti - a contatto dell'antifascismo italiano nel periodo dell'esilio ginevrino e, in particolare rammento un grandissimo italiano, Guglielmo Ferrero, mio maestro di vita ed insegnante. Ma perché il fascismo non moriva? Ferrero aveva una risposta della quale era assolutamente çerto e che amava ripetere in modo meraviglioso con i suoi ampi gesti: la paura, la paura dei gòvernati e la paura dei governanti. Guardandomi all'indietro, mi sembra che questa - credo che gli storici lo confermeranno - sia una differenza sostanziale rispetto alla situazione tedesca con il suo cosiddetto Fiihrer. Il fascismo italiano con il capo del governo e i fasci di combattimento, era rovesciabile in qualsiasi momento perché, nonostante "Il popolo d'Italia", non era radicato, come abbiamo poi visto, nel popolo italiano, ma era solo il risultato della paura della classe dominante, dell'egoismo, dello spirito d'avventura. Ho avuto modo di vedere personalmente a Ginevra i giornalisti italiani deridere, schernire e sputare sul Negus d'Etiopia. Si trattava di una piccola società corrotta, di un gruppo naturalmente numeroso e rigidamente organizzato. La situazione tedesca era invece fondamentalmente diversa. Non si trattava di fascismo ma delle idee del Terzo Reich, e del Mein Kampf, intrecciate profondamente con quelle conservatrici e reazionarie del XIX secolo, che erano solidamente radicate nell'intero popolo tedesco; ciò che oggi stiamo vivendo in Germania, non solo come ritorno di provvedimenti neofascisti o antisemiti, ma anche come tentativo di soffocamento della verità, evidenzia come proprio nel distacco del popolo italiano, o comunque di una sua grossa parte, da quel regime particolare finito così miseramente, si collochi la sostanziale diversità rispetto al caso tedesco. In questo modo riesco a spiegarmi la continuità che nonostante tutto ha caratterizzato la situazione letteraria italiana. Il fascismo non è riuscito a spezzare le linee fondamentali, le idee sostanziali e i temi della poesia, della letteratura e dell'arte italiana. In Germania invece, alla fine della guerra, SAGGI/MAYER llse Alchlnger, Alfred Andersch, lngeborg Bachmann, Heinrlch Boll. due anni prima della nascita del Gruppo 47, si dovette constatare sia la scomparsa dell'unità letteraria tedesca, sia l'impossibilità di una continuità tra i nuovi scrittori e la letteratura del XIX e XX secolo. Innanzitutto l'unità della letteratura tedesca si era spezzata in quanto l'esilio, la fuga di alcuni degli esponenti più rappresentativi prima del '33 avevano determinato una situazione assolutamente unica ... Alcune tesi inquietanti considerano Auschwitz un episodio non diverso da tante altre tragedie vissute dalla letteratura mondiale; sono le tesi del cosiddetto "Historikerstreit", alle quali posso solo rispondere con le parole di uno storico di valore, non propriamente di sinistra, come Eberhard Jackel, dell'Università di Stoccarda: l'olocausto è stato unico, poiché, nel mondo intero, mai si era verificato che il regime di un paese avesse programmato l'annientamento fisico di un'intera razza, ben definita, coinvolgendo vecchi, malati e bambini e adottando, per il raggiungimento di questo obiettivo, l'intero apparato statale e la tecnologia altamente sviluppata di un moderno paese industriale. In ciò sta la sua unicità e in questa unicità rientra anche l'esilio, che allora, negli anni '33-34, anche in Svizzera veniva banalizzato con le parole del ministro della propaganda Goebbels: "Dio mio, cosa sarà poi mai successo, sono andati via gli ebrei, gli scrittori e alcuni comunisti. Tutto il resto è rimasto!" Era una tesi sostenuta ancora nel 1936, negli articoli di Eduard Korrodi, redattore culturale della "Neue Ziircher Zeitung", alla quale Thomas Mann replicò con intelligenza e durezza sostenendo che la realtà era completamente diversa, perché gli scrittori in esilio non erano solo ebrei e ben presto ai nomi di Anna Seghers e Alfred Doblin si aggiunsero quelli di Thomas Mann, di Heinrich Mann, di Hans Henny Jahn, Berthold Brecht e più tardi di Robert Musi! e di tanti altri: con essi se ne erano andati alcuni degli autori più eminenti che oggi rappresentano la letteratura tedesca nel mondo. Viceversa, guardandoci all'indietro, se ci chiediamo che cosa è rimasto di tutta la letteratura sostenuta e premiata durante il Terzo Reich, dobbiamo rispondere che non c'è un solo libro, pubblicato all'interno della associazione degli scrittori del Reich, che oggi valga la pena di essere letto se non a prezzo di grandi sforzi e con un gesto di sufficienza. Di fatto, alla letteratura tedesca emigrata o soffocata in Germania fu proibito, formalmente, come accadde a Erich Kiistner, non solo di pubblicare ma anche di scrivere (un divieto di lavorare nella forma più estrema), proprio come capita a Emi! Nolde nel romanzo di Siegfried Lenz Lezione di tedesco, dove al pittore viene vietato di dipingere. È precisamente ciò che accadde nell'anno 1937.Alcuni giorni fa a Monaco, è stata inaugurata dal Comune la mostra "Arte degenerata" con l'esposizione di quei quadri che nel 1937erano definiti "degenerati" e che ora valgono centinaia di milioni, nello stesso museo dove i nazisti avevano fatto le loro volgari chiassate. I giornali hanno anche scritto che il governo 43

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