uno che pensasse anche solo per un momento di intromet- . tersi tra i due. Fu la tempesta stessa che intervenne a separarli: mentre Antonio e Sabrinus strangolandosi si stringevano l'uno all'altro in un'unica morsa, il vascello volò alto tra le fauci luccicanti del mare. Il ponte rabbrividì dall'orrore e li vomitò lontano da sé, nel ventre largo e profondo del mare, quasi dovesse placarne la bocca grande e vorace. E a quel punto il vento cessò d'essere cosa per diventare persona, maligna e proteiforme; fragorose le onde s'abbatterono contro i due, distruttrici, malefiche, a bella posta. La fune benedetta che univa la nave e gli uomini alla buona sorte si spezzò. Nessuno diede ascolto agli ordini che venivano impartiti se non altro a quelli che erano in grado di sentire; il Capitano sparì dal ponte e nel giro di mezz'ora la nave si spaccò in due e affondò. Coloro che sopravvissero, una volta raggiunta riva, si dispersero, ed il cantastorie non ebbe altro da aggiungere. Ma la storia di Antonio e Sabrinus non era finita. Ed ecco ciò che disse: Accadde che molti e molti anni più tardi si venisse a trovare senza una cuccetta in un porto ai tropici, oscuro, sudicio - forse in Centro America, in ogni caso in un clima caldo, umido. Ansioso d'allontanarsi il più presto possibile da quella afosa città, s'imbarcò come secondo sulla fregata "Jacobi" praticamente senza preavviso, perché si era gravemente ammalato uno degli ufficiali e gli era stato chiesto di sostituirlo. Preoccupati solo dal pensiero che le merci imbarcate, STORII/LIVIRTOV poichè deperibili, raggiungessero destinazione entro una certa data, i proprietari della fregata lo avevano tenuto all'oscuro del fatto che a bordo c'era la febbre gialla. All'imbrunire raggiunse la nave; quando fu mezzanotte, erano ormai in alto mare, e non ci volle molto perché s'accorgesse dello stato in cui si trovava la ciurma; allora prese a meditare con rabbia intorno all'inganno di cui era stato vittima, inganno che astutamente il capitano gli svelò solo dopo che ebbero abbandonato il porto. Era da poco passata la -mezzanotte quando scese negli alloggiamenti dei malati. Il buio e le esalazioni di vapore creavano un forte contrasto con la luce bianca e luminosa della luna che si era appena lasciato alle spalle. Fievoli illuminazioni pendevano sparse da più punti della stiva; ingombro di amache, stipato di brande, lo spazio in cui i malati giacevano in isolamento dava l'impressione di un unico grumo infernale, un ammasso discolorito, brulicante di forme che si agitavano convulse nei tormenti. Allora il giovane, macabra ispezione, prese ad esaminare quel caos, passando da uno all'altro e puntando una luce schermata ora sui volti sfigurati dal delirio ora immobili su corpi gonfi, corpi forse ormai morti. Ma non era solo destinato alla vista di quell'orrore; urla dilaceranti e gemiti profondi si levavano dalla solitudine dei malati nell'aria candida in unico suono cui il rumore delle macchine faceva da basso fondamentale. 65
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