IL CONTISTO tuale dello zingaro sta cambiando profondamente da quella classica perché cambiato è il rapporto fra gagé (non zingaro) e rom. Il rom nei secoli passati e fino al nostro, quando questo non gli era impedito dalle terribili discriminazioni, era portatore in qualche modo di "servizi": spettacolo viaggiante, artigianato, ecc... ; cose che, in comunità sociali spesso isolate, erano tendenzialmente gradite, fino ad arrivare all'immagine dello zingaro messaggero di nuove scoperte (l'invenzione del "ghiaccio" portata dagli zingari a Macondo, in Cento anni di solitudine di Garda Marquez). Lo zingaro misterioso e affascinante, dunque, ma al tempo stesso da.tenere alla larga: "atsingani", "intoccabili", coloro che lavoran~ do il fuoco e i metalli venivano considerati diabolici però utili in fondo alla società. Arrivando fino a noi, con l'industrializzazione e l'avvento delle moderne comunicazioni, questo rapporto si rompe: i mestieri degli zingari divengono inutili e si assiste a ungenerale impoverimento economico di questo popolo, con ripercussioni nel rapporto con i gagé. Resiste di loro dunque l'immagine negativa, ancora misteriosa, ma negativa. Provando a cercare la ragione che sta alla radice. dell'antizingarismo non escluderei questa ipotesi: il rom è soprattutto nomade; e in una società che tende ad articolarsi ordinatamente, talvolta procedendo a una corporativizzazione, il nomade è corpo estraneo per eccellenza; ovunque è diverso e non ha intenzione di inserirsi. Sfugge quindi la comprensione di una etnia che pur avendo una propria cultura, una propria identità non ha mai ricercato una territorializzazione, cioè non ha mai teso alla realizzazione di una nazionalità come noi la intendiamo (le altre minoranze, infatti, fanno nazionalità in una data porzione di territorio). Là dove i rom si sono sedentarizzati da secoli il nomadismo, seppure a livello stagionale, non è mai stato abbandonato. La mobilità, quindi, come forma mentis: un atteggiamento o stile di vita che il sedentario difficilmente accetta. Un altro motivo profondo dell'antizingarismo attuale ha valenze tutte culturali. Per sconfiggere pregiudizi e intolleranze l'arma migliore, probabilmente, è la conoscenza: ce ne rendiamo conto oggi dalla positiva influenza sull'opinione pubblica che possono avere le documentazioni e le ricostruzioni dele vicende di quelli che furono vittime: dell'intolleranza. Un lavoro culturale che attraverso film, documentari, libri, mostre ecc... ha permesso a una sempre più larga fascia della società di conoscere la storia del l'intolleranza e quindi di farsi un'idea gene34 ralmente precisa e veritiera dei fatti. A livello di coscienza ciò ha contribuito a rimuovere pregiudizi e luoghi comuni falsi e dannosi, ha fatto commuovere, indignare. Nulla di tutto questo per gli zingari. La loro storia resta sconosciuta ai più. Pochi, quasi nessuno, ha mai rivendicato o chiesto giustizia per le persecuzioni da loro subite, e oggi quasi nessuno sa che i rom furono decimati dai nazisti alla stregua degli ebrei e degli slavi (nei lager e nei campi di sterminio perirono circa 500.000 rom, quasi la metà della popolazione zigana dell'Europa del tempo). L'ignoranza della loro storia facilita senz'altro il sopravvivere di gravi atteggiamenti nei loro confronti, laddove oggi quasi nessuno farebbe così apertamente del razzismo verso gli ebrei o i neri. E aggiungerei anche una domanda: forse la "memoria storica collettiva" della tragedia del passato come ammonimento nel presente non ha investito anche le vicende del popolo rom perché esso non viene considerato come un'entità etnica "ufficiale" ma come raggruppamenti sparsi? Non basta ricercare le origini dell'intolleranza soltanto a partire da chi oggi è intollerante, non basta spiegare l'antizingarismo come rifiuto di qualche cosa che appartiene al passato più o meno recente di chi li respinge (il rubare, l'essere sporchi e così via). Bisogna storicizzare il problema tenendo presente il secolare rapporto fra due culture, una dominante, l'altra minoritaria. Sono convinto che il "razzismo puro" (passatemi l'aggettivo) sussiste solo se alimentato da contraddizioni sociali ed economiche; divenendo poi la "summa", la sublimazione di pregiudizi e credenze. ERRATA-CORRIGE L'errata-corrige del n. 26 sull'intervistacon Hrabal mi ha prima costernato e poi divertito. Ora spero che mi venga concessoprima di protestare e poi di invitare a un sorriso generale. Ho portato Hrabal in osteria a Veneziaben sapendo che mi dovevo attendere,' in quella fatidica "solitudine troppo rumorosa", un happening non prevedibile. Avendo tra l'altro tradotto personalmente domande e risposte, protesto: le domande sono state in primo luogo di tu/li (mieistudenti,avventori,lettori,ecc.), soltanto in parte di "Radio Popolare" (così si sono qualificati i due ragazzi, che hanno poi chiesto l'errata) in buona parte di Umberto Stefani. In ogni caso e come che sia, non c'è bobina che tenga: il tentativo di appropriarsi di una qualche "paternità" - credetemi - è privo di senso con Hrabal. Perciò invito "Linea d'ombra" e i lettori a un bel sorriso finale sul microscopico thriller: dovevasuccedere, è successo, amen. Piuttosto, leggiamoci Hrabal... Sergio Corduas * * * Nel n. 26 di "Linea d'ombra", autore del saggio Di padri e di figli è Dick Hebdige, e non Hebidge. Foto di Alberto Melis.
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