LALETTERATURRAIEDUCATA Hans Mayer Esiste ancora una critica letteraria? Esiste oggi una critica letteraria tedesca? L'anno scorso, a Zurigo, un componente del "Gruppo 47", scrittore assai famoso e di notevole talento, Hans Magnus Enzensberger, ha affermato in un articolo: "La critica letteraria è morta, sopravvivono i commentatori e gli operatori commerciali". In parte ha ragione. La lingua ted~sca e in particolare il tedesco moderno li definirebbe, con espressione più incisiva, maestri pedanti o lobbisti. Questa situazione non poteva verificarsi nel periodo del "Gruppo 47", quando, se uno di noi esprimeva un giudizio critico, un altro, quasi automaticamente, sosteneva la tesi opposta, non per spirito di contraddizione, bensì per una sorta di gioco intellettuale per il quale i problemi andavano visti da prospettive diverse. Se un giudizio era stato molto positivo, c'era chi interveniva dicendo: "lo però ho messo a fuoco questi versi nella poesia, si tratta di una metafora davvero improponibile". Oppure la lettura pubblica di un testo poteva essere seguita da un intervento del tipo "Vi è completamente sfuggito ciò che l'autore ha voluto dire". In questo senso, con la conclusione dell'esperienza del Gruppo 47 si è chiuso anche un ciclo della letteratura e della critica letteraria tedesca. Non c'è più stato nulla di simile. Qual è il mio compito nell'ambito di questo convegno? È un compito arduo, parlare dopo Hans Werner Richter, perché per me egli è sempre il capo, il boss. È più giovane di me di un anno e mezzo ma resta il capo e, come tale, ha sempre avuto una capacità tutta particolare di essere duro e severo senza urlare o ricorrere a interventi plateali. Le persone invitate agli incontri del Gruppo 47, ricevevano una lettera, e il riceverla era considerato un grande onore. Tutti noi naturalmente, ogni anno, all'avvicinarsi della data del convegno, eravamo in impaziente attesa dell'invito e ci chiedevamo se la lettera scritta personalmente da Hans Werner Richter, sarebbe arrivata o no. Se ciò non accadeva la crisi d'identità era grande, anche se qualcuno cercava di minimizzarla. Tanto più il gruppo diventava importante, tanto più sembrava possibile potersi intrufolare negli incontri. Ma non bisognava sottovalutare il boss. Ricordava esattamente chi aveva invitato e, dopo la prima lettura, regolarmente s'alzava in piedi con quell'aria assonnata che ha sempre avuto, soprattutto nei momenti in cui era assolutamente sveglio, e, fissando il vuoto, diceva: "Vedo qui alcune persone" - credo di citare esat42 tamente - "che non ricordo di avere invitato. Dopo l'intervallo per il caffè, gradirei che non ci fossero più". La decisione era irrevocabile. Non c'era più nulla da fare. L'altra grande difficoltà del mio intervento è rappresentata dal fatto di dover tentare, almeno in parte, una collocazione del Gruppo 47 all'interno dello sviluppo della letteratura tedesca dopo il 1945. Qual è la situazione vista dall'interno, dal punto di vista dello sviluppo della letten;1.turatedesca? Sorgono qui difficoltà enormi: com'è infatti possibile spiegare a Milano, a un pubblico italiano nel 1987, cosa è successo in Germania nel 1933?Nel momento in cui, con un colpo di mano, un intrigo insieme stupido e fatale messo in atto dai grandi latifondisti tedeschi, dagli imperialisti e da un paio di nobilastri corrotti come Franz von Paapen, quell'uomo che da lì a poco sarebbe diventato il Fiihrer venne nominato cancelliere del Reich tedesco, in base a un piano che non avrebbe dovuto riservare sorprese. "Hitler non può darci problemi, possiamo farlo cadere in qualsiasi momento. A fianco gli mettiamo come vicecancellierelo Junker Franz von Paapen e Hugenberg. Cosa può succedere?" Nell'opera di Schiller Wal/enstein c'è una citazione che anche in questo caso è calzante: "Se questo piano non fosse maledettamente intelligente si sarebbe tentati di definirlo incredibilmente stupido". Fu molto stupido, e tutti abbiamo dovuto pagarne le conseguenze. Mi sto chiedendo come fare per descrivervi la situazione, quella cesura dell'anno 1933 che portò alla fine dell'evoluzione letteraria tedesca, della letteratura nel suo complesso. Mi chiedo se sia possibile stabilire dei paralleli con la letteratura italiana, con il suo sviluppo durante il fascismo. Leanalogie sono evidenti e, da sempre, numerosi storici hanno tentato dei confronti tra le rispettive evoluzioni in campo politico e anche letterario. C'è un modello comparativo utilizzato per il Risorgimento del diciannovesimo secolo e il movimento unitario tedesco: da sempre Camillo Cavour e Otto von Bismark sono stati messi a confronto. A mio avviso è un modo di procedere errato e penso che una discussione ragionata su queste cupe ideologie sia appena agli inizi. Oggi non è più possibile, anche se per anni, per decenni, io stesso ho usato questa categoria, parlare genericamente di "fascismo", in quanto il fascismo italiano è stato altra cosa dal Terzo Reich, che non è definibile neppure come nazionalsocialismo, in quanto non si è realizzato né in modo socialista né in modo nazionale. Non voglio neppure nominare il suo capo. È semplicemente il Terzo Reich, come è stato definito. Il primo era stato quello di Barbarossa e dei Ghibellini, il secondo quello di Bismarck e dell'Ottocento, e il
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