SAGGI/KOn Non so chi intonò l'Internazionale. Quell'inno, che faceva parte di un rituale di conformismo e asservimento, era stato a lungo silenzioso. Al funerale le parole risuonarono in segno di sfida: "In piedi, dannati della terra... " era uno che mangiava per due. "Che ti è successo, Henio?" gli chiedemmo. "Due studentesse mi hanno invitato a cena". "Dovresti vergognarti, Henryk. Approffittarsi così di due povere ragazze senza un soldo". "Non erano per niente povere", protestò. "lo le stavo seguendo: a un certo punto, loro prendono ed entrano in una libreria e cominciano a comprare libri". Henryk rabbrividì di orrore: "Figuratevi, libri! Allora ho pensato che non dovevano sapere cosa farne dei loro soldi e così le ho invitate a bere un caffè. Tanto ho insistito che sono crollate e mi hanno invitato a cena" .. Da quel momento il verbo "crollare" entrò nel nostro vocabolario. "Quante ne hai fatte crollare oggi, Henryk?" No, non si poteva prendere sul serio uno come Holland. A volte succede che un regista, per uno sbaglio, per fare arrabbiare qualcuno o per motivi personali, faccia interpretare un ruolo tragico a un attore comico, come nel caso del Riccardo III interpretato da uno dei piu grandi attori comici polacchi, Woszczerowicz, con risultati sbalorditivi. Ma la Storia? La Storia sembra infallibile nel distribuire le parti tragiche e quelle comiche. Di tutti i miei amici Henryk Holland pareva il più lontano da un destino di eroe tragico. Eppure per parecchie ore il suo corpo maciullato giacque sul marciapiede di piazza Dzierzynski piantonato da due agenti in uniforme e uno in borghese. Il mistero che circonda la morte di Holland non è mai stato chiarito. Con ogni tentativo di trovare una risposta ci si impelaga in una serie di contraddizioni e vicoli ciechi. Solo una cosa è certa: la morte di Holland è in qualche modo connessa con le rivelazioni e le fughe di notizie dal XXII Congresso del PCUS a Mosca (ottobre 1961). Le dicerie sui racconti che Kruscev, ubriaco, aveva fatto sull'uccisione di Beria al Cremlino riempivano l'aria e, nello spazio di poche settimane, furono divulgate a mezzo stampa. La traduzione francese del mio libro Shakespeare nostro contemporaneo conteneva la famosa foto del funerale di Stalin con Bulganin, Malenkov, Kruscev e Beria che portavano la bara. Quella sera stessa, dopo il rito funebre, Beria si chiuse assieme ai suoi uomini nel quartier generale del KGB che era protetto dai carri armati dei Reparti speciali. Il Politburo, con alla testa Kruscev e Malenkov, si chiuse nel Cremlino difeso dalle divisioni cingolate di Zukov, chiamato a Mosca in fretta e in furia. La conversazione fra gli eredi di Stalin riguardò esclusivamente la linea di governo. Kruscev sapeva benissimo che Beria aveva riempito di microfoni tutto il Cremlino, perciò comunicò con i suoi compagni solo per mezzo di pezzi di carta che venivano bruciati immediatamente dopo. Da una parte e dall'altra tutto era fermo. C'era una situazione di stallo. Il resto della storia lo raccontò lo stesso Kruscev. "Indicemmo una riunione solenne del Politburo per eleggere Beria alla carica di Primo segretario. All'unanimità! Incaricammo quel bravo ragazzo di Vorosilov di informare Beria della nostra decisione e di farlo venire da noi. Beria, naturalmente, sapeva già tutto dato che la stanza era sotto il controllo dei suoi microfoni-spia. Così la vecchia volpe fu presa in trappola. Quando Beria fu seduto al tavolo, Malenkov per primo, con tutto il suo quintale di peso, si gettò su di lui per soffocarlo, poi tutti noi ci buttammo a strangolare quel verme. Il processo", ridacchiò Kruscev, "il processo in cui ci rimise ufficialmente la testa ebbe luogo molto tempo dopo la sua partenza per l'altro mondo". Holland si incontrò con M., corrispondente del quotidiano francese "Le Monde", in un nuovo albergo di Varsavia noto per essere fornito della migliore attrezzatura spionistica installata nelle camere di ospiti stranieri, prostitute d'alto bordo e altri illustri visitatori. A Holland piaceva far colpo sulla gente con notizie di prima mano. Riferì a M. il racconto di Kruscev sulla fine di Beria e questo probabilmente segnò il suo destino: la conversazione fu registrata. Il giorno seguente venne arrestato e portato davanti a M.B. nel carcere della Sicurezza in via Rakowiecka. Fu spiccato un mandato di arresto e uno di perquisizione del suo appartamento. Erano tempi di "legge e ordine" e la perquisizione dovette essere eseguita alla presenza dell'imputato. Il giorno seguente all'arresto, Holland fu condotto nel suo monolocale al settimo piano di un grande casamento. Secondo le fonti ufficiali, durante la perquisizione Holland sarebbe saltato dalla finestra cadendo sull'asfalto di via Nowotko, vicinissimo a piazza Dzierzynski con la sua statua del fondatore della CEKA. I nomi dei posti e delle strade a Varsavia spesso suggeriscono strane associazioni. Dzierzynski fu, sotto Lenin e poi sotto Stalin, capo di quella parte del governo sovietico conosciuta da principio come CEKA, più tardi come NKWD ed ora come KGB. Poco dopo l'invasione della Russia da parte di Hitler nel 1941, Nowotko venne paracadutato nella parte di Polonia occupata dai tedeschi per organizzare un nuovo Partito di cui sarebbe stato il primo segretario. Ma non durò: a Nowotko sparò addosso uno dei compagni paracadutati assieme a lui, un tirapiedi di Mosca, probabilmente. La sua morte rimase sempre un mistero. Ora Dzierzynski e Nowotko hanno strade di Varsavia intitolate al loro nome e francobolli polacchi con la loro effigie. Questa è la "obiettività della Storia" di Hegel. Holland era la persona più allegra che abbia conosciuto in vita mia. Era sempre soddisfatto di se stesso, forse troppo, ma se era "crollato" durante l'interrogatorio ed era in preda al terrore, come è stato possibile tecnicamente quel salto dalla finestra? C'erano tre funzionari di polizia con lui in quella piccola stanza. Stando ai regolamenti e alla pratica immutabile, durante una perquisizione uno doveva stare vicino alla finestra e la finestra doveva essere ben chiusa. Quindi lo buttarono. Vivo? La defenestrazione non è mai stata una consuetudine polacca, né un uso degli organi di sicurezza. Se avessero deciso di ucciderlo, ci sarebbero stati sistemi meno compromettenti ed altrettanto. efficaci. Quindi buttarono dalla finestra un cadavere. Ma se fosse morto durante l'interrogatorio - e non sarebbe stato il primo - la polizia avrebbe saputo cosa fare anche in un caso del genere. "In questo momento ci sono molti testimoni ... " e la polizia aveva i suoi medici. Anche se avessero agito sotto la spinta di un panico improvviso, i funzionari dell'ordine pubblico sono allenati a non far nulla senza aver ricevuto un ordine. Solo una cosa è certa: sul marciapiede di fronte alla casa in cui viveva, giaceva il corpo di Holland. Non ricordo se ci sia stato o meno il suo necrologio su "Vita di Varsavia"; in ogni caso, c'erano alcune centinaia di noi al funerale. Powazki brulicava di poliziotti in borghese. "Proprio come ai vecchi funerali dei comunisti prima della guerra", disse Edda Werfel che incontrai all'ingresso. Ci guardavamo intorno: sembrava che ci fossimo introdotti furtivamente in quel cimitero, come se vi si stesse svolgendo una manifestazione illegale. C'era qualcosa di vergognoso nel nostro timore e ne eravamo tutti consapevoli. Un funerale amaro, senza discorsi né corone. Solo quando il feretro fu deposto nella tomba con delle corde vennero gettati nella fossa mazzi di crisantemi neri, qualche orchidea e pugni di terra. Non so chi - forse Leszek Kolakowski - intonò l'Internazionale. Quell'inno, le cui parole e musica avevamo cantato a innumerevoli riunioni e che faceva parte di un rituale di conformismo e asservimento, era stato a lungo silenzioso. Al funerale di Holland le parole risuonarono in segno di sfida: "In piedi, dannati della terra ... " (traduzione di Gianfrancesco Turano) Copyright Joan ·Kott, 1985. 39
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