significanti, capaci di un loro senso autonomo. Si potrà obiettare che il mondo è fatto di esseri di sesso maschile e femminile e che la rappresentazione artistica diffida di ogni separatezza, ma è altrettanto vero che rappresentare liberamente i rapporti fra esseri di sesso femminile senza pesanti censure culturali non è in sé un atto di separatezza, ma un atto di libertà nel momento in cui questi rapporti hanno acquistato un senso non precario, legato all'affermarsi di nuove situazioni in cui le donne riescono a porsi (quindi anche a livello scenico), come corpi di soggetti che si muovono più liberamente nello spazio sociale. Il nostro corpo è segnato in ogni gesto dal piacere o dalla delusione, dalla paura o dall'incoraggiamento che i suoi tentativi gli hanno procurato nel mondo. Il suo atteggiarsi nello spazio è tutto segnato dalle possibilità che, venendo al mondo, gli erano effettivamente consentite. In questo senso, ogni volta che intervengono dei cambiamenti realmente significativi, liberatori, essi non possono non coinvolgere anche il corpo. Queste le considerazioni che suggeriscono i film canadesi proiettati a Firenze. In particolare due: Morie s'en va-t-en ville di Marquise Lepage e Anna Trister di Léa Pool. Colpisce la maturità raggiunta da questa generazione di registe, la capacità di raccontare e di rappresentare, di far muovere i .corpi, che rimandano a quel discorso che si faceva prima, ad un retroterra di forti rapporti economici, sociali e artistici tra donne. Le storie raccontate da questi film colpiscono inoltre per una qualità che dovrebbe sempre essere della poesia: il candore. Ma il candore non è l'ingenuità e non è neanche il suo surrogato. Il vero candore è la capacità di ridare vita e lucentezza alle cose che si distinguevano opacamente, di rimettere scompiglio in ciò che appariva scontato, fino a permetterci di nuovo quello sguardo nitido e trasparente sul mondo, che è il dono della poesia. Una cosa del genere, un piccolo miracolo di questo tipo opera sullo spettatore il bel film di Marquise Lepage, Morie s'en va-t-en ville. Prendendo spunto dalla protagonista, un'adolescente che fa, in modo singolare, la sua prima esperienza metropolitana, il film si intitola maliziosamente così, ma forse se avesse avuto un andamento più drammatico, avrebbe potuto intitolarsi, riecheggiando un famoso quartetto di Schubert, La puttana e lafanciulla, giacché proprio un incontro di questo tipo racconta. Nella storia della letteratura e del cinema la puttana ha sempre avuto un posto Geneviève Lenoir in Morie s'en vo-t-en ville. importante. È sempre stata una figura di smascheratrice nel punto in cui amore sessoe piacere si toccano, si mescolano così apertamente col denaro. Gli artisti, i poeti le si sono sempre accostati cercando in lei ora la simile, l'alleata contro l'ipocrisia borghese (il Baudelaire di Fusées) ora l'estremo segno di perversione (il Wedekind di Lulu) della natura femminile. Ma che cosa accade quando è un'altra donna a incontrare questa figura? La prostituzione come la giovinezzaè una situazione estrema, l'incontro di due donne che rappresentano queste condizioni non può quindi che essereestremo, e cioè poetico. Ma può l'iniziazione di un'adolescente, il suo ingresso nel mondo avvenire attraverso il contatto con una prostituta, matura, stanca di vivere, sfruttata da un magnaccia in giubbotto nero? La storia ha un andamento baldanzoso e dissacratore. L'adolescente fuggedalla madre e trova più protettrice e accogliente la casa di una burbera prostituta cogliendoneinfallibilmente, sotto il trucco e le parrucche, la tenerezza. Impara a truccarsi e a vestirsi, ma sempre sotto l'occhio disincantato della sua brusca tutrice, che la ferma proprio là dove potrebbe forse iniziare il suo stesso cammino. È questo toccarsi di punti estremi che crea l'incanto del film, questo reciproco proteggersi dal perdersi di due donne che si sostengono proprio là dove questi punti estremi, così socialmente pericolosi, così fuori dalla norma, e quindi indifesi, la giovinezza e la ILCONTUTO prostituzione sotto il peso della maturità, potrebbero distruggerle. L'incontro giovane/vecchio nel mondo maschile ha una forte tradizione: il maestro, il più anziano, il pedagogo, passa il suo sapere al giovane allievo iniziandolo alla conoscenza. Per i motivi prima accennati, questa forte tradizione non esiste ancora fra le donne. Provoca quindi una particolare emozione questo libero incontro canadese fra una ragazzina e una matura prostituta, che a suo modo corrisponde a una vera e propria iniziazione. L'altro film citato, Anna Trister di Léa Pool, è la storia di Anna, una ragazza che, dopo la morte del padre, ripresa dall'antica ferita di un rapporto insoddisfacente con la madre, abbandona l'uomo che ama, il paese in cui vive, per andare alla ricerca di sé. In Canada avviene l'incontro con una psicologa più anziana di lei: il richiamo del rapporto con la madre che vuole trasformarsi in qualcosa di diverso, nel rapporto d'amore con una donna. Puntualmente, ogni volta che storie del genere appaiono o stanno per apparire sullo schermo, capita di vedere questi "popoli di donne", più o meno grandi, di sentire in sala la tensione dell'attesa, segno di qualcosa di raro, che non circola molto, che non è rappresentabile, se non a tratti, e con circospezione e prudenza. Nel trattare questo argomento il film di Léa Pool ha dimostrato abilità e delicatezza. Presupponendo sempre come grande antefatto ormai assodato il rafforzamento dei rapporti fra le donne, e quindi senza accessi ideologici ma facendo piuttosto parlare in modo semplice e progressivo l'attrazione, le affinità, il desiderio di amare e di essere amate. Un ricordo degli anni Sessanta basterà forse a chiarire definitivamente questo punto di vista. E quello di un film, La volpe, (mi sfugge il nome del regista), tutto incentrato su una relazione lesbica sulla quale (era tratto da un racconto di D. H. Lawrence, e quindi si intuiva fin dall'inizio l'inevitabilesbocco) irrompe, irresistibile e sconvolgente, la figura di un uomo. Le due donne erano tratteggiate come insicure e poco definite nell'attesa di quell'apparizione risolutiva. Certo, nella realtà questo avviene, è avvenuto, può avvenire ancora, ed è giusto che venga anche rappresentato. Peccato che, accanto a queste situazioni, le altre, quelle in cui le figure femminili appaiono più significativedi per sé, più capaci di amore tra loro, non fossero in quel periodo per nulla rappresentabili. Almeno in questo gli anni Ottanta ci stanno offrendo qualche piccola sorpresa gradevole (non oso pronunciare la parola "rivoluzione"). Che sia proprio la sola di questa ingrata epoca? 29
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