Linea d'ombra - anno VI - n. 28 - giugno 1988

MEMORIA UN LIBERALDELSUDAFRICA Fabio Gambaro "Chi nasce sudafricano ha un destino difficile", così si legge a un certo punto di Piangi, terra amata, il famoso romanzo scritto nel 1948 da Alan Stuart Paton (ed. it. 'Bompiani 1950). Certo, tale affermazione ha senso soprattutto per i milioni di neri che in Sudafrica subiscono la tremenda pratica dell'apartheid, ma vale anche per quei bianchi che hanno deciso di non chiudere gli occhi e di non isolarsi nei loro ghetti dorati, provando invece a capire e a cambiare la realtà tragica e assurda in cui vivono. Così è stato per Paton, importante esponente di quella minoranza bianca liberal, che nel tormentato paese dell'Africa australe ha cercato di far sentire una voce diversa da quella di Botha e dei suoi predecessori. Alan Paton è morto il 12 aprile di quest'anno; era nato nel 1903 a Pietermaritzburg, nella provincia orientale del Natal. Dopo aver terminato gli studi, si dedicò per oltre dieci anni all'insegnamento, che però abbandonò nel 1935, avendo accettato l'incarico di direttore del più grande riformatorio del Sudafrica, il Diepkloof di Johannesburg. Qui Paton tentò di trasformare la rigorosa disciplina, introducendo un sistema di ''libertà graduale'' che consentisse ai giovani reclusi di riacquistare poco a poco dignità e speranza; tentativo di riforma che gli costò le critiche di una buona parte della comunità bianca. Paton mantenne l'incarico fino al 1948, anno in cui decise di dedicarsi a tempo pieno all'attività di scrittore e alla lotta per cambiare le condizioni sociali del suo paese. Negli anni passati a Diepkloof, infatti, egli era entrato in contatto con la realtà della delinquenza giovanile e con le condizioni di miseria e di abbandono dei ghetti da cui provenivano i giovani delinquenti; si era così reso conto che gran parte della violenza e dei crimini commessi dai neri nascevano dallo stato di segregazione, dalla miseria, dall'ignoranza in cui la popolazione "indigena" era tenuta dai padroni bianchi. Da questa nuova coscienza nacque in lui il bisogno di partecipare attivamente al superamento di quella contraddizione che ripugnava alla sua morale di liberale e contemporaneamente minava la pace sociale del paese. Tale scelta lo condusse ad impegnarsi in prima persona nell'attività politica, tanto che nel 1958 fondò il Partito Liberale Sudafricano, di cui rimase presidente fino· al 1968, quando il partito fu sciolto dal governo per le sue posizioni critiche nei confronti della discriminazione razziale. Nel frattempo, l'apartheid e le sue conseguenze morali, psicologiche ed economiche divengono il centro attorno cui ruota gran parte della sua attività di scrittore: a tale triste realtà sono dedicati molti dei suoi saggi e tutte le sue opere narrative, a cominciare dal primo e più famoso romanzo, Piangi, terra amata, nel quale egli esprime con chiarezza il suo punto di vista sulla politica dell'apartheid, sui modi con cui va superata e sulle forze cui bisogna fare appello in tale prospettiva. Denunciando per la prima volta le condizioni del Sudafrica e la politica di segregazione razziale, l'opera ebbe un grandissimo successo in tutto il mondo, tanto che, in seguito, dal romanzo furono tratti un film, un dramma e un'opera musicale composta da Kurt Weill. Il romanzo, nel quale per la prima volta interagiscono personaggi bianchi e neri, racconta la vicenda del pastore protestante Stephen Kumalo, che dal suo piccolo villaggio del Nata) giunge nella grande e tentacolare Johannesburg alla ricerca del figlio e della sorella che da molto tempo non danno più notizie. Sulle loro tracce Kumalo conosce poco a poco le tristi condizioni dei ghetti, la povertà, l'abbrutimento, l'ignoranza, la paura e la rabbia della gente di colore che vive ai margini dell'opulenta città dei bianchi. Ma quando il pastore ritrova i due parenti, essi di fatto sono già persi, soprattutto il figlio che durante una rapina ha ucciso un bianco. Il suo destino è segnato, alla fine della sua avventura cittadina, nonostante il suo pentimento e gli avvocati, c'è solo una corda con un cappio. Ma così sarebbe solamente una storia come tante altre; il fatto è che a essere ucciso non è stato un bianco qualunque, non un bianco arrogante e nemico, ma un bianco "amico", uno di quelli impegnati nella lotta per il superamento del sistema dell'aparIL CONTESTO theid - un personaggio in cui si intravede la stessa fisionomia dell'autore. Per il vecchio Kumalo il dolore e lo smarrimento sono enormi, ma lo sono anche per il padre del giovane assassinato, un vecchio proprietario terriero le cui convinzioni e certezze iniziano a vacillareproprio con la morte del figlio: leggendone gli scritti, egli cerca di avvicinarsiad idee così diverse dalle sue, maturando poco a poco nuove convinzioni. Addirittura nel fi. nale del libro i due vecchi - il padre dell'assassino e quello dell'assassinato - arriveranno ad avvicinarsi e a comprendersi, indicando quella che per Paton è una prospettiva irrinunciabile: la comprensione reciproca e la collaborazione tra la comunità bianca e quella nera per la costruzione di una nuova società sudafricana dove tutti possano vivere liberamente e in modo più giusto. Certo nel libro c'è un eccesso di buoni sentimenti, c'è molto patetismo, come pure molto paternalismo che difficilmente oggi si potrebbe condividere. Certo Paton non si discosta mai da una prospettiva liberale a volte ingenua, a volteun poco ristretta e incapace di cogliere appieno le contraddizioni economiche che stanno dietro al regime della segregazione razziale; e persino talvolta sembra credere che la soluzione possa risiedere solo in una pratica di cristiana generosità da parte dei bianchi. Non a caso nello studio del giovane liberal assassinato stanno in bellamostra i ritratti di Lincolne di Cristo a simboleggiare apertamente le coordinate di riferimento del progetto riformatore di Paton. Eppure, nonostante questi limiti, Piangi, terra amata resta un libro importante, non solo perché nel 1948 era la prima voce che si levava a rimettere in discussione lo stato delle cose nel fondo dell'Africa australe, ma anche perché Paton ha saputo descriverecon efficacia le condizioni reali del paese, l'abisso che separa le condizioni dei neri da quelle dei bianchi, la realtà della cultura tradizionale distrutta e stravolta dai modelli di vita e di organizzazione imposti dai bianchi; come pure, tramite dialoghi stringati e incalzanti, egli è stato capace di dar corpo ai diversi punti di vista, portando a galla i sentimenti dei personaggi nel loro fluire mutevole. Grazie a questo libro e ai molti altri che egli ha scritto, grazie alla sua attività politica e al suo costante impegno per una società più giusta, Alan Paton era diventato uno degli intellettuali più autorevoli della cultura liberale bianca sudafricana, un punto di riferimento per tutti coloro che, diversamente dall'arroganza di coloro che in tutti questi anni hanno detenuto il potere, credevano nel dialogo e nella necessità della trasformazione. · 31

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