ORIONECIECO Claude Simon Non conosco per mio conto sentieri della creazione altri da quelli aperti passo dopo passo, ossia parola dopo parola, dallo stesso progredire della scrittura. Prima che mi metta a tracciar segni sulla carta nulla esiste, tranne un magma informe di sensazioni più o meno confuse, un cumulo di ricordi più o meno precisi, e un vago - molto vago - progetto. È solo scrivendo che qualcosa si produce, in tutti i sensi del termine. Quel che vi è per me di affascinante, è che questo qualcosa sia sempre infinitamente più ricco di quanto avevo in mente di fare. Si direbbe dunque che il foglio bianco e la scrittura abbiano un ruolo almeno altrettanto importante delle mie intenzioni, come se la lentezza dell'atto materiale dello scrivere fosse necessaria per dare alle immagini il tempo di venirsi ad ammassare (tuttavia, esse giungono a volte ancor più velocemente, e sono costretto a interrompermi per annotarle rapidamente in margine). O è forse che ho bisogno di vedere le parole, come appuntate con uno spillo, e presenti, ormai nell'impossibilità di sfuggirmi? ... Non si tratta però di materiali che esistono in sé, come le pietre di un muro, una macchia di colore - che rimanda solo a se stessa - o del bronzo - che si può toccare. Essi, in un modo o nell'altro, rimandano sempre a delle cose. Ma forse il loro ruolo creatore dipende per l'appunto da questo plurale. Se nessuna goccia di sangue è mai caduta da una' pagina in cui è descritto il corpo di un personaggio, se quella in cui viene raccontato un incendio non ha mai bruciato nessuno, se la parola sangue non è il sangue, se la parola fuoco non è il fuoco, se la descrizione è impotente a riprodurre le cose e dice sempre di altri oggetti che non quelli che percepiamo attorno a noi, le parole posseggono bensì quel prodigioso potere di accostare e confrontare ciò che, senza di loro, rimarrebbe disordinatamente sparso. Poiché ciò che nel tempo degli orologi e nello spazio misurabile è sovente senza rapporti immediati, può trovarsi riunito e ordinato in stretta contiguità in seno al linguaggio. Uno spillo, un corteo, una linea di autobus, un complotto, un clown, uno Stato, un capitolo non sono che (cioè hanno questo in comune): una testa. Una dopo l'altra le parole esplodono come altrettanti fuochi artificiali, spargendo i loro getti in tutte le direzioni. Sono altrettanti crocevia in cui più strade si intersecano. E se, piuttosto che voler contenere, addomesticare ognuna di queste esplosioni, o attraversare velocemente i crocevia avendo già deciso il cammino da percorrere, ci si ferma e si esamina quanto appare alla loro luce o nelle prospettive aperte, si rivelano complessi insospettati di risonanze e di eco. Ogni parola ne suscita (o ne presiede) varie altre, non solo in forza delle immagini che attira a sé come una calamita, ma a volte anche per la sua sola morfologia, e, allo stesso modo, le necessità formali della sintassi, del ritmo e della composizione si rivelano spesso altrettanto feconde che i suoi molteplici significati. Sono stati scritti così La strada delle Fiandre, Il Palace e più ancora Storia, e più ancora (ché ci vuol tempo per liberarsi poco a poco delle vecchie abitudini inculcate) le pagine che avete sotto gli occhi, nate unicamente dal desiderio di manipolare e far combinare qualcosa a partire da certe pitture che amo. Questi testi, tutti, si sono fatti in un modo che io non avevo, in partenza, assolutamente previsto, essendosi le poche immagini iniziali precisate e accresciute strada facendo di tutte quelle che la scrittura e le necessità di costruzione hanno aggiunto loro. Ed ecco che il sentiero aperto da Orione cieco mi sembra adesso dover proseguire da qualche parte. Perché molto diverso dal sentiero che il romanziere segue abitualmente e che, partendo da un "inizio", porta a una "fine". Il mio, gira e rigira su se stesso come può fare un viaggiatore smarritosi in una foresta, ingannato (o guidato?) dalla somiglianza di certi luoghi tuttavia diversi e che crede di riconoscere, o, al contrario, dai diversi aspetti dello stesso luogo, ché il suo tragitto si incrocia frequentemente, ed egli ripassa per i posti già attraversati, come in questo disegno e può perfino accadere che si ritrovi alla "fi- ~ ne" allo stesso punto che ali' "inizio". . Non può esserci inoltre altro limite '>~'---\ che la spossatezza del viaggiatore che (J\ V Cv esplora quest'inesauribile paesaggio. A~\/'::-.,. 7 questo punto forse si sarà fatto ciò che~e5,:L:)\ io chiamo un romanzo (poiché, come J } tutti i romanzi, è una finzione che mette -......_.,,, in scena personaggi trascinati in un'azione), romanzo che tuttavia non racconterà la storia esemplare di qualche eroe o eroina, ma questa tutt'altra storia che è la singolare awentura del narratore che non smette di cercare, scoprendo il mondo a tastoni nella e per il tramite della scrittura. (traduzione di Saverio Esposito) Copyright Claude Simon 1970. 35
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