Linea d'ombra - anno VI - n. 28 - giugno 1988

DISCUSSIONE/LEVI DELLA TORRE Israele i regimi arabi sono riusciti ad addossare ad Israele il disonore e l'onere del loro stesso rifiuto degli obiettivi nazionali dei palestinesi. I regimi arabi hanno potuto addossare ai palestinesi il compito di tenere aperta la questione israeliana; e a Israele quello di tenere aperta la questione palestinese. I regimi arabi hanno interesse che i due diritti nazionali, quello israeliano e quello palestinese, si elidano e si eludano a vicenda, si tengano l'un l'altro sotto scacco il più a lungo possibile. Il terrorismo palestinese rientra soprattutto in questa logica: da un lato è immondo, dall'altro è fallimentare, anzi controproducente per conseguire obiettivi concreti e specifici; e non a caso è stato alimentato dalla Siria, dall'Irak, dalla Libia ... Viceversa, la lotta di massa non armata nei territori manifesta una profonda nazionalizzazione del movimento palestinese e della stessaOLP. Israele dovrà accoglierequesta occasione come una grande possibilità, non ricacciare la questione palestinese nell'armamentario tattico dei regimi arabi. La diplomazia israeliana, tendente a realizzare trattati di pace bilaterali con ogni Stato arabo è stata sostanzialmente impotente dopo Camp David. Israele vorrebbe appianare la "questione israeliana", nel senso di ottenere il riconoscimento e i trattati di pace, lasciando per aria la sostanza della questione palestinese; ma questo, per i regimi arabi, significherebbe perdere la carta demagogica dell'antisionismo di fronte alla concorrenza montante del fondamentalismo, e veder cambiare il vettore delle rivendicazioni palestinesi ai propri danni. È questo che Israele vorrebbe, ma, è ovvio, ha molte difficoltà a convincere i regimi arabi a darsi la zappa sui piedi e a uscire da una situazione vantaggiosa. C'è stata dunque una collusione di fatto tra Israele e i regimi arabi, ma a tutto svantaggio di Israele (e dei palestinesi). Oggi questa vicenda si è tradotta in immagine: la collusione oggettiva tra Israele e regimi arabi appare nella cronaca come unica responsabilità di Israele. C'è da aggiungere un altro elemento di collusione: gli annessionisti israeliani, laici o fondamentalisti pseudo-messianici, sono interessati alla non-pace. Hanno tratto vantaggio dal non riconoscimento di Israele per mantenere fluidi i confini nella prospettiva di ampliarli. Oggi ci sono più israeliani che disastrosamente vogliono quei territori che scottano, che dirigenti arabi (non palestinesi) che vogliano recuperarli. Così re Hussein pare più preoccupato che non bramoso di assoggettarli; e tanto più ora, dopo la sommossa, e l'ulteriore discredito dei suoi accoliti. 3. La questione palestinese è stata mal collocata nella cultura sionista e nella politica israeliana, e ricollocarla è l'urgenza del momento. Il conflitto tra Israelee gli arabi mi sembra si svolga su un arco che registra il progressivo consolidarsi dell'identità palestinese e l'affermarsi della centralità della questione: quattro guerre con gli Stati arabi; la quinta, quella del Libano del 1982, si può ben definire la prima guerra israelopalestinese, essendo rivolta soprattutto contro l'OLP; infine, la sollevazione nei territori è il primo corpo a corpo tra Israele e il popolo palestinese. La storia si è avvitata intorno a que14 sto nodo centrale (non unico), che si offre così o ad un'estrema degenerazione o ad uno sbocco. Non sono gli accordi con gli Stati arabi che possono accomodare la questione palestinese, ma sono gli accordi con i palestinesi che possono indurre (non di per sé soli) i Paesi arabi ad un accordo. E questo non tanto per una vantata virtù del movimento palestinese come "avanguardia" degli arabi, o per una vantata fraternità interaraba; al contrario: i regimi arabi potranno accettare un ·accordo con Israele solo se i palestinesi saranno in qualche misura "disinnescati", se cioè Israele potrà offrire in altra forma (ossia attraverso un accordo) quella garanzia di contenimento dei palestinesi che fino ad ora ha offerto nella sua veste di nemico designato e di oppressore. Israele ha tentato in tutti i modi di imporre la questione palestinese come questione degli arabi; ora invece la questione palestinese si impone come questione nazionale di Israele. "La pace in cambio dei territori" come offerta di trattativa con gli Stati arabi è forse logorata dal tempo; anche se i tre "no" di Khartum (no al riconoscimento, no alla trattativa, no alla pace con Israele) che l'avevano subito congelata nel 1967sono stati pressoché sciolti dal vertice arabo di Fez e dal- , l'accoglimento, da parte araba, del "piano Breznev". Ma qui sostengo l'ipotesi che soprattutto dopo la sollevazione palestinese, i regimi arabi siano maggiormente interessati all'occupazione israeliana che controlli i palestinesi e sia logorata da essi, che al recupero dei territori e ad annettersi una popolazione che ha acquisito ormai una sua coscienza nazionale "di generazione in generazione", che è restia al dominio altrui e che vuole l'autodeterminazione. Se Israele deciderà saggiamente di liberarsi dal fardello inquinante dei territori (e ciò a costo di una spasmodica tensione interna con la grande forza degli annessionisti) non troverà chi voglia riceverli concretamente se non i palestinesi stessi. Dovrà trattare con i palestinesi direttamente. Catalizzatore: la "conferenza internazionale di pace". Israele dovrà lasciarsi in parte "vincere" dal contesto esterno per superare lo scoglio molto arduo degli annessionisti. Lo statuto di Gerusalemme, città delle tre religioni, moltiplicherà le interferenze (il Vaticano è già pronto); la "città della pace" sarà l'intoppo estremo di ogni trattativa di pace. 4. Israele dovrà accordarsi con i palestinesi. Con quali? Ecco un'altra responsabilità. La denuncia lo stesso Abba Eban nell'intervista citata: "La grande colpa del governo israeliano è stata quella di ostracizzare tutti i leaders palestinesi". Colpa del governo, o dei governi, compresi quelli laburisti? La sommossa dei territori ha fatto balenare una strategia della non-violenza e della disobbedienza civile, cosa che può essere proposta solo quando un movimento ha una base molto larga nella popolazione. Questa sommossa sta spostando con decisione il baricentro tra le due anime del movimento palestinese (e dell'OLP), quella che ho definito "nazionalista" e quella che ho definito "pan-araba": ora si rafforza la prima, il baricentro ora cade sulla popolazione residente coi suoi obiettivi concreti invece che sulla diaspora palestinese, dov'era prima.

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